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Il Foglio Rassegna Stampa
28.02.2007 Così l'Iraq tenta di sconfiggere il terrorismo
vertice con Iran e Siria, legge sul petrolio, piano Petraeus

Testata: Il Foglio
Data: 28 febbraio 2007
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Vertice con Iran e Siria, legge sul petrolio, piano Petraeus. L’Iraq ci prova»

Dal FOGLIO del 28 febbraio 2007:

Milano. La tv irachena ha annunciato ieri un massacro di 19 bambini a Ramadi, la città a nord di Baghdad diventata la roccaforte dei fondamentalisti sunniti e dei terroristi di al Qaida. In serata le forze americane hanno però detto di aver condotto “esplosioni controllate” a Ramadi, in cui sarebbero rimaste ferite 30 persone, tra cui nove ragazzi, affermando di non aver notizia di alcuna strage. I dispacci contrastanti sono arrivati nel pieno di un rinnovato sforzo diplomatico, economico e militare iracheno, sostenuto dalla Casa Bianca, per provare a cambiare la situazione in Iraq. Ai primi di marzo, su iniziativa del governo di al Maliki, si terrà a Baghdad un vertice a livello di sottosegretari con le organizzazioni multilaterali, i cinque seggi permanenti del Consiglio di sicurezza e i paesi vicini, compresi Iran e Siria. La loro presenza non è stata ancora confermata, ma il segretario di stato, Condoleezza Rice, ieri ha detto al Congresso che sono stati invitati. Un mese dopo, nella prima metà di aprile, ci sarà un secondo vertice, ma con i ministri degli Esteri, con gli stessi invitati, più i rappresentanti dei paesi del G8, quindi anche con il governo italiano.
La strage dei bambini mette in secondo piano anche i primi parziali successi delle operazioni di sicurezza congiunte iracheno-americane a Baghdad, dove nelle ultime tre settimane c’è stato un dimezzamento del numero delle esecuzioni settarie. Il piano del generale David Petraeus sembra sempre meno a rischio di essere bloccato dal Congresso americano. I leader democratici al Senato hanno deciso di non perseguire, per ora, il piano alternativo con cui avrebbero voluto de-autorizzare la guerra irachena, ridefinendo i confini della risoluzione bipartisan anti Saddam approvata nel 2002. Solo uno, forse due, dei sette ribelli repubblicani ha fatto sapere di essere disposto a votare la de-autorizzazione della guerra, mentre ai democratici mancherebbero due dei loro senatori. Non solo non c’è la maggioranza qualificata del Senato (60 senatori), ma probabilmente gli antiguerra non raggiungerebbero quota 50. Anche le manovre nel più agevole ambiente della Camera sembrano destinate ad arrestarsi. Lunedì Nancy Pelosi ha detto: “Lasciatemi essere molto chiara, il Congresso finanzierà le nostre truppe”.
L’altra notizia di ieri, considerata come uno dei possibili punti di svolta per stabilire la normalità democratica, è l’accordo raggiunto dal governo iracheno sulla legge petrolifera con cui, una volta approvata dal Parlamento, saranno regolamentate la redistribuzione territoriale dei ricavi e le procedure degli investimenti stranieri. La bozza legge, nata con l’accordo di tutte le fazioni etnico-religiose, prevede la distribuzione dei profitti petroliferi a tutte le province e alle regioni in base alla popolazione ed è stata progettata per rassicurare gli arabi sunniti, nelle cui zone di residenza non ci sono giacimenti petroliferi. L’idea parte dall’articolo 111 della nuova Costituzione che stabilisce che il petrolio e il gas sono di proprietà dell’intera nazione in tutte le sue province e regioni. La redistribuzione in base alla popolazione, secondo il New York Times, non garantisce la fine della violenza: in mancanza di censimenti affidabili, non c’è accordo sui numeri (alcuni sunniti sostengono di essere la maggioranza, quando sono comunemente accreditati del 20 per cento).

I contratti con gli stranieri
La legge garantisce allo stato e alle compagnie petrolifere regionali il potere di firmare contratti con società straniere per l’esplorazione e lo sviluppo dei giacimenti (65 su un totale di 80) in disperata necessità di investimenti, secondo linee guida decise centralmente. Il governo federale mantiene il potere di approvare o no la conformità di questi contratti e istituisce due fondi indipendenti, uno che distribuisce i proventi a livello locale, mentre quello denominato “The Future Treasury” accumula una percentuale dei ricavi per progetti futuri. Le compagnie straniere dovranno pagare tasse e tributi e lasciare, come royalty, il 12,5 per cento della produzione lorda.

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