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La Stampa Rassegna Stampa
09.03.2007 La verità sulla "lobby ebraica"
un articolo di Elena Loewenthal, in risposta alle dichiarazioni antisemite di Raymond Barre

Testata: La Stampa
Data: 09 marzo 2007
Pagina: 41
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «La lobby ebraica dei bisticci»
Dalla STAMPA del 9 marzo 2007:

Lawrence Newman, un meticoloso impiegato americano dalla faccia qualunque, è il protagonista di Focus, il folgorante romanzo del commediografo Arthur Miller. La sua vita cambia drasticamente il giorno in cui si trova costretto a portare gli occhiali: da allora tutti lo scambiano per ebreo e il libro diventa un tragico e grottesco precipitato di disavventure. La falsa apparenza giudaica di Lawrence lo rende oggetto di diffidenza e disprezzo, vittima di angherie: a nessuno viene in mente che lui ebreo non lo sia. Ma c’è da scommettere che qualcuno non si sarebbe lasciato trarre in inganno. Possiamo figurarci quel qualcuno come un uomo barbuto vestito di nero dalla testa ai piedi: sono i pii chasidim che, negli aeroporti internazionali, fra le strade metropolitane, ogni tanto fermano un passante e con modi gentili lo invitano a recitare una preghiera. Lo fanno perché per un ebreo religioso aprire gli occhi di un correligionario sulla fede è un’opera meritoria. Il miracolo, o quasi, è che loro non sbagliano praticamente mai: fra la folla di volti anonimi vedono chi è ebreo. Non è questione di nasi adunchi È così: i figli d’Israele si riconoscono fra loro. E non è certo questione di nasi adunchi - non essendo una razza, gli ebrei sono di tutti i colori e fattezze -. Non è nemmeno questione di nomi, perché spesso questo riconoscersi precede la parola. È una specie di intuizione atavica, di tacita intesa. Parafrasando le trite e non per questo meno tossiche parole dell’ex premier francese Raymond Barre (vedi La Stampa di ieri), si può quasi dire che una lobby ebraica esiste. Certo non è capace di «montare delle operazioni indegne». Non si concretizza affatto in quell’universo di associazionismo ebraico che va dalle donne alla lotta ai razzismi d’ogni genere, dalla cultura alla cucina, alla politica. Gli ebrei sono appassionati di leghe, unioni, congregazioni: si riuniscono soprattutto per poter bisticciare. La passione per il dissenso, magari anche da se stessi, è infatti ancora più antica. Sta già nella Bibbia, dove Abramo discute persino con Dio. Difficile pertanto immaginare una lobby ebraica internazionale concepita per il fine comune di governare il mondo. Provate, prima, a trovare tre ebrei disposti a mettersi d’accordo su come si apre una bottiglia di vino.

Il vero segreto sta nel riconoscersi

No, la lobby ebraica internazionale che comanda i destini del mondo come una compagnia di tirannici burattinai proprio non esiste. Esistono però milioni di altre, inafferrabili lobbies ebraiche. Ogni volta che in un luogo, lontano o vicino, ci si riconosce con uno sguardo, con una parola di troppo o di troppo poco. Ogni volta che nei momenti più banali o delicati della vita finisci per scoprire che la tua identità - magari trasandata e distratta - conta eccome. E che tu lo voglia o no, ce l’hai incollata addosso, dentro lo sguardo: e solo chi ha come te quell’invisibile adesivo in fronte se ne accorge. Questo riconoscersi, cui segue quasi sempre una specie di prudente occhiolino, condito ogni volta dal rinnovato stupore per quanto le nostre esperienze di vita si assomiglino, ai quattro angoli del mondo, questo è il vero segreto degli ebrei. È il precipitato di un’esperienza storica perennemente sulle difensive, di una specie di clandestinità esistenziale condivisa per secoli. In tempi di relativa serenità diventa un divertente bagaglio di viaggio, è un’astratta stretta di mano, il tacito accordo a darsi subito del tu, evitando qualche superflua formalità. Se non altro, per riuscire a bisticciare prima possibile, foss’anche per una bottiglia di vino da stappare. Elena.loewenthal@mailbox.lastampa.it

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