Guerra al terrore: per gli Usa forse Musharraf, il dittatore pakistano, non è un alleato indispensabile l'analisi dell'intelligence in un articolo di Maurizio Molinari
Testata: La Stampa Data: 14 marzo 2007 Pagina: 14 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Rapporto segreto Usa»
Dalla STAMPA del 14 marzo 2007:
L’amministrazione Bush considera il presidente pakistano Pervez Musharraf un alleato indispensabile nella guerra contro Al Qaeda ed i taleban ma fra i due Paesi le tensioni nelle ultime settimane si sono moltiplicate ed ora a far notizia sono indiscrezioni di fonte americana sull’esistenza di un «piano per la successione» a Islamabad. A pubblicarle è stata l’edizione asiatica dell’International Herald Tribune e nelle ultime 48 ore sono state rilanciate da giornali e tv dall’India all’Australia. Ecco di cosa si tratta: fonti di intelligence e diplomatiche americane sono arrivate alla conclusione che «se Musharraf dovesse essere rovesciato o fosse ucciso da un proiettile non vi sarebbero rivolte di massa a Lahore e Karachi né tantomeno dei mullah filo-Taleban andrebbero al potere» mettendo le mani sull’atomica. Ad avvalorare questa tesi sono state analisi di intelligence ed anche uno studio condotto dall’«International Republican Institute» arrivando alla conclusione che appena il 5,2 per cento degli abitanti si identifica con il «Muttahida Majlis-e-Amal», il maggiore partito islamico. Da qui l’ipotesi che la fine del potere di Muharraf potrebbe favorire non gli avversari dell’Occidente ma, al contrario, propro chi a Islamabad più è convinto della necessità di un forte legame con gli Stati Uniti. E’ questo scenario di successione che, secondo le indiscrezioni, potrebbe portare alla guida delle forze armate il vice capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Ahsan Saleem Hyat, mentre a diventare presidente sarebbe l’ex banchiere Mohammedmian Soomro. Nell’impossibilità di accertare la veridicità della fuga di notizie, il fatto che sia avvenuta - per la prima volta dall’indomani dell’attacco americano all’Afghanistan nel 2001 - lascia intendere un peggioramento dei rapporti bilaterali. Meno di tre settimane fa era stato il vicepresidente Usa, Dick Cheney, a recarsi a Islamabad assieme ai vertici della Cia per portare di persona a Musharraf le prove della tolleranza dei servizi segreti pakistani (Isi) nei confronti dei taleban e di Al Qaeda ma neanche quel teso colloquio ha prodotto risultati ed i comandi Nato a Kabul continuano ad indicare nelle «retrovie pachistane» il punto dei forza dei taleban. Non si può dunque escludere che proprio il fallimento dell’incontro fra Cheney e Musharraf sia all’origine della pubblicazione di indiscrezioni tese ad ammonire il generale-presidente sul rischio che il sostegno di Washington possa venir meno. Da qui la considerazione che «la pressione che Musharraf sente di più non è quella degli islamici ma di quegli ambienti militari che paventano una crisi con Washington temendo ripercussioni negative sull’arrivo degli aiuti militari». Forse non a caso le stesse fonti di intelligence hanno rilanciato l’accusa ai servizi pakistani di «continuare a svolgere un ruolo di primo piano nella fornitura di armi ed addestramento ai taleban che stanno riemergendo nel Pakistan occidentale».Taleban a parte, l’altro fronte di attrito Usa-Pakistan ha a che vedere con il persistente rifiuto di Musharraf di cessare di ricoprire contemporaneamente le massime cariche del potere civile e militare, come invece gli aveva chiesto di fare George W. Bush durante la visita a Islamabad dello scorso anno.
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione della Stampa lettere@lastampa.it