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Informazione Corretta - Libero Rassegna Stampa
06.03.2007 "Due pesi e due misure. L'informazione su Israele in Italia"
bilanci del convegno della Federazione delle Associazioni Italia-Israele

Testata:Informazione Corretta - Libero
Autore: Federico Steinhaus - Angelo Pezzana
Titolo: «Due pesi due misure - Dalla difesa di Israele passa il futuro dell'intero Occidente»

Federico Steinhaus sul convegno "Due pesi due misure, l'informazione su Israele in Italia":

Nei giorni dal 2 al 4 marzo si è svolto a Roma un convegno organizzato dalla Federazione delle Associazioni Italia-Israele e da Informazionecorretta per mettere a fuoco le modalità con le quali i nostri media deformano le notizie su Israele. Sono stati tre giorni molto intensi, nei quali si sono susseguiti interventi di esperti e di addetti ai lavori di chiara fama e grande competenza.

 Ognuno dei relatori ha messo a fuoco un argomento specifico ed alla fine l’impressione è stata che per tre giorni si sia sempre parlato della stessa cosa – la disinformazione, l’ignoranza, la malafede – ma esaminandola da diverse angolazioni e collocandola in diversi contesti culturali e politici. Quel che mi è parso particolarmente stimolante è che si sia trattato di un convegno che con un neologismo preso a prestito dall’informatica si può definire interattivo, in cui cioè dal pubblico spesso qualcuno interrompeva il relatore nel bel mezzo della sua analisi per contestare un punto, fare un commento, aggiungere un’informazione.

Il limite di un convegno che ha le caratteristiche del seminario di approfondimento sta nel fatto che alla fine esso si risolve in un dialogo fra persone che già a priori hanno opinioni e convincimenti simili; in questo caso, analizzando quanto circola in Italia ed in occidente su Israele, i relatori ed il pubblico hanno scoperto di condividere la medesima angoscia. Già, perché proprio di angoscia si è parlato più di una volta per definire lo stato d’animo di quanti analizzano giorno dopo giorno i nostri media e le esternazioni dei nostri politici in riferimento ad Israele ed al Medio Oriente.

Che si tratti dei responsabili delle Associazioni Italia-Israele , dei giornalisti, dei semplici lettori di giornali o dei dirigenti di istituzioni ebraiche, tutti hanno mostrato di condividere una preoccupazione ed una frustrazione che sfociano in un sentimento di impotenza dinanzi al dilagare delle imbecillità e delle cattiverie che si leggono e sentono a proposito di Israele e dei suoi rapporti col mondo arabo-islamico. Il quadro internazionale, visto dall’Italia, è tale da giustificare profondo pessimismo e talora anche disgusto quando si analizza l’atteggiamento di una parte della nostra classe dirigente e dei nostri media verso quella che è una realtà certamente molto complessa.

Molti dei presenti hanno sottolineato  anche che il quadro politico della regione è tale da lasciare poche alternative a quelle che sono  scelte di campo nelle quali si contrappongono visioni dettate o dal rigore etico che pone al primo posto libertà e  giustizia o al contrario dai piccoli e grandi interessi mercenari che si configurano nel denaro e nel potere politico.

Non è manicheismo voler indicare una forbice così netta e drastica, senza quasi soluzioni intermedie se non a livello di palliativi e rinvii. Magdi Allam , che con ammirevole coraggio ha da tempo fanno una scelta di campo fondata solamente sull’imperativo etico, ha ribadito che si tratta di scegliere fra la cultura della vita e quella della morte. Carlo Panella è stato ancor più pessimista nella sua analisi che non lascia filtrare neppure uno spiraglio di luce e di speranza. Tutti, chi più marcatamente chi con maggiori sfumature, hanno però detto o fatto capire la stessa cosa: la politica occidentale deve fare delle scelte dolorose e difficili e deve farle con la piena consapevolezza che esse saranno determinanti. Israele è solo il simbolo, il capro espiatorio quasi, di una ben diversa posta in gioco; chi pensa di sacrificare Israele sull’altare della pace universale, quale prezzo per conseguirla senza dover cedere su altro, commette un errore grave ed irreparabile.

Si è parlato molto di politica ma ancor più di pregiudizio e di ignoranza. I media hanno abdicato al loro dovere istituzionale e morale di fornire elementi di conoscenza e di giudizio quanto più possibile rispondenti alla verità per cedere alle simpatie ed antipatie personali dei giornalisti e, come ha sottolineato Angelo Pezzana, agli interessi dei loro editori che non sono mai editori puri ma finanzieri, partiti politici, industriali. Così facendo essi hanno innescato ed alimentano ogni giorno non solo la disinformazione e la faziosità ma anche il pregiudizio e l’ostilità preconcetta nei confronti di uno stato che invece è – lo ha evidenziato efficacemente Maurizio Molinari - una democrazia parlamentare di stampo anglosassone, uno stato di diritto nel senso più autentico del termine, una realtà culturale e sociale ricca e complessa.

Con questo convegno che costituisce la prima “uscita allo scoperto” di Informazionecorretta si è avuta la prova del potere reale che questo sito di monitoraggio dell’informazione può esercitare – realmente o potenzialmente – su chi fa informazione per mestiere. Che ne voglia tener conto o meno, il giornalista sa che scrivendo su Israele il giorno dopo vi sarà chi lo controlla ed eventualmente confuta. In realtà diverse dalla nostra, in cui la stampa è realmente libera da condizionamenti, come ad esempio negli Stati Uniti, un sito di monitoraggio ha la capacità reale di modificare il modo di fare informazione e riesce a costringere perfino testate illustri ed agenzie di primaria importanza come la Reuters a presentare le proprie scuse ammettendo le loro malefatte. Qui no. Ma forse la prossima volta Informazionecorretta riuscirà ad organizzare un convegno come questo in cui il pubblico sarà composto da addetti ai lavori pronti a guardarsi allo specchio e non solo da amici che la pensano come noi.

Da LIBERO del 6 marzo 2007, un articolo di  Angelo Pezzana:

Che l’informazione su Israele in Italia sia pesantemente soggetta ad un doppio standard di valutazione non è una novità, perchè è diretta conseguenza della politica estera dei governi che si sono avvicendati dal dopoguerra ad oggi, con la sola eccezione del quinquennio berlusconiano. E la maggior parte dei nostri giornali, sia quelli di ispirazione governativa che di opposizione, si sono sempre rivelati d’accordo nella scelta filo araba.L’ha confermato il convegno romano della scorsa settimana, che non a caso era intitolato “ Due pesi due misure “, organizzato dalla Federazione delle Associazioni Italia-Israele, nel quale è stata di fatto messa sotto osservazione la disinformazione che contraddistingue  gran parte dei nostri media. Perchè l’Europa, e quindi non solo il nostro paese, non riesce a capire che la difesa delle ragioni di Israele è vitale per la sua stessa sopravvivenza ? Perchè invece di preoccuparci delle minacce dell’Iran, non solo verso Israele, ma contro l’intero  mondo libero e democratico, ne sottovalutiamo la pericolosità ? Abbiamo dovuto aspettare  quarant’anni  perchè il vero Arafat venisse descrito per quello che era, un gran ladrone oltre a tutto il resto,  sommersi da articoli in lode di Mister Palestina inaccettabili  da una informazione degna di questo nome, che esaltavano un uomo che ci veniva con ossessione presentato come il Garibaldi dei palestinesi,  dedito solo alla ricerca della pace e sottacendone la reale immagine di terrorista. Un’abitudine che continua oggi, con l’analisi sempre benevola delle presunte ragioni di tutte le sigle legate al fondamentalismo islamico, Hamas e Hezbollah in testa. Israele viene sempre presentato in negativo, come quando l’Unione europea, sotto la presidenza Prodi, chiese in un sondaggio qual’era il paese che metteva maggiormente in pericolo la pace mondiale, indicando una rosa di nomi fra i quali Israele. Era ovvio, con la domanda posta in quel modo, che l’indicazione andasse automaticamente su Israele, un paese che è vero che da sessant’anni è in guerra, ma per difendere la propria sopravvivenza, e non per aggredire altri Stati. Ma questo particolare è assente nelle analisi della maggior parte dei nostri giornali, interessati soprattutto a mettere lo Stato ebraico sul banco degli accusati. E’ stato poi rilevato come il basso profilo, ritenuto finora una virtù , sia del tutto controproducente nella guerra contro chi ti vuole distruggere. Occorre invece chiamare le cose con il loro nome, non come è stato fino ad oggi, quando la parola antisemitismo veniva pronunciata  abbassando il tono della voce, temendo quasi che il suo uso fosse non approppriato. C’è voluto Giorgio Napolitano, un ex comunista !, a ricordare quello che noi, con pochi altri, avevamo sempre sostenuto. “ Dobbiamo combattere ogni rigurgito di antisemitismo, anche quando si traveste da antisionismo, perchè antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello Stato ebraico, delle ragioni della sua nascita ieri, della sua sicurezza oggi “ ha detto il presidente della Repubblica mentre commemorava il ricordo della Shoah, sdoganando finalmente una parola che d’ora in poi potrà – dovrà – essere usata  senza più alcun timore. Chi è antisionista è antisemita, perchè delegittima lo Stato degli ebrei e aiuta, di fatto, chi ne vuole la distruzione. “Ich bin ein berliner”, sono un berlinese, aveva detto John F.Kennedy davanti al muro che divideva in due l’Europa, quella libera e democratica da quella comunista. “ Anì Israelì”, io sono un isrealiano, dobbiamo dire noi oggi, perchè è nella salvezza della democrazia israeliana che il mondo occidentale salverà se stesso.

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