Scudo antimissile: è l'Italia che non ha ancora deciso di proteggersi intervista allo stratega Tom Donnelly dell'American Enterprise Institute
Testata: La Stampa Data: 13 marzo 2007 Pagina: 19 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «“La Nato è a rischio di spaccatura, Roma decida presto»
Da La STAMPA del 13 marzo 2007:
«La minaccia missilistica iraniana incombe su tutta l’Europa ed i Paesi che sceglieranno di non proteggersi si esporranno in futuro a ricatti e rischi». Tom Donnelly, esperto di strategia del centro studi neoconservatore «American Enterprise Institute» di Washington, non si mostra sorpreso dalle affermazioni fatte dal Segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, sul rischio di una spaccatura nell’Alleanza sullo scudo anti-missile Usa. Che cosa ha voluto dire il Segretario generale della Nato? «Ha voluto lanciare un avvertimento, sottolineando il fatto che tutta l’Europa è esposta a potenziali minacce e ricatti da parte di Teheran, a causa dell’arsenale balistico in possesso della Repubblica Islamica. Tuttavia, pur trattandosi di una minaccia comune, solo alcuni Paesi si stanno proteggendo. E questo espone la Nato ad un rischio di squilibri interni». Perché si tratta di un tema strategico impellente? «Perché nazioni come Polonia e Repubblica Ceca hanno praticamente già compiuto la scelta, stanno per accogliere strutture che serviranno ad attivare lo scudo antimissile mentre nell’Europa del Sud-Est Italia, Grecia e Turchia non stanno facendo altrettanto. C’è una chiara differenza di velocità fra i due gruppi di alleati. Il paradosso vuole che propro queste nazioni dell’Europa meridonale siano più esposte ai rischi provenienti dall’Iran. Teheran non è ancora in grado di montare armi atomiche sui propri missili ma possiede vettori a lungo raggio potenzialmente in grado di minacciare il Sud europeo con testate di tipo tradizionale». Cosa dovrebbe fare l’Italia? «Il precedente governo prese in esame con l’amministrazione americana la possibilità di installare nell’Italia del Sud un grande impianto radar di ultima generazione per consentire di intercettare i missili in eventuale arrivo dal Medio Oriente. Si tratta di un progetto che resta valido ma con l’arrivo del nuovo governo non vi sono stati seguiti. Non escludo però che possa andare in porto. L’interesse dell’Italia non è cambiato ma a compiere la scelta deve essere il governo». Quali sono le opzioni che un Paese come l’Italia ha per partecipare alla realizzazione dello scudo anti-missile? «Tenendo presente che non parliamo di tempi stretti le opzioni sulla carta si preannunciano molteplici. Al momento comunque riguardano l’installazione di radar di ultima generazione per la sorveglianza aerea oppure di silos sotterranei per ospitare missili intercettori. Presto potrebbe esservene anche una terza: lo schieramento di navi che dispongono di particolari sistemi per colpire i missili in arrivo». Perchè gli Stati europei dovrebbero accettare la protezione di uno scudo antimissile? «Perché è nel loro interesse. Non farlo significa esporsi, nel lungo termine, al rischio di ricatti da parte di nazioni dotate di missili a lungo raggio. Si tratta comunque di una decisione politica che spetta ai singoli Paesi europei adottare. Se è vero che i contribuenti americani sono pronti a sostenere il costo della realizzazione dello scudo antimissile per difendere l’Europa spetta agli europei decidere se vogliono proteggersi o meno da tali minacce». Vede il rischio di una spaccatura politica in seno alla Nato? «Sì, è reale e il segretario generale Scheffer ha fatto bene a sottolineare questo scenario. È evidente che se un gruppo di alleati saranno protetti dallo scudo ed altri no si verrà a creare nella Nato un contrasto di interessi destinato a mettere alla prova la solidarietà». Non crede dunque che Scheffer abbia voluto ammonire la Casa Bianca a non accelerare il dispiegamento dello scudo... «La preoccupazione di Scheffer riguarda la sicurezza dell’Europa del Sud-Est, che rischia di rimanere esposta alla minaccia iraniana se non sarà protetta dal sistema antimissile».
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