Nel nostro paese i furbetti non agiscono solo nel quartierino, l'abitudine è diffusa, fino alle massime cariche istituzionali. Pubblichiamo dal FOGLIO di oggi, 10 marzo 2007, a pag.3, un editoriale che richiama l'Italia alle sue reponsabilità nei confronti degli alleati. Segue un pezzo dal WALL STREET JOURNAL che condividiamo interamente. E'il nostro paese che dovrebbe scusarsi con gli Usa e non viceversa. Ecco il primo articolo:
Il paradosso scherma la logica e la sovverte, ma aiuta talvolta a pensare. Fuori l’Italia dalla Nato” è uno slogan storico della sinistra italiana, abbandonato per tempo dal Pci, quando Enrico Berlinguer si disse più al sicuro di qua che nell’orbita dell’Unione Sovietica, e tenuto vivo dalla sua limacciosa coorte di eredi gruppuscolari, fino ai fasti di Vicenza. A diciotto anni dalla caduta del muro di Berlino, bisognerebbe dare una lettura diversa della parola d’ordine di un tempo: forse è venuto il tempo, per l’alleanza atlantica, di porre al paese governato da Prodi e D’Alema, in modo serio e stringente, magari irrituale, una domanda semplice: dentro fuori? Pubblichiamo qui sotto, con gesto sovranamente patriottico, un fondo del Wall Street Journal che spiega ai bellimbusti di Palazzo Chigi e della Farnesina come ci si comporta nelle relazioni internazionali, soprattutto in tempi di guerra al terrorismo, nel caso si desideri essere presi sul serio. Questo è un paese che paga lauti riscatti al nemico (anche quando governa Berlusconi), si comporta da clandestino frettoloso in zona d’occupazione militare e di guerriglia, poi fa la lezioncina alla giustizia americana, dopo avere condiviso il risultato nullo di un’inchiesta bilaterale sui fatti (caso Calipari-Sgrena). E la nostra giustizia, con un segreto di stato gestito come il segreto di Pulcinella, dà la caccia agli esecutori americani e italiani di un’operazione antiterrorismo,antiterrorismo, dopo avere smantellato il servizio segreto che ha cooperato in quell’operazione (caso Abu Omar). Sono cose che abbiamo sempre scritto in questo giornale, ci fa piacere che qualcuno le ripeta in inglese. Ma questo è anche il paese in cui il governo D’Alema del 1999, quando si reggeva sui voti di Francesco Cossiga, mise le stellette in Kosovo, e sia pure con formule ridicole (“la difesa aerea attiva” come sinonimo eufemistico di “bombardamenti”) ha partecipato alla guerra umanitaria, senza l’Onu e senza complessi (tutti ricordiamo D’Alema a Washington per il cinquantenario della Nato, in foto con un elmetto atlantico). Otto anni dopo, reggendosi sui voti di Turigliatto e Rossi e Franca Rame, il governo D’Alema- Prodi fa la vocina lamentosa e pone i caveat alle nostre truppe di stanza a Kabul e ad Herat, in Afghanistan, e poi rifiuta un segno tangibile di solidarietà militare, stavolta con la benedizione dell’Onu e sempre nei ranghi dell’alleanza, mentre infuria la battaglia dalle parti di Kandahar. Repubblica per Daniele Mastrogiacomo ha rotto la decennale linea della fermezza, ma è un giornale, una famiglia professionale, un soggetto privato; l’Italia sarebbe uno stato sovrano, e l’alleato militare di britannici americani canadesi e olandesi ai quali sputa in faccia mentre combattono i terroristi talebani e binladenisti. Fuori l’Italia dalla Nato, dunque.
Ecco l'articolo da WSJ, titolato " governo italiano, scusati":
I giudici italiani continuano a tenersi occupati attaccando le truppe americane e gli agenti impegnati nell’antiterrorismo. Ora anche i politici stanno entrando nel gioco. Il ministro degli Esteri D’Alema all’inizio della settimana ha attaccato gli Usa perché non si sono assunti le loro responsabilità nell’uccisione, nel 2005, di un agente italiano in Iraq, e pareva dare il proprio appoggio a una causa illegittima nei confronti di un funzionario americano. Il mese scorso, una corte di Roma ha accusato di omicidio e tentato omicidio un soldato americano che ha ucciso l’agente Nicola Calipari e ferito un ostaggio appena liberato, la giornalista Giuliana Sgrena, colpita a una spalla. “Il nome della persona che ha aperto il fuoco è noto – ha detto D’Alema – Qualunque sia la verità, è stata un’opportunità mancata da parte degli americani. Ora c’è un bisogno di giustizia da soddisfare”. Se c’è qualcuno che ha perso un’opportunità, quello è il governo italiano che non ha respinto l’accusa nei confronti di un soldato americano che lavora legittimamente in una zona di guerra. Calipari stava raggiungendo un checkpoint americano vicino all’aeroporto di Baghdad in auto con Sgrena. Un’inchiesta congiunta americana e italiana non ha trovato un accordo nell’individuare una responsabilità univoca su quel che è successo. Gli Usa hanno detto che un’auto non identificata stava andando ad alta velocità e gli spari sono partiti solo dopo che il conducente ha ignorato i segnali che chiedevano dirallentare. Gli italiani sostengono che il soldato era inesperto e che ha reagito in modo esagerato. Ma entrambi i governi hanno considerato il caso come un incidente di fuoco amico. Lo stesso non vale per la corte di Roma. La sua affermazione di giurisdizione extraterritoriale arrivata in un momento in cui era già in corso un’altra battaglia legale contro gli Usa. Il mese scorso, una corte di Milano ha accusato 26 agenti della Cia per la “rendition” di un sospetto terrorista egiziano (l’imam Abu Omar, ndr), un’operazione realizzata a Milano con l’aiuto di agenti italiani. Il governo di centrosinistra di Romano Prodi non ha avuto il coraggio morale di dire qualcosa contro la parodia giudiziaria di un’incriminazione di agenti americani che, in base al diritto internazionale, sono immuni da procedimenti legali in Italia. Ha resistito alle pressioni sull’estradizione degli agenti della Cia, che in ogni caso gli Usa non concederanno. Nel caso Calipari, gli italiani non sono stati timidi nell’alimentare il contenzioso politico. Ciò che rende il tutto ancora più fastidioso è che il governo precedente di Silvio Berlusconi quasi certamente ha pagato un riscatto per liberare l’ostaggio italiano. Questo non solo ha fornito ai jihadisti i soldi per comprare armi e munizioni per uccidere più americani, ma anche l’incentivo a rapire altri ostaggi, italiani preferibilmente, ma anche di altra nazionalità. Se c’è qualcuno che deve delle scuse, è l’Italia. © Wall Street Journal per gentile concessione di MF
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