Khalil Abou Arafeh: minacciato di morte per le sue vignette non prendono più di mira Israele e Stati Uniti, ma i problemi interni dei palestinesi
Testata: Libero Data: 09 marzo 2007 Pagina: 19 Autore: Ivo Romano Titolo: «Rinnega le vignette contro gli ebrei, ora rischia la vita»
Da LIBERO del 9 marzo 2007:
A un certo punto Khalil Abou Arafeh ha deciso di cambiare soggetto e argomento. Niente più Stati Uniti d'America, niente più Israele. Basta con gli yankee e la loro politica filo-israeliana. E basta pure coi vicini di casa, duri oppressori e fastidiosi liberticidi. Lui, palestinese, non li ha mai visti di buon occhio, pur senza mai cadere nell'eccesso. Ma ora era giunto il momento di guardarsi dentro, di puntare la sua appuntita matita sui temi della vita quotidiana nella striscia di Gaza e in Cisgiordania. «E' stato dopo la morte di Yasser Arafat - ha raccontato recentemente al quotidiano francese Le Figaro Khalil Abou Arafeh - che ho capito come la gente non fosse più interessata ai miei disegni che denunciavano l'occupazione israeliana e la politica degli Stati Uniti. La gente cominciava a essere preoccupata per la vita di tutti i giorni: i salari, i problemi economici, la formazione di un governo di unità nazionale, la contrapposizione tra Hamas e Fatah». E così il più famoso vignettista palestinese, i cui disegni ornano le spoglie pagine del quotidiano Al Quds, decise che era ora di cambiare. MINACCE E OFFESE Da allora, tutto è cambiato. Non solo il soggetto e l'argomento dei suoi disegni, ma anche la sua stessa esistenza. Vive da solo, quasi come un recluso. E riceve continue minacce, da chi vuol fargliela pagare. Ne ricevono anche alla redazione di Al Quds, spesso via e-mail, ma anche per telefono, da Hamas come dal Fatah, come conferma Maher al Sheikh, il direttore: «Ogni giorno riceviamo una valanga di telefonate di politici che non apprezzano i contenuti delle nostre vignette. E dire che noi rifiutiamo di pubblicare i disegno più provocatori, fatta eccezione per quelli che ci invia Khalil Abou Arafeh, anche perché lui è fratello di un ministro di Hamas, finito in prigione in passato». Proprio così, il vignettista palestinese più celebre è fratello maggiore di Khaled, un ministro di Hamas, arrestato l'estate scorsa dagli israeliani nel corso di un blitz seguito al rapimento del caporale Gilad Shalit nella striscia di Gaza. Nato e cresciuto in una famiglia molto religiosa di Gerusalemme, partigiano delle resistenza pacifica, laureatosi in architettura a Kiev, in Ucraina, Abour Arafeh è l'unico tra i familiari a non militare in Hamas. Sarà per questo che i suoi non ne apprezzano l'attività. Questioni politiche, nient'altro. Anche la sua donna gli ha chiesto di smetterla, ma per altri motivi, soprattutto paura: «Lei è più inquieta, ma in fondo è più forte di me». Lui continua, va avanti per la sua strada. Anche a costo di enormi rischi, come quelli che nel lontano 1988 costarono la vita a Naji Salim Ali, il suo modello, assassinato per le sue critiche contro Arafat e i regimi arabi. E dire che è stato per anni un feroce critico di Israele e della sua politica, anche con le sue vignette: «Era dura, davvero. La censura israeliana vietata tutto, ci impediva perfino di disegnare la bandiera palestinese». E non è che il suo pensiero sia cambiato da allora. «BASTA STEREOTIPI» Solo che ha imparato a dribblare i soliti odiosi stereotipi: «Sono allergico all'antisemitismo: sono abituato a disegnare gli israeliani come gente normale, gente che ci somiglia, salvo che per i soldati e il loro casco con la stella di David» ripete Khalil Abou Arafeh. Un palestinese, contrario alla politica israeliana, ma non portatore di odio. Un palestinese, ora abituato a puntare i riflettori sulla vita quotidiana. E tanto basta ad Hamas e Fatah per considerarlo un nemico da eliminare.
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