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La Repubblica Rassegna Stampa
05.03.2007 Prima l'attentato suicida, poi il fuoco di decine di uomini armati: ecco le circostanze nelle quali gli americani hanno ucciso sedici afghani
ma per Marco Rizzo si tratta di una "rappresaglia nazista"

Testata: La Repubblica
Data: 05 marzo 2007
Pagina: 10
Autore: Daniele Mastrogiacomo - Alberto Custodero
Titolo: «Afghanistan, strage di civili - Rizzo:»

Un'intervista a Marco Rizzo che non entra mai nel merito delle assurde affermazioni dell'esponente dei Comunisti italiani, che ha paragonato gli americani ai nazisti.
Concentrandosi esclusivamente sul tema dell'opportunità politica delle dichiarazioni di Rizzo nell'ambito degli equilibri interni del centro-sinisrta, l'intervistatore conferisce ad esse lo status immeritato di "verità scomode".
Da La REPUBBLICA del 5 marzo 2007:


ROMA - «Gli americani a Jalalabad fanno rappresaglia come i nazisti». Marco Rizzo, eurodeputato del Pdci, ha criticato pesantemente i soldati Usa che hanno ucciso 8 civili rispondendo a un agguato dei talebani. La posizione antiamericana di Rizzo, tuttavia, a 12 giorni dalla caduta del governo Prodi sulla politica estera, e a due settimane dal voto sul finanziamento delle missioni dei nostri militari all´estero (compresi quelli in Afghanistan), rischia di creare una ulteriore tensione all´interno dell´Unione.
Marco Rizzo, non ritiene eccessivo dare dei «nazisti» proprio agli americani che, contro i nazisti, hanno combattuto durante la Seconda guerra mondiale?
«Certamente la dichiarazione è forte, ma non è la prima volta che le truppe Usa si comportano così, ammazzando e ferendo decine di civili. Altro che portare la democrazia: la guerra preventiva ed il terrorismo si autoalimentano a vicenda».
Paragonare l´esercito americano al Terzo Reich, però, non fa bene al tentativo di trovare una linea comune sulla politica estera all´interno del centrosinistra.
«Non faccio paragoni fra Hitler e Bush. Però le rappresaglie tedesche del ´44 e ´45, e quelle che si vedono in Iraq e in Afghanistan, si somigliano: si colpisce la popolazione civile colpevole di essere connivente con quelli che oggi chiamiamo terroristi, e una volta i nazisti chiamavano ‘ribelli´».
Ritiene dunque politicamente corretto evocare il Nazismo proprio in un momento così delicato fra le varie componenti politiche del governo Prodi ?
«In questo mondo in cui le parole hanno perso senso, perché se fai la guerra si chiama peacekeeping, e se licenzi i lavoratori si chiama flessibilità in uscita, bisogna dire le cose con chiarezza. Non sto evocando il nazismo, ma l´unico conto che torna è che ci sono decine di vittime. Purtroppo, però, i morti fra la gente non contano nulla e non sono mai contati, ma sia in Iraq, che in Afghanistan, per non parlare dei conflitti in Africa che passano nel dimenticatoio perché forse là non c´è il petrolio, sono decine di migliaia».
Ma le sue dichiarazioni rischiano di provocare ulteriori tensioni fra la sinistra radicale e il resto della coalizione.
«Non credo che raccontare le cose come stanno possa mettere in discussione l´alleanza di centro sinistra, anche perché mi sono limitato a commentare fatti nudi e crudi».
Il segretario del suo partito (dei comunisti italiani), Oliviero Diliberto, condivide la sua "esternazione" anti Usa?
«Con Diliberto la pensiamo nello stesso modo. Io ero totalmente d´accordo con lui quando aveva dichiarato che ‘Bush ha le mani che grondano sangue´. Credo che lui condivida in pieno il mio pensiero sugli 8 civili uccisi a Jalalabad. Sì, siamo sempre in sintonia, non credo che possa avere un parere diverso sulla questione».
Ma come pensate di conciliare queste affermazioni con la presenza di vostri rappresentanti nel governo che sta per approvare il finanziamento delle missioni militari estere?
«La nostra posizione sull´Afghanistan è sempre stata chiara: siamo convinti che sia una guerra sbagliata e che da là i nostri soldati si debbano ritirare. Sappiamo, però, che la nostra convinzione non è condivisa da una larga parte del centrosinistra e che non possiamo obbligare gli altri a pensarla così».
Come pensate allora di rimanere nell´Unione?
«La nostra presenza ha uno scopo preciso: tentare di spostare il parere di tutta l´alleanza convincendola a decidere un exit strategy: confidiamo che nella formulazione del decreto ci siano dei punti che vanno in quella direzione».
Exit strategy: ma quando?
«Per noi subito, per altri mai. È per questo che dobbiamo parlarne e trovare un punto di equilibrio».

A apgiana 10 la cronaca ha la seguente titolazione:
Afghanistan, strage di civili
 
Soldati Usa sparano sulla folla, la Jihad minaccia vendetta

Nessun cenno all'attentato suicida che ha preceduto la tragedia, nè alla versione del Pentagono, per la quale i militari hanno risposto all'attacco di uomini armati.
In prima pagina il titolo è
Afghanistan, strage di civili  dopo l'attentato
come se si trattasse di un'indiscriminata e deliberata vendetta americana.
Nell'articolo Daniele Mastrogiacomo presenta questa versione come poco credibile e confusa, senza però indicarne le contraddizioni.
Ecco il testo:

KANDAHAR - Con la velocità di un lampo l´eco della strage attraversa tutto il sud dell´Afghanistan. Scuote gli animi, suscita indignazione, scatena rabbia e proteste. Fino a saldarsi qui, nella terra del mullah Omar, nella culla dei Taliban, in una minaccia che rischia di infiammare il resto del paese. «I nostri fratelli uccisi saranno vendicati», ci dice l´emissario di un gruppo di jihadisti che controlla vasti distretti della provincia di Kandahar. Ma è dalla tensione che si staglia sul viso di questi pasthun dalla barba lunga e nera, gli occhi neri esaltati da turbanti scuri, che si intuisce l´entità del disastro consumato 800 chilometri più a est, nella provincia di Nangarhar, a metà strada tra la città di Jalalabad e il confine con il Pakistan.
Un disastro che gli stessi Usa hanno difficoltà a giustificare, con un comunicato tardivo, confuso, seguito da precisazioni che alla fine non aiutano a ricostruire l´esatta dinamica di quello che è successo. Per terra, sull´asfalto sforacchiato dalle schegge dell´autobomba, davanti ai muri delle case ridotti dai proiettili ad un colabrodo, ci sono 8 morti e decine di feriti. Non si tratta di vittime del kamikaze. Sono civili abbattuti da raffiche di armi automatiche. E ci vogliono pure diverse ore prima delle conferme ufficiali di un bilancio che nella voce popolare è ancora più tragico. Radio e mezzi di informazione hanno parlato fino a sera di 16 morti. Si trattava comunque di cittadini accorsi per l´esplosione, che ha iniziatp a lanciare pietre e slogan contro i mezzi militari e che viene respinta a colpi di mitragliatrici. Le versioni sono contrastanti. Il comando Usa parla di aggressione da parte di uomini armati e attribuisce la strage «alla sparatoria che ha preceduto la reazione dei militari del convoglio». Il portavoce del governatore locale, Noor Agha Zawok, accusa invece i soldati statunitensi: «Hanno aperto il fuoco all´impazzata dopo che un minibus si era lanciato contro il loro convoglio esplodendo». Non resta che affidarsi ai fatti. E i fatti raccontano di un pulmino, uno dei tanti che funge da taxi collettivo, che si scaglia contro un convoglio della coalizione.
Il mezzo è imbottito di tritolo, a bordo c´è un attentatore suicida. Non raggiunge i mezzi dei soldati statunitensi, si fa esplodere prima. I militari sono colti alla sprovvista. L´onda d´urto fa solo sobbalzare i due hamwee che chiudono il corteo. Uno dei soldati resta leggermente ferito. Ma la colonna di fumo bianco e nero che si alza come un pennacchio e le nuvole di polvere, miste a pezzi di lamiera, ferro, vetri e cemento che avvolgono la zona, attirano decine di persone. Il comando statunitense riferisce da Kabul che tra quei curiosi accorsi sbucano anche decine di uomini armati. Il «complex ambush», l´agguato articolato, come viene definito nel comunicato ufficiale, si traduce in una sparatoria che prende di mira i soldati bloccati nei loro mezzi. Dalle torrette semoventi partono le raffiche delle mitragliatrici pesanti. La gente cade come birilli. Molti cercano scampo nelle piccole case del vilaggio vicino. Tra i morti e i feriti ci sono anche donne e ragazzi. Ma sicuramente non c´è traccia degli uomini armati che avrebbero provocato la sparatoria.
Tutte le testimonianze raccolte dalla polizia afgana raccontano invece che i soldati Usa avrebbero sparato alla rinfusa. La gente accorsa sul posto dopo l´esplosione avrebbe cominciato a lanciare sassi sui mezzi blindati e di fronte al rischio di un assalto, i militari avrebbero reagito con le mitragliatrici. Il comando Usa a Kabul prende tempo. Evita di commentare la strage. Solo dopo un paio d´ore traccia un bilancio di 10 morti e 30 feriti.
Aggiunge che le vittime sono state colpite da uomini armati mischiati alla folla. Ma viene subito contraddetto dalla dichiarazione del capo della polizia locale e dal portavoce del governatore: «Hanno sparato all´impazzata è stata una reazione spropositata». Con un bilancio diverso: 16 morti e 24 feriti.
Accorre altra gente, bloccano gli incroci e le strade, urlano slogan contro l´America e Karzai. Si scontrano con la polizia. Scene già viste in Iraq. Gli agguati ai convogli, la folla che si raduna, le sassaiole contro i mezzi bloccati dall´attentato, la reazione dei militari che provocano decine di vittime. Brutti, pessimi segnali. Due soldati inglesi sono morti due giorni fa nella regione vicina di Helmand.
Contadini e pastori raccontano di bombardamenti massicci nel distretto di Sangin. Con decine di vittime. Qui, nel profondo sud, l´offensiva dei Taleban è già guerra.

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