Dalla difesa di Israele passa il futuro dell'intero Occidente 06/03/2007
Che l’informazione su Israele in Italia sia pesantemente soggetta ad un doppio standard di valutazione non è una novità, perchè è diretta conseguenza della politica estera dei governi che si sono avvicendati dal dopoguerra ad oggi, con la sola eccezione del quinquennio berlusconiano. E la maggior parte dei nostri giornali, sia quelli di ispirazione governativa che di opposizione, si sonosempre rivelati d’accordo nella scelta filo araba.L’ha confermato il convegno romano della scorsa settimana, che non a caso era intitolato “ Due pesi due misure “, organizzato dalla Federazione delle Associazioni Italia-Israele, nel quale è stata di fatto messa sotto osservazione la disinformazione che contraddistinguegran parte dei nostri media. Perchè l’Europa, e quindi non solo il nostro paese, non riesce a capire che la difesa delle ragioni di Israele è vitale per la sua stessa sopravvivenza ? Perchè invece di preoccuparci delle minacce dell’Iran, non solo verso Israele, ma contro l’intero mondo libero e democratico, ne sottovalutiamo la pericolosità ? Abbiamo dovuto aspettare quarant’anni perchè il vero Arafat venisse descrito per quello che era, un gran ladrone oltre a tutto il resto,sommersi da articoli in lode di Mister Palestina inaccettabilida una informazione degna di questo nome, che esaltavano un uomo che ci veniva con ossessione presentato come il Garibaldi dei palestinesi, dedito solo alla ricerca della pace e sottacendone la reale immagine di terrorista. Un’abitudine che continua oggi, con l’analisi sempre benevola delle presunte ragioni di tutte le sigle legate al fondamentalismo islamico, Hamas e Hezbollah in testa. Israele viene sempre presentato in negativo, come quando l’Unione europea, sotto la presidenza Prodi, chiese in un sondaggio qual’era il paese che metteva maggiormente in pericolo la pace mondiale, indicando una rosa di nomi fra i quali Israele. Era ovvio, con la domanda posta in quel modo, che l’indicazione andasse automaticamente su Israele, un paese che è vero che da sessant’anni è in guerra, ma per difendere la propria sopravvivenza, e non per aggredire altri Stati. Ma questo particolare è assente nelle analisi della maggior parte dei nostri giornali, interessati soprattutto a mettere lo Stato ebraico sul banco degli accusati. E’ stato poi rilevato come il basso profilo, ritenuto finora una virtù , sia del tutto controproducente nella guerra contro chi ti vuole distruggere. Occorre invece chiamare le cose con il loro nome, non come è stato fino ad oggi, quando la parola antisemitismo veniva pronunciataabbassando il tono della voce, temendo quasi che il suo uso fosse non approppriato. C’è voluto Giorgio Napolitano, un ex comunista !, a ricordare quello che noi, con pochi altri, avevamo sempre sostenuto. “ Dobbiamo combattere ogni rigurgito di antisemitismo, anche quando si traveste da antisionismo, perchè antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello Stato ebraico, delle ragioni della sua nascita ieri, della sua sicurezza oggi “ ha detto il presidente della Repubblica mentre commemorava il ricordo della Shoah, sdoganando finalmente una parola che d’ora in poi potrà – dovrà – essere usatasenza più alcun timore. Chi è antisionista è antisemita, perchè delegittima lo Stato degli ebrei e aiuta, di fatto, chi ne vuole la distruzione. “Ich bin ein berliner”, sono un berlinese, aveva detto John F.Kennedy davanti al muro che divideva in due l’Europa, quella libera e democratica da quella comunista. “ Anì Israelì”, io sono un isrealiano, dobbiamo dire noi oggi, perchè è nella salvezza della democrazia israeliana che il mondo occidentale salverà se stesso.