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Il Foglio Rassegna Stampa
22.03.2007 Anche per George Soros la "lobby ebraica" è il vero problema degli Stati Uniti
ma Barack Obama prende le distanze dal suo finanziatore

Testata: Il Foglio
Data: 22 marzo 2007
Pagina: 1
Autore: Christian Rocca
Titolo: «Soros attacca la lobby ebraica: influenza la politica americana. Barack Obama prende le distanze»
Dal FOGLIO del 22 marzo 2007, un articolo di Christian Rocca:

New York. Il finanziere filantropo George Soros, noto in Italia per la speculazione nei confronti della lira all’inizio degli anni Novanta (e malgrado ciò tributato di una laurea honoris causa dall’Università di Bologna nel 1995), ha deciso di impegnarsi in un’altra delle sue formidabili e autofinanziate campagne politiche, dopo la democratizzazione dell’est europeo, la legalizzazione delle droghe, la destituzione di George W. Bush e la guerra alla “guerra al terrorismo”. Questi obiettivi dell’Agenda Soros restano più fermi che mai, ma questa volta il finanziere ungherese-americano crede di aver individuato il nocciolo della questione, il problema dei problemi, il male di tutti i mali e lo svela ai suoi aficionados con “trepidazione” perché certamente sarà “esposto a più ampi attacchi” che lo “renderanno meno efficace nel portare avanti tutte le altre cause in cui è impegnato”. La nuova battaglia politica di Soros è questa: smascherare e sconfiggere la lobby ebraico-sionista che determina la politica americana in medio oriente, che influenza democratici e repubblicani e che soffoca la critica. L’ebreo Soros (ma, precisa, “non sionista”) ha elaborato l’atto d’accusa nei confronti della lobby ebraica sulla New York Review of Books, la rivista della sinistra intellettuale newyorchese che a metà degli anni Settanta è diventata la Bibbia del radical-chicchismo americano. Ancora oggi la rivista letteraria newyorchese ospita le più feroci critiche all’America, alla sua politica mediorientale e a Israele, soprattutto a firma di Tony Judt, ma era da tempo che non si leggeva un attacco così diretto, almeno da quando la direzione della rivista decise di non far scrivere più Noam Chomsky dopo che Isaiah Berlin disse: “Se scrive lui, non scrivo più io”. L’articolo di Soros è stato ignorato dai repubblicani, ormai abituati alle sue accuse, ma anche dalla stampa liberal, sempre attenta a non creare imbarazzi a sinistra ma anche consapevole della marginalità radicale delle idee sorosiane. Una certa turbolenza tra i democratici c’è stata, divisi come sono tra il tradizionale sionismo e l’attenzione a non irritare un generoso finanziatore. Alcuni deputati si sono sentiti in dovere di prendere le distanze, così come Barack Obama, cioè il candidato alla Casa Bianca finanziato da George Soros. (segue dalla prima pagina) L’articolo di Soros si intitola “On Israel, America and Aipac”. L’Aipac è il gruppo di pressione che promuove l’amicizia americana per Israele. Un paio di settimane fa, alla convention annuale hanno partecipato tutti i big democratici e repubblicani. In quell’occasione, i democratici hanno presentato una proposta di legge che inasprisce le sanzioni all’Iran e annunciato che non avrebbero imposto a Bush di chiedere l’autorizzazione del Congresso nel caso volesse colpire i siti nucleari iraniani. La riunione dell’Aipac ha mandato su tutte le furie Soros, insieme con un rapporto dell’American Jewish Committee che accusa di nuovo antisemitismo gli ebrei liberal americani che criticano le politiche israeliane. Nel suo articolo sulla New York Review of Books, Soros spiega che l’Amministrazione Bush continua a commettere errori in medio oriente, influenzata dalla lobby ebraica e, di fatto, sostenuta dalla maggioranza di centrosinistra. L’errore, secondo Soros, è anche del Quartetto (Europa, Usa, Russia, Onu) che rifiuta di considerare Hamas un partner affidabile nei colloqui di pace. La soluzione di Soros è semplice: Israele deve ritirarsi dalla Cisgiordania per consentire la nascita di uno stato palestinese e Hamas deve riconoscere il diritto all’esistenza di Israele. Fin qui è quello che dicono tutti. Soros, di suo, aggiunge questo: l’America imponga a Israele di trattare con Hamas il ritiro anche se Hamas continua a rifiutare il riconoscimento di Israele, ché di questo si potrà parlare dopo. Questo piano, secondo Soros, non va avanti per colpa della lobby ebraica, considerata la principale causa della situazione in cui si trova oggi Israele. Il terrorismo pare un fattore meno grave e viene citato per criticare “l’ideologia della guerra al terrore”. Obama ha espresso il suo “disaccordo” con il sostenitore Soros spiegando che “gli Stati Uniti e gli alleati hanno ragione a insistere che Hamas – un’organizzazione terrorista che vuole distruggere Israele – rispetti le condizioni minime per essere considerato un attore legittimo. L’Aipac è una delle tante voci a condividere questa idea”. Per Soros, invece, l’Aipac è responsabile del disastroso stato della politica americana, non consentendo critiche e sopprimendo il dibattito come nel 2004 – ricorda il finanziere – quando la campagna presidenziale di Howard Dean è finita nel momento esatto in cui il candidato ha criticato Israele. Una ricostruzione smentita fermamente dal portavoce della campagna Dean, ieri al New York Sun.

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