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Il Manifesto Rassegna Stampa
16.03.2007 Se confessa, non credete a Khalid Sheikh Mohammed
per il quotidiano comunsta l'ossessione è Guantanamo

Testata: Il Manifesto
Data: 16 marzo 2007
Pagina: 10
Autore: Franco Pantarelli
Titolo: «Sheikh Mohammed confessa tutto, e di più»
Dal MANIFESTO del 16 marzo 2007 un articolo di Franco Pantarelli che pone in dubbio la varidicità e l'attendibilità della confessione di Khalid Sheikh Mohammed.
Pantarelli suggerisce che Mohammed potrebbe essere stato torturato (ma a Guantanamo, dove ha confessato, ci sono le visite della Croce Rossa ), segnala le censure al testo della confessione da parte del Pentagono, motivate da necessità di sicurezza nazionale (ma come a partire da questo si possa sospettare che siano state anche aggiunte autoaccuse mai realmente pronunciate da Mohammed è difficile da comprendere), interpreta  l'attacco a Guantanamo e il paragone tra George Washington e Osama Bin Laden come furbe manipolazioni del testo, o "concessioni" (scritto tra virgolette) della censura,  volte ad accreditarlo (ma dichiarazioni del genere vengono fatte in continuazione da accademici di estrema sinistra o militanti "pacifisti" americani: non è questo che si intende per minaccia alla sicurezza in un paese dove vige  completa libertà di parola, anche per le tesi più aberranti) .  

Ecco il testo: 


Khalid Sheikh Mohammed ha confessato di essere stato il «cervello» degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, oltre che di un'altra trentina di attentati progettati ma non compiuti (compresi gli assassinii di Jimmy Carter, Bill Clinton e Giovanni Paolo II), nonché della decapitazione del giornalista Daniel Pearl del Wall Street Journal, compiuta «con la mia santa mano sinistra» nel 2002 in Pakistan. Questo è ciò che il Pentagono dice che Mohammed ha detto, ma lo stesso Pentagono avverte di avere «rivisto» il testo della confessione e di averlo ripulito delle informazioni che «potrebbero essere utili al nemico». La confessione è avvenuta sabato scorso durante la deposizione di Mohammed di fronte al Csrt, che sta per Tribunale per la revisione dello status di combattente. E' questo il primo passo della procedura per arrivare al processo, previsto dalle nuove norme che la Casa bianca e il Congresso (prima di chiudere per fare posto al Congresso a maggioranza democratica) hanno messo a punto per aggirare la bocciatura della prassi precedente da parte della Corte Suprema. Il cambiamento sta nel fatto che la definizione di «combattente nemico» non è più semplicemente «attribuita» dal presidente ma «verificata» per l'appunto dal Csrt. In sostanza, la decisione che il Csrt deve prendere è se al soggetto devono essere riconosciuti dei diritti o no. Se il Csrt dice che no, non può essere considerato un combattente nemico, per lui si apre la giustizia «normale» (ma non è mai accaduto); se invece afferma che il marchio di combattente nemico è «corretto», per il marchiato si apre la via del processo di fronte alle «commissioni militari», dove le accuse non devono essere provate se ciò pone in pericolo la «sicurezza nazionale» e dove nessuno si chiede come le confessioni sono ottenute. Con la sua deposizione (resa non in presenza di un avvocato ma di un suo non meglio identificato «rappresentante personale») Khalid Sheikh Mohammed sembra aver deciso di andare a quel processo-farsa, forse convinto che anche così, dato il suo «alto profilo», riuscirà ad avere un certo impatto. Lui infatti è uno dei «magnifici 14» che solo recentemente sono stati trasferiti a Guantanamo perché per anni la loro «prominenza» aveva consigliato di tenerli nelle catacombe della «extraodinary rendiction», cioè le carceri segrete della Cia sparse per il mondo la cui esistenza è stata alla fine ammessa dallo stesso Bush proprio in occasione del loro trasferimento. Data la fama che questa amministrazione, che ha negato la Convenzione di Ginevra, si è fatta nel mondo, la possibilità che questa confessione potesse essere accolta con un certo scetticismo deve essere stata presa in seria considerazione dal Pentagono, come indicano certe «concessioni» fatte da coloro che hanno epurato il testo di Mohammed, che sembrano fatte apposta per rendere la cosa più credibile. Fra queste: la denuncia degli abusi cui è stato sottoposto per tre anni (con la precisazione che «questa» confessione l'ha fatta volontariamente); l'avvertimento che «molti» detenuti di Guantanamo non sono combattenti e sono stati catturati «per sbaglio o ingiustamente»; e perfino la considerazione che «se George Washington fosse stato catturato dagli inglesi probabilmente sarebbe stato trattato come voi adesso trattate me».

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