Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
L'Europa pronta a rifinanziare il terrorismo, il sottosegretario Intini spiega perchè la cronaca di Davide Frattini e due parole su Intini, l'alleato di fatto di Hamas
Testata: Corriere della Sera Data: 18 marzo 2007 Pagina: 14 Autore: Davide Frattini- Ester Picciotto Titolo: «Israele chiude le porte al governo palestinese- Intini le apre»
Dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/03/2007, a pag.14, la cronaca del nuovo governo palestinese, la fotocopia del precedente ( si veda IC di ieri l'analisi di Angelo Pezzana su LIBERO). A seguire una lettera inviata al CORRIERE che traccia un ritratto del sottosegretario Ugo Intini, degno erede della politica filo araba, e filo terrorista, del non rimpianto Craxi.
Ecco l'articolo di Davide Frattini .
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME — Ottantatre mani alzate a favore, tre contro, quarantuno deputati nelle carceri israeliane, due strategie differenti. Il governo di unità nazionale palestinese è nato in videoconferenza parlamentare tra Gaza e Ramallah e con le benedizioni opposte di Abu Mazen e Ismail Haniyeh. Il presidente proclama il «rifiuto di ogni forma di violenza per raggiungere un accordo di pace definitivo», il premier invita «alla resistenza in tutte le sue forme per porre fine all'occupazione: è un nostro legittimo diritto». I leader di Hamas e Fatah hanno un obiettivo comune: rompere l'embargo deciso da Stati Uniti, Israele ed Europa, dopo la vittoria dei fondamentalisti alle elezioni nel gennaio del 2006. La Norvegia ha già annunciato di essere pronta a ristabilire i contatti economici e politici. L'Unione Europea (presidenza tedesca) ha dato il benvenuto, con riserva: «Riprenderemo gli aiuti verso un esecutivo che adotti una piattaforma che rifletta i principi voluti dalla comunità internazionale. Verificheremo con attenzione le scelte dei ministri». Alvaro de Soto, inviato Onu per il Medio Oriente, e il ministero degli Esteri britannico giudicano la coalizione «un passo nella giusta direzione». Gli americani hanno criticato il riferimento al «diritto alla resistenza»: «È preoccupante. Il discorso di Haniyeh è stato deludente», ha commentato il Dipartimento di Stato. Ehud Olmert ripete di non voler cooperare «con un governo che non riconosce la nostra esistenza, non accetta i trattati firmati in passato e soprattutto non rinuncia al terrorismo », spiega Miri Eisin portavoce del premier israeliano. Olmert continuerà a lavorare con Abu Mazen, come ieri gli ha chiesto il presidente da Gaza: «Diamo il via a negoziati che portino a una pace giusta». Della squadra di Haniyeh, dominata da Hamas, fanno parte Salam Fayyad, ministro delle Finanze, e Ziad Abu Amr, che da capo della diplomazia è già stato invitato a Parigi. Tutt'e due sono considerati dei moderati dagli occidentali (Fayyad ha lavorato al Fondo Monetario Internazionale) e per i palestinesi sono le chiavi che potrebbero riaprire i forzieri degli aiuti economici. «Sto già riorganizzando i conti dell'Autorità per poter ricevere i fondi, quando i donatori decideranno di inviare il denaro», ha spiegato Fayyad al New York Times. Haniyeh ha ribadito che l'alleanza tra le fazioni cercherà di «far nascere uno Stato palestinese nei confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale». I negoziati saranno condotti da Abu Mazen, com'era stato deciso dall'accordo alla Mecca, l'8 febbraio. L'eventuale intesa raggiunta con Israele dovrà essere sottoposta a un referendum. Il premier vuole estendere il cessate il fuoco con lo Stato ebraico anche alla Cisgiordania. «Prima di pensare ad allargare la tregua, deve fermare i lanci di razzi Qassam dalla Striscia di Gaza», hanno reagito dall'ufficio di Olmert. Mahmoud Zahar, ex ministro degli Esteri che non ha ottenuto un posto nel nuovo governo, ha ripetuto che «Hamas non rinuncerà ai suoi principi. Non è possibile parlare di confini permanenti, solo di una tregua di lungo periodo». Saeb Erekat, uno dei consiglieri del presidente palestinese, ha attaccato il discorso di Haniyeh: «Avrei voluto sentirgli dire "rinunciamo alla violenza e accettiamo la soluzione dei due Stati". Citare i confini del 1967 è stato un passo importante, lo invito a percorrere l'ultimo chilometro e a conformarsi ai principi internazionali".
e la lettera di Ester Picciotto a Sergio Romano, dalla quale traspare l'acume politico di Ugo Intini:
Sul Corriere di oggi, leggo che il responsabile agli esteri per il medioriente, Intini, ha dichiarato che Israele ha tutto l'interesse a trattare con il nuovo governo palestinese. Naturalmente Intini non tiene conto del fatto che il nuovo governo ha espresso l'intenzione di non riconoscere esplicitamente il diritto all'esistenza dello stato israeliano, senza tener conto che detto stato esiste da ormai 60 anni. Intini prosegue, affermando che le accuse di terrorismo rivolte a Hamas erano le stesse che anni fa venivano rivolte ad Al Fatah, aggiungendo poi che con Al Fatah si arrivò agli accordi di Camp David. Forse Intini non ricorda bene i fatti, dato che a Camp David si arrivò ad un accordo nel 1979 tra Egitto ed Israele e che Sadat pagò con la vita il desiderio di riconoscere e di fare la pace con gli antichi nemici. Il secondo Camp David non produsse alcun effetto positivo, anzi il suo fallimento fu il motivo per far scoppiare la seconda intifada, che ufficialmente fu attribuita alla passeggiata di Sharon sulla Spianata delle Moschee: come se una passeggiata concordata in anticipo potesse essere ritenuta così offensiva da scatenare 7 anni di rivolte. Intini pertanto non si ricorda bene la storia e questo, se mi permette, è molto grave. La non conoscenza porta solo a commettere errori e, se questo può essere un bene in certe occasioni (come quando Hitler non ricordandosi dell'esperienza di Napoleone in Russia, decise di attaccarla e fu sconfitto) può essere un male in altre.
Cordialmente
Ester Picciotto
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