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Il Foglio Rassegna Stampa
16.03.2007 Chiamatelo pure governo di Hamas
la verità sul "governo di unità nazionale" palestinese

Testata: Il Foglio
Data: 16 marzo 2007
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Nell’Anp l’unità nazionale di Abu Mazen dà vita a un governo Hamas bis»
Dal FOGLIO del 16 marzo 2007:

Gerusalemme. Ieri, a Gaza, è stato annunciato il nuovo governo palestinese. La lista dei ministri sarà sottoposta sabato al Consiglio legislativo per la fiducia. L’esecutivo piace più a Hamas che a Fatah. Su 25 ministri, nove sono membri del gruppo islamico, cinque del partito del presidente Abu Mazen. I ministeri chiave sono in mano a indipendenti, almeno due sostenuti da Hamas e altrettanti da Fatah. Il premier resta Ismail Haniye, del movimento di maggioranza. La coalizione nasce sull’intesa raggiunta dalle fazioni, dopo mesi di scontri, alla Mecca, attraverso la mediazione del saudita Abdallah. Fatah in Arabia Saudita ci è arrivato dopo essere stato vinto sul campo di battaglia, per le strade di Gaza. Per questo, nonostante il rais Abu Mazen abbia l’appoggio della comunità internazionale, il potere contrattuale del suo partito ha risentito degli insuccessi militari. Hamas ha ottenuto un accordo per la formazione di un governo d’unità nazionale che priva il rais della sua unica forza: la legittimazione internazionale. L’intesa accenna non esplicitamente al riconoscimento dei previ accordi tra Autorità nazionale palestinese e Israele, non parla del riconoscimento d’Israele e della rinuncia alla violenza. Le tre richieste del Quartetto, Stati Uniti, Ue, Russia e Onu, sono le condizioni per mettere fine al blocco degli aiuti; per Israele per riaprire il dialogo. Nella piattaforma del nuovo governo i termini rimangono immutati. Si aggiunge il diritto dei palestinesi alla “resistenza” contro l’occupazione israeliana, passaggio che ha fatto subito prendere posizione ai funzionari israeliani: “Un passo indietro”, hanno detto. Il documento, invece, dice abbastanza per i paesi arabi moderati, Egitto e Giordania, che con l’Arabia Saudita aspettano il prossimo 28 marzo quando a Riad, al summit della Lega araba, il re Abdallah ripresenterà la sua proposta del 2002: ritiro sui confini del 1967 in cambio del riconoscimento arabo d’Israele. Il governo Olmert potrebbe accettare il testo come base di nuovi negoziati solo se fossero apportati emendamenti. Egitto, Giordania e sauditi chiedono che si aspetti l’inizio del vertice.

Chi comanda sui fanti e sui soldi
Ci hanno messo più di un mese a fare il governo. Abu Mazen voleva Mohammed Dahlan, suo uomo forte a Gaza, come vicepremier. Non ha avuto successo. Azzam al Ahmed, nuovo numero due di Haniye, è comunque capo della fazione parlamentare di Fatah: uno che odia Hamas, ma non è odiato da Hamas tanto quanto Dahlan. Forse un mezzo punto l’ha segnato anche il rais: l’altro portafoglio chiave, quello dell’Interno, per il controllo delle armi e del potere, non è andato al candidato di Hamas, Hamoudeh Jarwan, ma a un burocrate semisconosciuto, Hani al Qawasmeh, vicino al gruppo islamico. Sono le milizie che bisogna controllare per governare sui Territori palestinesi. Hamas, approfittando della quiete apparente, si riarma nella Striscia. Con l’aiuto esperto degli iraniani. “Scavano bunker e tunnel sotterranei lunghi 220 metri con aria condizionata”, ha detto il brigadiere generale Shalom Larari dell’intelligence israeliano. Secondo il capo dei servizi segreti interni, lo Shin Bet, Yuval Diskin, miliziani di Hamas sarebbero andati in Iran per addestramenti. Diskin sostiene che 30 tonnellate di esplosivo siano entrate nelle Striscia di contrabbando, con 120 mila armi automatiche, e che Hamas avrebbe migliorato la qualità dei propri razzi. Sono anche ricominciati gli scontri: un miliziano di Fatah è stato ucciso da uomini armati di Hamas ieri.
Il gruppo islamico ha segnato però un altro punto con cui rafforzare la sua stretta sul governo. Abu Mazen ha tentato negli scorsi mesi di delegittimare le “forze esecutive” di Hamas, legate al movimento ma non integrate alle milizie regolari. Il rais ha cercato di imporre loro il ritiro dalla strada. Non c’è riuscito, anzi, la stampa israeliana ha rivelato che parte dei 100 milioni di dollari di rimesse doganali congelate da Israele nei mesi dopo la vittoria di Hamas e consegnati poche settimane fa dal governo di Ehud Olmert ad Abu Mazen sono stati usati per il pagamento dei salari delle forze del gruppo islamico. Hamas conferma, minando la fama internazionale di uomo di fiducia di Abu Mazen. E’ al presidente che per mesi la comunità internazionale ha versato denaro per aggirare il blocco degli aiuti.
Salam Fayyad è oggi il nuovo ministro delle Finanze. Vicino al rais, piace a Washington. L’Unione europea ha già annunciato un piano per lavorare, sui finanziamenti, direttamente con Fayyad, il riformista, evitando contatti diretti con Hamas. Al Daily Telegraph il neoministro ha detto che mancano all’appello 700 milioni di dollari. Oltre alle armi, i Territori saranno controllati da chi gestisce il flusso di denaro.

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