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La Stampa Rassegna Stampa
08.03.2007 Piergiorgio Odifreddi torna ad attaccare Israele
argomento sul quale non sa nulla: si è limitato a leggere Chomsky

Testata: La Stampa
Data: 08 marzo 2007
Pagina: 1
Autore: Piergiorgio Odifreddi
Titolo: «Ma io credo alla scienza non alla Chiesa»

Sulla STAMPA dell'8 marzo 2007, Piergiorgio Odifreddi risponde alle critiche suscitate dalla sua intervista a Mario Baudino, nell'ambito delle presentazione del suo nuovo libro (vedi a questo link l'articolo e il commento di IC).

Da parte nostra,  lasciando ad altri il compito di commentare le affermazioni sulla religione,  ci concentriamo su quanto Odifreddi scriveriguardo a Israele, argomento che, ammette, affronta soltanto in modo "strumentale".
Con intenti polemici verso il cristianesimo, che riconosce la Bibbia  ebraica  come testo rivelato.

Il rapporto tra le tre questioni (la Bibbia, il moderno Israele, il cristianesimo che nella Bibbia crede) ci sfugge, ma preferiamo entrare nel merito, prendendo atto del fatto che certe prese di posizioni servono ad Odifreddi per dimostrare una tesi precostituita sul cristianesimo.

Ecco il passo su Israele dall'articolo dell'8 marzo: 

Il secondo punto dell’intervista che ha sollevato obiezioni è la mia posizione sullo Stato di Israele, che per forza di cose ha dovuto essere riassunta da Baudino. Preferisco qui citare testualmente il mio libro, nel quale scrivo che «rimane il fatto che l’esistenza stessa di Israele si fonda su una pretesa continuità storica che risale in ultima analisi a una supposta promessa divina»:

Nella carta d'indipendenza, Israele viene indicato come "luogo d'origine del popolo ebraico". Il legame tra gli ebrei e la loro terra è definito in termini storici, laici

qualunque cosa si pensi su Israele, non si può negare che sia la commistione fra politica (l’esistenza di uno Stato) e religione (l’assegnazione divina di una terra) ad avvelenare il dibattito sulla Palestina.

In Israele le correnti nazionalreligiose sono una minoranza, nella  sua stragrande maggioranza pacifica.
La maggiaronza degli israeliani è favorevole a una spartizione, e lo è stata praticamente in ogni momento della storia del sionismo
Il fattore religioso influisce invece sul rifiuto arabo di spartire una terra che sarebbe un lascito divino all'islam.
Sono i palestinesi, gli arabi e i musulmani che hanno sempre rifiutato l'idea di una spartizione.
Ma di questo Odifreddi non scrive e non parla.
Forse perchè per lui il presunto fondamentalismo di Israele consiste semplicemente nella volontà di continuare a esistere? E, dunque ,la vontà di distruggere Israele è per "laica" e progressista?

E ancor più l’avvelena la pretesa di molti, anche a sinistra, di insistere a equiparare antisemitismo e antisionismo:

L'antisionismo è la negazione del diritto agli ebrei ad avere, come gli altri popoli,
uno stato
nel quale possano autoderminarsi.
Del loro diritto a difendersi dagli aggressori .
Sono queste negazioni, non la giustificata equiparazione tra sionismo e antisemitismo, ad avvelenare  il dibattito "sulla Palestina" (espressione significativa: il tema del dibattito sembra racchiuderne già in sè lo svolgimento, cancellando Israele)

la mia posizione è diversa, e coincide con quella espressa da Chomsky in Terrore infinito (Dedalo, 2002), al quale rimando.

Una citazione chiarificatrice: Odifreddi si basa su un propagandista antisraeliano. Letto Chomsky, chiarissimo esempio di obiettività, non ha più bisogno di studiare il problema, anche perché

In fondo, infatti, il mio libro si interessa di Israele soltanto in maniera strumentale, per il ruolo che il Vecchio Testamento ricopre nella fede cristiana.
.
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