CLICCA QUI per vedere il VIDEO Brigitte Gabriel: I palestinesi hanno distrutto tutti i paesi in cui sono andati 07/04/2025
Brigitte Gabriel: I palestinesi hanno distrutto tutti i paesi in cui sono andati Video a cura di Giorgio Pavoncello
Duro atto di accusa di Brigitte Gabriel, libanese, contro l'OLP e le organizzazioni terroristiche che gestiscono i profughi palestinesi. Ovunque siano andati, hanno distrutto i paesi ospiti, come un cancro che agisce in tutto il Medio Oriente.
Desaparecidos libanesi in Siria la denuncia dell’Osservatorio geopolitico mediorientale
Testata: L'Opinione Data: 14 marzo 2007 Pagina: 0 Autore: Dmitri Buffa Titolo: «I desaparecidos libanesi nei lager dei boia siriani»
Dall'OPINIONE del 13 marzo 2007:
Anche il Medioriente ha i propri desaparecidos. Si tratta per lo più di cittadini libanesi. Oltre 620 secondo le recenti statistiche dell’Osservatorio geopolitico mediorientale. E i due Pinochet della situazione sono Assad padre e Assad figlio, cioè i due membri della dinastia di tiranni nazi-baathisti che da decenni occupa la Siria oltre che lo stesso Libano. Per sensibilizzare l’opinione pubblica italiana e europea a questo gravissimo problema domani l’O.g.m.o. diretto da Roger Bou Chahine, ex rappresentante diplomatico delle Forze libanesi di Samir Geagea in Roma, ha convocato una conferenza stampa in cui saranno distribuiti dati e statistiche su questa tragedia freudianamente rimossa dai mass media di tutto il mondo. E sarà proprio il direttore de “L’opinione” Arturo Diaconale a presentare l’iniziativa e a moderare il successivo dibattito che si terrà nella capitale presso la Casa del cinema di Veltroni.
Molti forse ricorderanno quando, nel giugno 2003, scoppiò il caso della morte del prigioniero libanese Joseph Huways in un carcere di Damasco. Morte che era stata preceduta dall’arrogante diniego siriano a proposito della presenza di alcun prigioniero politico libanese nella capitale. Amnesty International all’epoca chiese alle autorità siriane di avviare un’indagine sul caso e consentire ai prigionieri di incontrare gli avvocati, i familiari e ricevere assistenza medica. Ma la cosa non ebbe alcun seguito. In una dichiarazione diffusa dalla stampa il 5 luglio del 2003, il ministro dell’Interno siriano si limitò a continuare a negare la presenza di alcun prigioniero politico libanese in Siria. Ma oltre al povero Huways, tantissima altra gente è morta o scomparsa nel nulla esattamente come nel Cile di Pinochet. Con la differenza che spesso chi è finito così non deve il proprio destino all’essere stato un sindacalista o un oppositore di regime. Ma spesso, molto più semplicemente, all’essere rimasto antipatico a un locale comandante siriano anche per futili motivi della vita di tutti i giorni.
L’Ogmo è in grado di documentare ad esempio la morte di ‘Adel Khalaf Aijuri, un prigioniero politico libanese, deceduto nella prigione di Sednaya, in Siria, il 22 settembre 1999 dopo 9 anni di carcere, senza aver potuto ricevere cure mediche specialistiche. Le autorità siriane indicarono l’infarto come causa della morte, ma non fu predisposta alcuna autopsia né dalle autorità siriane né da quelle libanesi. Per non parlare del cittadino libanese Joseph Zughayb che è morto in carcere, in Siria, nel 1996 in circostanze ancora ignote. Stesso discorso per Radwan Ibrahim che è morto durante la sua detenzione in Libano poco dopo essere stato trasferito da una prigione della Siria nel dicembre 2000. Aveva sofferto di un’infezione renale e di ipertensione, e secondo quanto riferito non aveva avuto accesso ad alcuna assistenza medica. Nel 2002, Amnesty International aveva ricevuto una lettera dalle autorità siriane che confermavano la detenzione di George Ayub Shalawit e Tony Jirgis Tamer, ambedue condannati a 15 anni di carcere con l’accusa di praticare “spionaggio” per Israele. Un terzo detenuto, Najib Yusuf Jarmani, il cui caso era stato sollevato presso le autorità siriane sempre da Amnesty International, era stato condannato a morte con la stessa accusa. Ancora oggi non si è riuscito a sapere se la pena di morte gli sia effettivamente stata comminata. Si teme che possa essere stato eliminato alla spicciolata. Senza alcuna garanzia di legge.
Ovviamente a Damasco, almeno secondo le ong del settore come la stessa Amnesty e “Nessuno tocchi Caino”, la pena di morte viene comminata con estrema facilità quando si tratta di fare tacere gli oppositori politici. Sono reati capitali il tradimento, l’omicidio, alcuni atti politici come il travaso di armi contro la Siria nelle fila nemiche, la diserzione dalle forze armate e gli atti di istigazione. In regime quasi permanente di legge marziale (o in tempo di guerra) sono puniti con la morte anche il furto con violenza, lo stupro, gli attacchi verbali contro la dirigenza, e la semplice appartenenza ai Fratelli Musulmani. La Siria applica la pena di morte anche per il traffico di droga e commina l’ergastolo per il semplice possesso. L’età minima per l’applicazione della pena di morte è di 18 anni. L’età massima non è definita dalla legge ma non ci sarebbero mai stati casi di condannati a morte oltre i 60 anni.
Non esistono dati ufficiali però. E, secondo Amnesty International, almeno due esecuzioni sarebbero avvenute in Siria nel 2004 mentre negli anni seguenti i dati non sono riusciti uscire dal paese. A ogni modo l’osservatorio diretto da Roger Bou Chahine ha intenzione di consegnare alla stampa un doppio elenco di questi 630 “missing” in arabo e in inglese. Ed è la prima volta che un’organizzazione umanitaria e politica che ha base in Italia e che rappresenta gli interessi dei cristiano maroniti libanesi prende un’iniziativa del genere. Recentemente, lo scorso 2 marzo per la precisione, era stato il quotidiano di Beirut “An Nahar”, cioè “la luce”, a rivelare che la “Commissione congiunta libanese e siriana”, appositamente costituita su pressione dell’America, era arrivata a un nulla di fatto nelle indagini sulla sorte dei cittadini libanesi detenuti illegalmente in Siria.
Sul quotidiano An Nahar è anche stato pubblicato un elenco di 29 cittadini libanesi di cui non si è riusciti ad avere alcuna notizia da parte della burocrazia criminale siriana. Ecco i nomi: Boutros Khawand, già responsabile del Partito “Kataeb”, Wahm al Khawand, Samir Mikhael Al-Hajj, Nabil Jirjis Semaan, Fadi Elie Gholam, Hussein Hasan Chokr, Karim Maroun Chahla, Adel Youssef Doumit, Antoine Zakhour Zakhour, Ali Moussa Abdallah, Saeb Ahmad Swaid, Joseph Daoud Aoun, Samer al-Awar, Wafa’ Abdel-Baqi, Samir Salim al-Aasrawi, Edouard Camille El-Khoury, Youssef Hanna Yamin, George Aziz Mahfouz, Jacques Elias Al-Jirmani, Iskandar Hanna Dib, André Emile Chaib, Joseph Elias Al Houwayek, Tawfiq Youssef al-Aantouri, George Asaad El-Khoury Hanna, Stavo Banayouti, Mohammad Saadeddine Al Shaar, Najib Youssef Al-Jirmani, Milad Naoum El Khoury, Walid Najib Bou Haidar e Sami Hussein Shaaban.
Entro il prossimo 24 marzo la Commissione suddetta dovrà dare notizie più precise, specie da parte della sua componente siriana, e l’iniziativa di mercoledì dell’O.g.m.o. va inquadrata anche in questa ottica. Per la cronaca i membri di questo comitato paritetico siriano-libanese sono i seguenti: da parte siriana ci sono il direttore della Sicurezza Generale Siriana, il generale Ismail Ismail, il presidente di gabinetto del Capo del Governo siriano Taysir al-Zughbi, il giudice Taysir Qala Awad ed il Ministro della Giustizia, nonché procuratore militare, cioè il generale George Tahan ; sul versante libanese invece ci sono il pubblico ministero della Corte d’Appello di Beirut, Joseph Maamari, il giudice per le indagini militari George Rizk ed il generale delle forze della Sicurezza Interna, Ali Makki
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