Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Haniyeh rivela: l'Italia appoggerà il governo Hamas-Fatah contatti con il sottosegretario Craxi
Testata: Corriere della Sera Data: 21 marzo 2007 Pagina: 9 Autore: Davide Frattini Titolo: «Il premier di Hamas: contatti con Roma, mi ha chiamato Craxi»
Dal CORRIERE della SERA del 21 marzo 2007, un'intervista di Davide Frattini ad Ismail Haniyeh, capo del governo palestinese Hamas- Fatah. Haniyeh rivela i contatti con il sottosegretario agli Esteri Craxi che gli ha assicurato che l'Italia appoggerà la "fine dell'embargo" all'Autorità palestinese. Come noto un embargo contro l'Autorità palestinese non è mai esistito. I finanziamenti sono continuati ad affluire, direttamente ad Abu Mazen. Craxi ha dunque assicurato che l'Italia promuoverà finanziamenti diretti al governo Hamas- Fatah
Ecco il testo:
GAZA — Fino a qualche giorno fa, la stanza disadorna a pianoterra faceva da ingresso e sala bivacco per chiunque avesse da chiedere un aiuto al primo ministro. Adesso gli operai sono al lavoro: moquette blu, insegne alle pareti, la bandiera palestinese. Qui Ismail Haniyeh si vuol presentare davanti ai fotografi per le strette di mano ufficiali con gli ospiti stranieri. Il premier sembra convinto che i diplomatici europei verranno a Gaza per parlare con lui, dopo oltre un anno di embargo economico e politico. Lo dicono la vernice fresca e i suoi sorrisi contornati dalla barba islamica. «Lunedì ho incontrato il viceministro degli Esteri norvegese e ho ricevuto la telefonata del vostro sottosegretario, Vittorio Craxi. Due segnali molto importanti. Consideriamo i contatti con gli italiani un grande passo verso la fine dell'assedio internazionale. Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema era in partenza per Washington, così a Craxi ho chiesto che l'Italia portasse un messaggio all'amministrazione americana: questo governo è interessato al dialogo, con gli Stati Uniti, con l'Europa. L'America deve guardare al bicchiere mezzo pieno, non alla parte vuota. Craxi mi ha assicurato di appoggiare lo stop all'embargo». Completo blu e camicia grigia, Haniyeh, 44 anni, ha i modi semplici dell'uomo che nel campo rifugiati di Shati continuano a chiamare Abu Abed: il vicino di casa pronto a distribuire l'elettricità dal suo generatore o a partecipare a matrimoni e funerali. Un'immagine che lo ha reso il politico palestinese più popolare (22% contro il 19% del presidente Abu Mazen, in un recente sondaggio). Gli oltranzisti all'interno di Hamas hanno attaccato il governo di unità nazionale e Said Siam, ex ministro degli Interni, rimasto fuori dall'esecutivo, minaccia «nessun leader del movimento riconoscerà mai Israele, non tradiremo i nostri valori». Durante l'intervista, la prima da quando si è reinsediato con il nuovo mandato, Haniyeh ripete di parlare in nome del governo e non dell'organizzazione fondamentalista, di cui è uno dei capi. Nelle risposte, rimanda più volte alla piattaforma politica concordata tra le fazioni alla Mecca l'8 febbraio, un'intesa raggiunta dopo mesi di trattative (e scontri militari) con il Fatah. Il documento non parla di riconoscimento dello Stato ebraico, come richiesto dalla comunità internazionale, solo di «rispetto» per gli accordi firmati in passato dall'Organizzazione per la liberazione della Palestina. L'Unione Europea conferma la sua posizione e le sue richieste. Lei o il presidente Abu Mazen, avete ricevuto assicurazioni che l'embargo verrà interrotto? «Ci sono segnali importanti. La Francia ha invitato il ministro degli Esteri Ziad Abu Amr e abbiamo informazioni che alcuni ministri degli Esteri europei sono pronti a venire nella Striscia di Gaza per incontrare me e altri ministri». Di quali Paesi? «E' troppo presto per annunciarlo pubblicamente». Condoleezza Rice, segretario di Stato americano, ha dichiarato: «Nel suo discorso, Haniyeh ha citato il diritto alla resistenza in tutte le forme. Non suona molto bene». «La resistenza è ricordata anche nella nostra piattaforma, come legittima e garantita dalle convenzioni internazionali. Siamo ancora sotto occupazione e abbiamo il diritto di difenderci e proteggerci fino a quando non finirà l'occupazione della nostra terra. Siamo interessati a estendere la tregua anche in Cisgiordania. Allo stesso tempo, deve essere fermata qualunque aggressione. La palla ora è nel campo israeliano». Lei parla di estendere la tregua, ma lunedì un cecchino ha sparato proprio dalla Striscia di Gaza e ha ferito un operaio in territorio israeliano. Hamas ha rivendicato l'operazione ed è stata la prima volta dal cessate il fuoco. «Come governo non abbiamo alcuna informazione o dettagli riguardo all'attacco». Jacob Walles, console americano a Gerusalemme, ha incontrato Salam Fayyad, ministro palestinese delle Finanze, un indipendente. «Washington deve parlare con tutti i ministri, perché questo è il governo del popolo palestinese. Non siamo contrari all'apertura di canali con alcuni, ma respingiamo una linea di condotta che fa distinzioni tra i ministri». Di che cosa avete discusso nella prima riunione di governo, domenica? «Abbiamo concordato quanto sia importante concentrarci sulla sicurezza interna (90 morti da dicembre a febbraio negli scontri tra fazioni, ndr). Abbiamo chiesto al ministro degli Interni di presentare un piano che affronti la situazione. Anche gli altri ministri prepareranno un programma d'azione per i primi 100 giorni». Hamas ha criticato molto duramente la nomina di Mohammed Dahlan a consigliere di Abu Mazen per la sicurezza nazionale. Non sembra che l'unità con il Fatah sia stata trovata su tutti i punti. «Il presidente mi ha assicurato che l'incarico non è stato dato ufficialmente. Se ne sta parlando... Discuterò la questione con Abu Mazen faccia a faccia. Affronteremo con il dialogo ogni caso controverso». Hamas è disposto a lasciare il presidente libero di negoziare con Israele? «Come abbiamo deciso nella piattaforma comune, Abu Mazen ha la responsabilità politica delle trattative. Qualunque accordo dovrà essere ratificato dal voto del Parlamento o essere sottoposto a un referendum popolare a cui parteciperanno tutti i palestinesi, anche i rifugiati in esilio». Siete pronti ad accettare un'intesa definitiva? «Il programma definisce molto chiaramente i nostri obiettivi: vogliamo fondare uno Stato palestinese indipendente e sovrano nei confini del 1967, con Gerusalemme come capitale, oltre al diritto al ritorno per i rifugiati e al rilascio di tutti i prigionieri palestinesi. Queste sono le nostre richieste, il punto è: Israele è pronta?». Lei considera l'iniziativa della Lega Araba una base per le trattative? «Ad avere problemi con la proposta dei fratelli arabi sono gli israeliani, non i palestinesi». All'inizio di marzo il ministero dell'Educazione aveva deciso di ritirare dalle scuole e bruciare un libro di racconti popolari per bambini, perché considerato offensivo dei principi islamici. La decisione è stata cancellata dopo le proteste, ma parte della società palestinese teme che Hamas voglia imporre leggi integraliste. «Non c'è paura per le decisioni di Hamas. Sono distorsioni. Noi ci basiamo sulla cultura e le tradizioni palestinesi e in quel libro ci sono passaggi inaccettabili per la nostra morale. Non siamo contro a tutti i racconti».
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