Arcadi Gaydamak, il nuovo alleato di Netanyahu intervista al miliardario-politico
Testata: Il Foglio Data: 21 febbraio 2007 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «Netanyahu e Gaydamak, Bibi e Bibò»
Dal FOGLIO del 21 febbraio 2007:
Gerusalemme. E’ un miliardario. E’ il più importante uomo d’affari del paese. Possiede una forte squadra di calcio. E’ amato perché arriva da fuori. Parla diretto, per qualcuno troppo. Si è fatto più o meno da sé. Sa che gli elettori sono arrabbiati con i partiti tradizionali alle prese, quasi tutti, con scandali e scandaletti. Vuole colmare un vuoto. Oggi forse annuncia che scende in campo. Arcadi Gaydamak, d’origine russa, non parla ebraico, non parla inglese, ma piace a tanti, in Israele. Ha vissuto per anni in Francia. Agli inizi faceva il giardiniere. Poi ha aperto un ufficio di traduzioni e lentamente ha avviato un giro d’importazioni ed esportazioni con l’ex Unione Sovietica. La sua fortuna è di quasi quattro miliardi di dollari. Oggi, a Tel Aviv, si attende l’annuncio del suo debutto politico: la creazione di un suo partito. Sarà vicino alla destra del Likud, quella di Benjamin Netanyahu, che il businessman vorrebbe vedere presto premier. Scrivono i giornali israeliani che l’obiettivo di Gaydamak è fondere, più tardi, il nuovo partito con quello di Bibi e avere l’ultima parola su chi sarà il prossimo capo del governo. Al telefono con il Foglio, in un bel francese, dice di non voler entrare direttamente in politica, ma subito dopo parla del “mio elettorato”. Durante la guerra estiva tra Tsahal e Hezbollah, ha messo in piedi, con i suoi soldi, una campagna aiuti per la popolazione sfollata del nord. A novembre, mentre i razzi Qassam palestinesi cadevano sulla cittadina di Sderot e il governo nicchiava, ha messo a disposizione autobus e pagato un weekend in albergo a Eilat, sul mar Rosso, a centinaia di abitanti. E’ popolare, racconta, “perché dico quello che pensa la gente”. Gaydamak arriva in un momento di crisi del sistema politico incastrato tra le accuse di malagestione della guerra in Libano e i processi per corruzione e molestie sessuali di molti politici. Sull’esecutivo di Ehud Olmert, “le mie critiche sono sostenute dalla maggior parte della popolazione”, considerati i sondaggi che danno al premier il tre per cento delle preferenze. Ha quattro passaporti: Russia, Israele, Canada, Angola. Possiede, oltre alla calcistica Beitar Jerusalem, anche la squadra di pallacanestro Hapoel Jerusalem. Non sarà l’elettorato sportivo a fare la differenza, ma “se prima delle elezioni il Beitar vincesse il campionato (è primo in classifica, ndr) guadagnerei voti”. Haaretz, quotidiano di sinistra, gli pronostica già 25 seggi in Parlamento: “Io e Haaretz siamo politicamente contrapposti; sicuramente avranno abbassato i numeri: penso di poter avere almeno 40 seggi”. Secondo il giornale, il nuovo partito non si concentrerà sui problemi di sicurezza e strategia, ma sul sociale, sull’economia di mercato, sulla costruzione di un welfare forte. Scrive che il gruppo si fonderà con il Likud. Gaydamak e Netanyahu, infatti, si fanno i complimenti da mesi: “E’ il più adatto a gestire lo stato – dice Gaydamak del leader della destra – perché ha l’esperienza necessaria. Alle Finanze (è stato ministro con Ariel Sharon, ndr) ha ottenuto risultati positivi”. Gaydamak sembra voler smussare dall’interno le durezze della destra e si mostra anche un po’ critico. Dice di Bibi che “ha posizioni radicali sulla popolazione araba”. Lui, invece, “prenderà in considerazione la necessità di dimenticare il passato recente e tragico, e di cominciare a dialogare e a trovare soluzioni per la pace perché le tensioni tra gli arabi e Israele creano tensioni con il mondo intero”. E’ sulla sicurezza e sulla messa in guardia dai mullah atomici di Teheran che Netanyahu costruisce la sua campagna elettorale. Gaydamak è d’accordo. “L’Iran è assolutamente un argomento molto importante per Israele e per il mondo intero”, ma – dice – bisogna mantenere “una posizione ragionevole da entrambe le parti: meglio parlare”. Anche con l’attivo mediatore regionale, l’Arabia Saudita, che nel suo tentativo di arginare l’influenza iraniana fa prove d’avvicinamento a Israele. “Qualsiasi iniziativa di pace è benvenuta e cercare una soluzione politica è meglio di creare un conflitto”, l’Arabia Saudita “con le sue finanze” e la sua influenza ha un ruolo importante. Il suo rivale è un altro russo, il ministro Avigdor Lieberman, leader d’Israel Beitenu, partito di destra alleato col centro di Kadima e la sinistra laburista. Pescano entrambi nell’elettorato russo, la più ampia minoranza del paese. Gaydamak dice d’essere amato tra i russi senza ancora aver parlato loro in russo. “Senza usare la stessa lingua ho un livello di popolarità alto – spiega riferendosi al suo ebraico – non sono le parole che contano ma il senso”.
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazionedel Foglio lettere@ilfoglio.it