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Il Foglio Rassegna Stampa
15.03.2007 Al servizio del fondamentalismo islamico
la biografia di Maometto scritta da Tariq Ramadan

Testata: Il Foglio
Data: 15 marzo 2007
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Non tutto quello che avreste voluto sapere su Maometto»

Dal FOGLIO del 15 marzo 2007:

Il linguaggio azzurro, verbo d’amore e nostalgia, invoca l’unione mistica al “Vicinissimo”. “Questo libro è un’iniziazione. Prego l’Infinitamente Buono che lo sia per altri. Lunga è la via dell’esilio che conduce a se stessi”. Per i tanti estimatori di Tariq Ramadan, il suo “Maometto” (Einaudi, pag. 279, euro 16,50) è il culmine dell’opera del “Martin Lutero dell’islam”: l’incontro fra l’“orfanello” e il “Dio amante della bellezza” sarebbe in grado di disinnescare lo scontro di civiltà. I detrattori del nipote del fondatore dei Fratelli musulmani dicono che si tratta di un’ermeneutica allegorica per acculturare i musulmani europei. “Vi fidate di quest’uomo?”, chiedeva martedì The Independent. “Non mi fido dell’apologetica di Ramadan” ci dice Samir Khalil Samir, islamologo all’Università Saint Joseph di Beirut e massimo esperto cattolico d’islam. “E’ un Maometto idilliaco e agiografico. La tradizione islamica usa ‘isma’ per l’impossibilità di dire qualcosa di sbagliato sul Profeta”. Biografa di Ramadan (“Frere Tariq”), Caroline Fourest parla di “solforosa” e fraudolenta “storicizzazione” dell’islam. “Ramadan non è un fondamentalista letteralista, è un riformista salafita” dice Fourest. “Combatte ogni riforma modernista che mira ad abrogare alcuni versetti”. Amabile tradizionalista, “sofista con una spugna” secondo il detto di Lord Acton, nel raccontare i ventitré anni di missione di Maometto, Ramadan scrive che il Profeta “ha cercato la via verso la libertà e la liberazione spirituale”. I compagni “lo amavano di un amore intenso, profondo e straordinariamente generoso”. Maometto è colui “che amava e perdonava”, nemico del razzismo e dell’ingiustizia, alfiere della xenofilia. “E’ vero che il primo muezzin era il nero Bilal”, dice Samir. “E un hadith spiega che il bianco e il nero sono uguali. Ma Ramadan dimentica che l’islam non fa differenze solo fra chi aderisce all’islam. Cosa accade al non islamico? Anziché un razzismo naturale, abbiamo quello religioso. Tutti sentono ingiusto il fanatismo razzista, ma quello religioso è peggio, è estremo esclusivismo”. Secondo l’apostata Ibn Warraq, autore di “Why I am not a muslim”, Ramadan evita di riportare vicende sanguinose, come avevano fatto luminari del calibro di Ibn Ishaq e Al Tabari. “La svolta del destino di Maometto arrivò con la battaglia di Badr. Quando la testa del nemico venne gettata ai piedi del Profeta, Maometto gridò: ‘E’ cosa a me più gradita che il miglior cammello di tutta l’Arabia’”. Anche per Robert Spencer, autore di “The truth about Mohammed”, Ramadan ha taciuto sugli aspetti più neri: “Mohammed ordinò una serie di omicidi di persone che lo avevano sbeffeggiato nelle pretese profetiche. Fra cui due poeti, Abu’ Afak e ‘Asma bint Marwan. Un musulmano di nome ‘Umayr bin’ Adiy al Khatmi uccise la figlia di Marwan con il suo bambino non nato. Mohammed lo rassicurò: ‘Hai aiutato Dio e il suo apostolo’”. Non c’è traccia delle parole di Maometto sull’uccisione degli ebrei Banu Qurayza. Maxime Rodinson nel suo “Maometto” (Einaudi) osserva che “sotto l’aspetto puramente politico il massacro era un atto giudizioso poiché i Quraiza costituivano a Medina un pericolo permanente. Quel massacro serviva a spaventare e a scoraggiare i nemici”. Warraq dice che in occasione dell’esecuzione e della vendita di donne e bambine, Maometto disse: “E’ la sentenza di Dio pronunciata da oltre il settimo cielo”. Ramadan sorvola. “Maometto ha ordinato l’esecuzione degli ebrei della tribù”, continua Samir. “Il fosso per seppellirli era stato ordinato da Maometto, presente al massacro. La descrizione di Ramadan evita il particolare, non dice mai tutto”. Ramadan presenta l’islam come la realizzazione del profetismo abramitico, ignorando le opere di Goldziher e Corbin sulle influenze dello zoroastrismo, di Geiger e Torrey sul giudaismo, di Richard Bell sul cristianesimo e di Wellhausen e Hurgronje sull’Arabia preislamica. Scrive che Maometto ha raccolto “la voce delle donne del suo mondo, le quali spesso sperimentavano la negazione del diritto, l’esclusione e i maltrattamenti”. Replica Fourest: “Ramadan sa che un messaggio oppressivo non passerebbe presso le giovani musulmane francesi. Preferisce giocare la carta della persuasione. Vi dirà che non obbliga le giovani musulmane a portare il velo. Ripete instancabilmente alle giovani donne che una buona musulmana è ‘pudica’”. Un pudore che nella biografia del Profeta dice legata a una “femminilità non imprigionata nello specchio dello sguardo maschile o alienata in corrotti rapporti di potere e di seduzione”. Il jihad è inteso come “sforzo” e conoscenza di Allah “per promuovere ciò che è giusto e a impedire ciò che è sbagliato”. Samir precisa che la parola jihad è basata su tre consonanti, “jhd”, a cui sono aggiunte vocali che ne cambiano significato. “La radice vuol dire ‘sforzo’, come spiega Ramadan. Ma può avere significati diversi”. La parola nel Corano è spesso sostituita da “qital”, uccidere in ebraico e siriaco. “Il jihad è il combattimento militare sul sentiero di Allah. E’ Maometto a dire ai seguaci ‘tra di voi ci sono alcuni ipocriti’, Allah ordina di combattere e loro si tirano indietro”. Così i primi libri della vita di Maometto, anziché biografie, si chiamano “Libro delle guerre” o “delle conquiste”. “La nostra storia di arabi è fiera delle guerre di Maometto. La mitizzazione di Maometto fatta da Ramadan comporta molti rischi di fondamentalismo”. Il Maometto di Ramadan è bellissimo e terapeutico, benevolente Profeta protagonista di un’armoniosa storia d’amore e rivelazione. Secondo lo storico sciita Fouad Ajami, Ramadan è un venditore di profumo orientalista. “I nuovi islamisti sono esperti nell’arte di ‘taqiyya’, dissimulazione, che Ramadan padroneggia. Il suo tema più trattato è stato il destino dell’islam nelle nuove terre dell’occidente: il concetto di assimilazione non fa parte del suo orizzonte”. Lo studioso di islam Sergio Noja Noseda, autore di una biografia di Maometto, non userebbe la parola taqiyya. “La dissimulazione è un fenomeno dettato dalla paura di essere perseguitato. Mi piace Ramadan, pur non sopportandone l’afflato mistico. Quando i mistici cominciano ad alzarsi, io mi irrigidisco. Guardo con sospetto anche i sufi, sono wahabita in questo. Maometto si è sempre difeso dall’idea di essere più di un uomo. Era come un altoparlante, l’altoparlante di Dio. Però non mi scandalizzo che Ramadan faccia del proselitismo. Da ragazzo giocavo con il figlio di Hassan al Banna. Ero tutto meno che spaventato”. Quello di Ramadan è un “Maometto del cuore”, mite e sereno. Ramadan scrive che “Maometto amava i bambini”. “Dove sta scritto?”, chiede Samir. “Ramadan non racconta una storia, ma un atto di fede. L’apologia ha uno scopo: la seduzione delle masse. Sopra il libro va scritto: ‘Opera d’arte’. Il musulmano non maturerà uno sguardo critico su se stesso quando l’islam più di chiunque altro ha bisogno di autocritica. Ha ragione Ajami, Ramadan è campione d’occultamento. Per Ramadan l’islam è una storia di grande successo. E’ la tipica lettura islamica di Maometto”. Cibo e latte, miele e datteri, fiumi di vino, mogli e concubine vergini fanno da sfondo ai suoi sublimi cieli metafisici narrati. “Se prendiamo un libro musulmano scritto in arabo, è sempre apologetico”, prosegue Samir. “I musulmani rafforzano l’ammirazione. René Guénon aveva già provato a condire l’islam in salsa occidentale, trasformandolo in una religione mistica di unione a Dio che supera ogni forma religiosa. Ramadan si presenta come musulmano convinto e aperto, occidentale e moderno. L’islam sarebbe una religione europea compatibile con le costituzioni e la Carta dei diritti. L’Europa lo riconosca e si adegui”. Ramadan racconta che le spose di Maometto erano “appagate dalla sua presenza” e “tenerezza”. “La tradizione islamica parla dell’usanza di seppellire le bambine”, dice Samir. “Maometto l’ha vietato. E’ l’esempio ripetuto contro chi dice che l’islam è nemico delle donne. Il dramma coranico è un altro: fissando le regole su uomo e donna, l’islam non ha modificato niente rispetto all’epoca beduina. Non ci fu ‘liberazione della donna’, come vorrebbe Ramadan, ma la regolarizzazione in statuto. All’islam ripugna il caos giuridico, il diritto è la grande scienza islamica”. D’accordo Ibn Warraq: “Georges Henri Bousquet mette in evidenza l’esempio disastroso fornito da Maometto attraverso il suo matrimonio con Aisha, quando lei aveva nove anni”. Per Fourest, Ramadan ha elaborato una retorica ecumenica e un sociologismo spirituale che gli consente di essere impercettibile. “E’ uno degli emissari più pericolosi dell’islamismo. E’ tempo di porre fine a una certa naïveté per non diventare suoi complici e vittime”. Samir dice che una vera ermeneutica islamica dovrebbe dire: “Questi sono i fatti storici, non assumeteli letteralmente. E’ la differenza fra il criticismo e l’allegorismo di Ramadan. Ramadan non ha mai chiesto la fine, solo una moratoria delle lapidazioni. La vera moratoria dovrebbe essere sui versetti che incitano alla violenza. Banditeli dalle moschee e dai sermoni”.

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