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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
27.02.2007 Il vicolo cieco libanese
analisi di una paralisi politica

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 27 febbraio 2007
Pagina: 25
Autore: Carlo Remeny
Titolo: «Beirut in un vicolo cieco»
FAMIGLIA CRISTIANA del 25 febbraio pubblica a pagina 71 un articolo di Carlo Remeny intitolato “Beirut in un vicolo cieco”. Un’analisi sulla difficile situazione politica che sta vivendo il Libano dove attentati e manifestazioni fanno da sfondo ad una opposizione che continua la protesta per ottenere le dimissioni del premier e giungere ad un Governo di unità nazionale. Una paralisi politica che rende arduo il passaggio alla normalità.
Ecco il testo:


“ Nessuna soluzione si intravede per la crisi politica libanese, ma l’anniversario dell’attentato a Rafic Hariri, il 14 febbraio scorso, è trascorso almeno senza incidenti. Il giorno prima, come regolarmente succede ormai da un anno e mezzo in Libano, c’è stato l’ennesimo attentato: due bombe sono esplose all’interno di altrettanti autobus, a nord-est di Beirut, in un’area cristiana, provocando tre morti e una ventina di feriti. L’attacco terroristico è stato letto in due modi distinti, a seconda dell’appartenenza politica: i filo-occidentali della maggioranza parlamentare, che si riconoscono nel primo ministro Fouad Sinora, hanno accusato forze filo-siriane che avrebbero voluto così spaventare l’opinione pubblica e tenerla lontana dalla manifestazione di Beirut per commemorare la scomparsa di Hariri. L’opposizione ha fatto notare che un attentato del genere, prima di un appuntamento dai chiari connotati politici, serve soprattutto agli organizzatori della manifestazione i quali, sull’onda dell’emozione suscitata dal gesto, possono mobilitare molta più gente. Certo è che i servizi di sicurezza libanesi, il cui controllo è stato saldamente assunto dalle forse di Governo, sembra anche aumentandone gli effettivi, appaiono incapaci di monitorare il territorio nazionale. Altrimenti non si spiega come mai dalla primavera del 2005 gli attentati colpiscano con tanta precisione, pure personalità di primissimo piano, e sempre in concomitanza di eventi dal forte significato politico. L’inadeguatezza delle forze di sicurezza nazionali ha fatto dire al vice premier e ministro della Difesa Elias Murr che d’ora in poi si concentrerà “sulla ristrutturazione dei servizi di sicurezza”. Murr ha fatto notare che nel 2004, quando era ministro degli Interni e controllava la sicurezza nazionale, le cose che succedono oggi non capitavano. Sono stati 2-300.000 i manifestanti che si sono dati appuntamento nella piazza dei Martiri di Beirut per ricordare Hariri. Un numero inferiore al previsto, ma il linguaggio degli oratori è stato aggressivo come non mai. Soprattutto il druso Walid Joumblatte il cristiano Samir Geagea hanno usato espressioni che non hanno mai fatto parte del linguaggio politico libanese, parlando di “serpente e scimmia di Damasco e macellaio in Libano”, riferendosi al presidente siriano Assad, e minacciando di inseguire gli assassini che colpiscono in Libano anche in capo al mondo. L’opposizione mantiene la sua presenza in piazza giorno e notte, davanti alla sede del primo ministro Sinora, dal primo dicembre scorso. Ci sono sempre da 3-4.000 persone a manifestare, che nei giorni festivi diventano 40-50.000 e in occasione di raduni anche un milione. Coalizione delle molteplici anime, dal movimento sciita Hezbollah ai cristiani maroniti del generale Michel Aoun, ai drusi di Talal Arslan, ai sunniti di Omar Karameh, l’opposizione ha fatto sapere che la campagna di protesta per costringere il Governo Sinora alle dimissioni continuerà senza concessioni di alcun tipo. L’opposizione chiede un Governo di unità nazionale con un terzo dei seggi ministeriali, il blocco di minoranza, una nuova legge elettorale e voto anticipato per radiografare gli umori dei libanesi. La maggioranza parlamentare ha posto come condizione per qualsiasi discussione l’accettazione da parte dell’opposizione del Tribunale internazionale che giudichi i responsabili dell’attentato contro Hariri. L’opposizione si è dichiarata pronta, ma solamente dopo la formazione del nuovo Governo. Così, c’è un esecutivo da cui è assente la rappresentanza politica degli sciiti. Ci sono i presidenti della repubblica e del Parlamento che rifiutano di accettare qualsiasi decisione del Governo, mentre quest’ultimo si dichiara perfettamente legittimo in quanto gode dell’appoggio della maggioranza del Parlamento. Le mediazioni della Lega Araba, un’azione congiunta saudita-iraniana, non sembrano aver sbloccato la situazione, come neppure gli oltre sette miliardi di dollari di aiuti raccolti dal Governo Senior alla Conferenza dei paesi donatori di fine gennaio a Parigi. Analisti libanesi ritengono che la paralisi potrebbe durare sino all’estate, quando gli USA saranno costretti a riprendere in mano la proposta della commissione Baker-Hamiltonper rilanciare i rapporti con la Siria e Iran per normalizzare la situazione in Irak, in Palestina e in Libano prima dell’ultimo anno del mandato di Bush. Intanto, gira con insistenza la voce che il procuratore belga Serge Brammertz, a cui sono state affidate le indagini sull’attentato Hariri e altri episodi, in giugno sia intenzionato a lasciare l’incarico di fronte alle difficoltà incontrate nell’inchiesta, soprattutto con dieci Paesi che non hanno voluto collaborare, paesi di cui non si sa nulla, se non che la Siria non è tra loro.

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