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La Stampa Rassegna Stampa
01.03.2007 Per Odifreddi Israele è uno "Stato fascista"
i deliri di un impudente divulgatore di pregiudizi

Testata: La Stampa
Data: 01 marzo 2007
Pagina: 42
Autore: Mario Baudino
Titolo: «“Fieri di non credere”»
Israele "Stato fascista", dichiara Piergiorgio Odifreddi, autore del libro "Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)", intervistato Mario Baudino per la STAMPA.

Il quale chiede allora:  "Partito unico, corporazioni?".  "Allora diciamo di destra. Anche estrema, spesso. E imperialista" replica pronto Odifreddi, dimenticando che uno Stato democratico non può essere "di destra",  perchè i suoi governi cambiano, e rivelando che per lui essere di destra equivale sostanzialmente ad essere fascisti. Gli Stati, per non essere "fascisti" dovrebbero essere governati sempre dalla sinistra. L'ideale del libero pensatore Odifreddi inizia a delinearsi con chiarezza: il partito unico, la dittatura del proletariato, o almeno quella giacobina.
Altre osservazioni: Israele non è mai stato governato dall'estrema destra. In quanto all'imperialismo: la storia testimonia che Israele non l'ha mai praticato, ha sempre combattutto per la sua sopravvivenza. Imperialisti, propriamente parlando,  sono invece i sogni falliti di molte dittature panarabiste o fondamentaliste, o di movimenti politici come i Fratelli musulmani che ancora non hanno conquistato il potere ma vi aspirano.

Ma, del resto, la propensione di Odifreddi all'esame "critico", in nome del quale disprezza la Bibbia come "piena di sciocchezze e orrori",  apparentemente si arresta di fronte all'islam, sul quale, pur dichiarando di essere "contrario a tutte le religioni, non solo a quella ebraica", non spende una parola.

Assoluto è il disprezzo che Odifreddi ostenta per i fatti: "Il progetto dello Stato ebraico si basa sul principio che la Palestina sia stata destinata da Dio a Israele", sentenzia. "Theodor Herzl, il fondatore del sionismo, era un laico", ribatte Baudino. "Non importa" taglia corto il matematico autodefinitosi "impertinente" (in realtà rispettosissimo dei dogmi del politicamente corretto). Qualcuno dovrebbe spiegargli che la storia non può essere ricostruita a priori, in base ad assiomi ideologici.

A giustificazione della sua adesione ai più tipici pregiudizi antisraeliani e alla propaganda d'odio contro lo Stato degli Ebrei, Odifreddi ripete inconsistenti banalità come "non sono certo antisemita: uno scienziato non può credere alle razze. Però altra cosa è l’antisionismo" ed elegge a suo maestro l'mmancabile nume tutelare ebreo dell'"antisionismo". In questo caso il più famoso di tutti: il linguista e guru antiamericano Noam Chomsky.

Ancora una volta, gli argomenti di Odifreddi non tengono conto né dei fatti né della logica: l'antisemitismo può anche non avere immediatamente  a che fare con le teorie razziste, com'è provato dalla storia dell'antigiudaismo religioso (che per i suoi tratti demonizzanti e paranoici e per le sue tragiche e violente conseguenze  fu molto  più che una semplice polemica teologica) e l'essere d'accordo con un ebreo non prova che non si è antisemiti.
Conta ciò che viene detto, non chi lo dice.
Ma sul sionismo il "razionalista" Odifreddi si converte al principio di autorità. 

Ecco il testo:

«Leggere i Vangeli è un ottimo motivo per non credere». La frase sarà anche a effetto, ma non è una provocazione. Riassume il pensiero di Piergiorgio Odifreddi, che ha scritto un libro dal titolo piuttosto impegnativo, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) da oggi in distribuzione per Longanesi. Il «matematico impertinente», come dalla sua precedente opera di grande successo, mena fendenti su Antico e Nuovo Testamento, legge la Bibbia senza risparmiare sarcasmo o dileggio e smonta, rifacendosi a una lunga tradizione di studi non agiografici che comincia almeno con L’Illuminismo, non solo la «storicità» degli avvenimenti narrati, ma anche la loro logica interna. Per concludere con una carrellata sulla storia della Chiesa, fino allo scandalo della banca vaticana, lo Ior, e ai benefici economici colossali venuti dal Concordato con lo Stato italiano, mai aboliti anche dopo la revisione del patto fra il Papato e Mussolini.
Tutto questo in nome della razionalità occidentale, quella nata in Grecia, e della scienza sperimentale, che si riallaccia idealmente a libri usciti di recente come quello del filosofo Maurizio Ferraris (Babbo Natale, Gesù adulto. In che cosa crede chi crede?, Bompiani) o del francese Michel Onfray, il cui Trattato di ateologia e la successiva Controstoria della filosofia sono pubblicati da Fazi.
Odifreddi, il suo «non possumus» sembra più un «non dobbiamo».
«Ho rovesciato il celebre titolo di Benedetto Croce (Perché non possiamo non dirci cristiani) con un occhio al Bertrand Russell di Perché non sono cristiano. Dirsi cristiani non costa nulla, bisogna vedere se lo si è. Quando guardiamo al cattolicesimo l’affermazione perde di senso».
Perché?
«Perché vuol dire accettare tutti i dogmi pronunciati dalla Chiesa. Ad esempio è fondamentale credere nella transustanziazione. Se pensi che l’eucaristia sia simbolica, non sei cattolico: e difatti i protestanti hanno differenti opinioni al riguardo. Ma il concetto è basato su un anacronismo filosofico, e cioè la dottrina aristotelica della sostanza che resta eguale anche se cambiano i suoi accidenti. In questo caso gli accidenti non cambiano, perché continuiamo a vedere e sentire il pane o il vino, la sostanza sì. È come se pronunciando qualche parola il telefono, pur rimanendo tale, si trasformasse in un elefante. Oppure prendiamo la verginità della Madonna, prima durante e dopo il parto. Basta fare un’indagine tra la gente per scoprire che nessuno sa niente di queste faccende, anche se “si dice” cattolico. Il mio “non possiamo” va inteso in questo senso: come non possiamo, che so, essere marziani».
Il suo argomento è che nessuna persona ragionevole può credere a queste cose, se le prende in seria considerazione. Ma tutti i cristiani e tutti i cattolici credono alla resurrezione, per esempio, che è il nocciolo duro da Paolo in poi.
«Infatti nei Vangeli non c’è. Per la transustazione abbiamo almeno una frase di Luca, e cioè dal Vangelo più tardo, ricalcata testualmente su Paolo, che come sappiamo non conobbe Gesù se non attraverso visioni. Per la resurrezione non abbiamo neppure questo. I protovangeli, cioè quelli più antichi, non ne parlano affatto».
E qui finiamo sulla questione, molto dibattuta, della loro storicità. È ormai accettato da tutti gli studiosi laici che non sono certo testi in presa diretta, ma ci dicono quel che le prime comunità cristiane pensavano di Gesù. Ci raccontano il formarsi di una tradizione. Basta per considerarli, come lei suggerisce, una favola, un mito tale da indurre all’incredulità? E svalutare radicalmente l'insegnamento di Cristo, considerato parte integrante se non fondamento della nostra civiltà?
«In parte. Ci sono stati anche gli Unni e i Vandali, se è per questo. La nostra cultura cresce e si sviluppa, semmai, in opposizione al cristianesimo. Sia per quanto riguarda la scienza, sia per quanto attiene alla politica, per esempio la democrazia. In ogni caso il Gesù dei Vangeli non sembra una persona eccezionale; anzi, soprattutto in certi miracoli lascia piuttosto perplessi. Come quando se la prende con il fico che non dà frutti fuori stagione. Al di là dei miracoli, che si rifanno del resto a passi biblici, molto di quanto predica appartiene già alla tradizione ebraica. Basta leggere, sono riprese del Vecchio Testamento».
Col quale lei non è tenero. Lo definisce, «un irritante e snervante pasticcio».
«La Bibbia è piena di sciocchezze e orrori, massacri e contraddizioni».
Quindi chi ci crede è molto stupido?
«Statisticamente l'intelligenza è divisa in modo equanime. Gli stupidi non mancano».
Pensa questo degli ebrei?
«Penso male della Bibbia».
Però scrive, riferendosi al IV secolo: «Come gli ebrei di oggi, i cristiani di allora passarono presto dalla parte dei perseguitati a quella dei persecutori». Gli ebrei di oggi?
«Voglio chiarire che non sono certo antisemita: uno scienziato non può credere alle razze. Però altra cosa è l’antisionismo, come dice Noam Chomsky, il mio maestro. Il progetto dello Stato ebraico si basa sul principio che la Palestina sia stata destinata da Dio a Israele».
Theodor Hertzl, il fondatore del sionismo, era un laico.
«Non importa, il risultato è che oggi Israele è uno Stato fascista»
Partito unico, corporazioni?
«Allora diciamo di destra. Anche estrema, spesso. E imperialista. Comunque sia, sono contrario a tutte le religioni, non solo a quella ebraica. Mi interessano, e molto, dal punto di vista letterario».
Alla fine del suo libro cita l’imperatore filosofo Marco Aurelio: «Tutto ciò che è in armonia con te, o Universo, lo è pure con me». Ma l’Universo è generazione e distruzione. Non guarda in faccia nessuno. Anche Hitler poteva ritenere di vivere in armonia con l’Universo.
«Era persino vegetariano... Al di là delle battute, questo è il vero problema. Se uno non è religioso, ciò non significa che non debba avere un’etica. Ma non è il tema del mio libro; forse del prossimo».
Crede che gioverà alla sua causa?
«Lo scrivo apertamente: non voglio “sconvertire” nessuno. Lo faccio come testimonianza civile, in un momento in cui c’è una Chiesa imperante e dilagante, che fra l’altro ci costa una fortuna: 9 miliardi di euro l’anno, un terzo della Finanziaria. E la gente non lo sa».

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