Shirin Ebadi attacca Ayaan Hirsi Ali "per rafforzare le proprie credenziali agli occhi del regime iraniano" dice Pascal Bruckner
Testata: Il Foglio Data: 16 marzo 2007 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Bruckner difende Ayaan Hirsi Ali dagli attacchi di Shirin Ebadi»
Dal FOGLIO del 16 marzo 2007:
Roma. “Intellettuali come Ayaan Hirsi Ali fanno il gioco dei mullah”. Il Nobel per la Pace, l’avvocatessa iraniana Shirin Ebadi, in un’intervista a Reset entra a gamba tesa nel dibattito sulla dissidente somala Ayaan Hirsi Ali. Pascal Bruckner è stato l’intellettuale francese che più l’ha difesa. “Shirin Ebadi vuole rafforzare le proprie credenziali agli occhi del regime iraniano” ci dice Bruckner, fra i più outspoken dei “nouveaux philosophes” e autore per l’Italia della “Tirannia della penitenza”. “Shirin Ebadi è una fedele islamica, Ayaan Hirsi Ali no. Ayaan viene detestata in paesi come l’Inghilterra, mentre è molto amata in Francia e negli Stati Uniti. L’attacco della Ebadi fa il paio con i precedenti di Ian Buruma e Timothy Garton Ash. Agli occhi di questi intellettuali, la colpa di Ayaan, che proviene dai laburisti olandesi, è di aver spezzato l’alleanza fra la cultura liberal e l’islamismo. Una parte della sinistra vede nell’islam una forza rivoluzionaria come lo era il comunismo, come la religione del buon selvaggio. Ayaan ha conosciuto sia l’orrore dell’islamismo sia del comunismo africano. In nome della coesione sociale, i liberal la abbandonano e accusano dissidenti del suo calibro di ‘fondamentalismo dell’illuminismo’. Va da sé che dobbiamo pacificare anche la tigre islamica che ci attacca”. “Non manco di rispetto alla signorina Ali se faccio notare che se fosse bassa, tozza e strabica, le sue storie e le sue opinioni non sarebbero così seguite”, ha scritto in modo truculento l’opinionista del Guardian (e Repubblica) Timothy Garton Ash, accusato da Bruckner di “machismo d’altri tempi” (“è come se il teologo fondamentalista Tariq Ramadan, cui dedica appassionati panegirici, dovesse anch’egli la sua fama al suo aspetto da playboy”). Garton Ash ha replicato a Bruckner dandogli del “sovrano ribelle della Rive Gauche”, dell’’“ubriaco” e del “pantofolaio”. “I liberal in Europa sonsempre molto aggressivi con la chiesa cattolica, mentre quando si tratta di islam diventano adoranti e remissivi” ci dice Bruckner. “L’anticlericalismo è diventato una trappola della compiacenza. Il cuore irriducibile della storia di Ayann Hirsi Ali si chiama apostasia, l’abbandono pubblico della fede islamica. I dissidenti sono coloro che dall’interno del mondo islamico, non come noi dall’esterno, hanno dichiarato guerra ai dogmi del fanatismo e della guerra all’occidente. Lasciarli soli, equivarrebbe a perdere la guerra del terrore”. L’islamofobia è una trappola ideologica. “L’islam non è una razza, ma un sistema di pensiero e un’ideologia totale. Questo termine è stato inventato per impedire ogni critica dell’islam. Sono stati i mullah iraniani, alla fine degli anni Settanta, per preservare la rivoluzione di Khomeini, che lo hanno forgiato. Invenzione brillante. L’islam è intoccabile, criticarlo o sospettarlo sarebbe dare prova di razzismo. Oggi la grande battaglia avviene sul piano linguistico. L’accusa di islamofobia mira a penalizzare quei musulmani agnostici che vogliono emanciparsi. E’ in questi casi che il concetto di islamofobia si rivela una macchina da guerra: consiste nello stigmatizzare quegli intellettuali, religiosi, giornalisti e filosofi d’origine maghrebina che osano criticare i principi della fede, che invocano una rilettura del Corano o che perorano la separazione dei poteri temporali e spirituali. E’ un’operazione intellettuale degna dell’era staliniana”. L’invenzione dell’islamofobia svolge molte funzioni: “Negare, per legittimarla meglio, la realtà di un’offensiva islamista in Europa; intimidire e far tacere i cattivi musulmani, gli empi interessati al cambiamento e bloccare ogni speranza di un cambiamento religioso in terra d’islam. Si tratta di riabilitare l’offesa d’opinione per chiudere la bocca. Se Voltaire vivesse oggi, è certo che alcuni ‘antirazzisti’ lo farebbero gettare in prigione”. A differenza dei silenti Ian Buruma e Timothy Garton Ash, Pascal Bruckner ha difeso fin dall’inizio, a metà di settembre del 2006, il diritto alla vita e alla libertà di parola di Robert Redeker, il professore francese di filosofia minacciato di morte e costretto a vivere nascosto per un articolo sul Corano pubblicato dal Figaro. “Molte persone in Francia si sono rifiutate di sostenere Robert. E’ stato abbandonato dal campo della cultura e persino del ministero dell’Educazione francese. Il Movimento per la lotta al razzismo ha detto che Redeker doveva biasimare solo se stesso. C’è stato un moto profondo di vergogna nazionale, uno strano sintomo di una malattia della democrazia occidentale. La Francia è malata di senso di colpa”. In Italia il libro di Ayaan Hirsi Ali, “Infidel”, uscirà in primavera inoltrata per Rizzoli forse con il falso titolo di “Ribelle”, come ha anticipato martedì il Corriere della Sera. Una scelta culturale che priverebbe l’abisso di infibulazione e persecuzione narrato da Hirsi Ali dello spessore sanguinoso di apostata e reietta che sfida l’islam, quindi della dinamite teoclastica che questa dissidente ha piantato al cuore della religione. Chiamarla ribelle presuppone quasi il ritorno alla casa del padre, come un figliol prodigo islamico. Ayaan Hirsi Ali è sfrattata in Olanda, rinnegata dai genitori e costretta alla fuga dal guanto omicida del salafismo. “Tutti oggi vogliono essere ribelli” conclude Bruckner. “Non mi sorprende affatto che un grande editore italiano voglia tradurre in questo modo il libro di Ayaan. Lei non è una ribelle, ma un esempio per tutte quelle donne del mondo islamico stanche della sottomissione più atroce e barbara”. “Infidel” è un titolo bellissimo, “Ribelle” ha il retrogusto sociologista e giovanilista, sa di dramma familiare. Sarebbe come nascondere la smoking gun, l’arma ideologica del delitto: l’abiura dell’islam. In Arabia Saudita la chiamavano “schiava nera”
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