Dal FOGLIO del 2 marzo 2007
Critico del “pensiero espiatorio” e mattatore che svelena dai torpori ideologici, Pascal Bruckner è fra i firmatari dell’appello del Monde a difesa di Robert Redeker, il professore di filosofia costretto alla clandestinità dalle minacce islamiste scatenate da un suo duro articolo sul Corano apparso sul Figaro. Nel suo de profundis “La tirannide della penitenza” (Guanda), lo scrittore francese che ha il dono della predica colloca l’Europa sotto un cielo inclemente, lo scacco degli “emiri dagli occhi azzurri” e le risacche di una grammatica della nostalgia. Quell’Europa che si mantiene messianica su un tono minore, milita per la propria debolezza, esporta umiltà e saggezza. La passione critica – spiega Bruckner – è diventata conformismo, il rimorso un dogma e la penitenza una moneta di scambio. Nel 2003, durante l’ondata pacifista, con André Glucksmann e il regista Romain Goupil, Bruckner pubblicò sul Monde un articolo che fece scalpore, “La faute”, contro la frode saddamita di Jacques Chirac. “Così come esistono predicatori di odio nell’islamismo radicale, esistono predicatori di vergogna nelle nostre democrazie, soprattutto fra le élite intellettuali, e la loro capacità di fare del proselitismo non è trascurabile”. Sete di punizione e retorica di espiazione, colpevolismo postcoloniale e gauchismo islamista, memoria della macerazione narcisistica e anchilosi della ritenzione, estetica del crimine e morale della vigilanza, angelismo della bontà e valanga penitenziale. Sono alcune delle patologie della caduta europea stigmatizzate nel libro da Bruckner, che assegna un ruolo epocale ai dissidenti islamici, eroi a cui fornire sostegno finanziario, morale e politico. “Bandire i costumi barbari della lapidazione, del ripudio, della poligamia, dell’escissione, passare il Corano al vaglio della ragione ermeneutica, sopprimere i versetti ambigui sugli ebrei, i cristiani e gli omosessuali, gli appelli a uccidere gli apostati o gli infedeli, osare riprendere il movimento illuminato nato in seno alle élite musulmane alla fine del diciannovesimo secolo in medio oriente, ecco l’immenso cantiere politico, filosofico e teologico che si sta aprendo”. Un lavoro iniziato da intellettuali, professori, scrittori e religiosi arabo-musulmani, a prezzo della propria vita. “Sarebbe ora di formare una grande catena di solidarietà per tutti i ribelli del mondo islamico, i moderati, i non credenti, i liberi pensatori, gli atei, gli scismatici come un tempo furono sostenuti i dissidenti dell’Europa dell’est”. Un neologismo che atterrisce e provoca il “mutismo delle coscienze”, avverte Bruckner, ha fatto la sua comparsa in occidente: islamofobia, come “un nuovo reato di opinione analogo a quello che si perpetrava un tempo, in Unione Sovietica, contro i nemici del popolo”. L’abile invenzione fa dell’islam un oggetto intoccabile, a meno che non si voglia passare per razzisti. “La fede del Profeta si avvolge nel mantello del reietto, onde sottrarsi al più piccolo attacco”. Come ideologia adempie varie funzioni, fra cui “negare, per meglio legittimarla, la realtà di un’offensiva islamista in Europa. Il tentativo di imporre il proprio influsso sulle società europee, da parte di un islam revanscista come quello wahabita in Arabia Saudita o dei Fratelli musulmani, non è diverso nella sua essenza da un’impresa coloniale, e va contrastato”. Oggi in Europa, la tragedia di Voltaire, “Il fanatismo, ossia Maometto profeta”, scritta nel 1741, non può più essere rappresentata se non sotto protezione della polizia. L’islam radicale parla due linguaggi: quello della vittima, veicolato dalla teologia della colpevolizzazione, e del boia che preannuncia l’annientamento degli empi. “Il giorno in cui le sue più alte autorità riconosceranno il carattere conquistatore e aggressivo della loro fede, chiederanno perdono per le guerre sante fatte in nome del Corano, per le infamie perpetrate contro gli infedeli, gli apostati, i miscredenti e le donne, si scuseranno per gli attentati terroristici che profanano il nome di Dio, sarà un giorno di progresso e contribuirà a dissipare il sospetto legittimo nutrito da molti popoli nei confronti di questo monoteismo sacrificale”. Durante gli scontri sulle caricature del Profeta, a Londra migliaia di manifestanti brandirono cartelli che proclamavano: “La libertà all’inferno”, “Sterminate quelli che irridono l’islam”, “Europa, il tuo 11 settembre arriverà”. Nel frattempo a Giakarta altri manifestanti gridavano: “Allah è grande, impicchiamo tutti i danesi”. Così la critica dell’islam, lungi dall’essere reazionaria, costituisce oggi “l’unico atteggiamento progressista possibile nel momento in cui milioni di musulmani, riformatori o liberali, aspirano a praticare pacificamente la fede senza subire i diktat di integralisti dottrinari e fanatici”. Bruckner spiega che vi è una differenza fondamentale che passa fra il cristianesimo e l’islam: il primo è stato sanguinario allontanandosi dai testi, il secondo lo è stato avvicinandosi ai suoi. “Una parte dell’islam si radicalizza non perché si allontana da noi, ma al contrario perché si avvicina all’occidente”. L’islamismo fondamentalista, conclude Bruckner, è come un demone che fa il buio in pieno giorno. Soprattutto nell’Europa che ha museificato le ore cupe cancellando con un colpo di spugna la luce che venne dopo.
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