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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.02.2007 Cambia anche Degania, il primo kibbutz
un articolo di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 febbraio 2007
Pagina: 13
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Il primo kibbutz decide la privatizzazione «Collettivismo addio, sì alla meritocrazia»»

Il primo kibbutz, Degania, apre alla proprietà privata e alla differenziazione salariale. Una scelta che nei kibbutz che già l'hanno effettuata ha portatto nuova prosperità e nuova vitalità.

Dal CORRIERE della SERA del 20 febbraio 2007:

GERUSALEMME — «Il 25 di Tishri 5671, noi compagni, dieci uomini e due donne, abbiamo fondato un insediamento indipendente di lavoratori ebrei. Una cooperativa, senza sfruttatori e senza sfruttati. Una comune». Novantasette anni dopo quel 28 ottobre del 1910, a Degania per la prima volta c'è qualcuno che guadagna più degli altri. I 320 abitanti del kibbutz hanno votato in maggioranza (85 per cento) perché l'esperimento cominciato un anno fa diventi permanente. Gli stipendi saranno differenziati, secondo meriti e profitti, le case e i beni spartiti tra i soci.
È la rivoluzione al contrario che sta colpendo i kibbutz israeliani: nel 2001, 37 villaggi nel centro del Paese erano cooperative e solo 5 aziende private, oggi i numeri si sono invertiti. Degania non è la prima e non sarà l'ultima comune a cambiare statuto. È un simbolo, perché è qui, sulle rive del lago di Tiberiade, che il movimento dei pionieri è nato. Il villaggio è per tutti contrassegnato dalla lettera «A», per distinguerlo dal fratello minore costruito poco lontano, ma anche per ricordare che questo è il kibbutz «alpha»: l'esempio che gli altri hanno seguito.
Per Shaid Shoshani, il presidente del comitato, la comunità resta un modello: «Continuiamo a incarnare i valori sociali del movimento. Era molto importante dimostrare rispetto per quelli che hanno dato la loro vita per questo sogno e allo stesso tempo creare una visione che possa attrarre le prossime generazioni». Yona Shapira, uno dei primi bambini a essere nati nel kibbutz 86 anni fa, è convinto che sia impossibile continuare a vivere come allora e che sia necessario adattarsi ai tempi. Tamar Gal, un quarto di secolo a Degania, crede invece che la decisione «abbia distrutto questo posto. La tradizione non esiste più, la mensa comune è vuota, le feste non sono quelle di una volta».
La mensa, dove i membri si sono sempre ritrovati per mangiare e prendere le decisioni collettive, continuerà a funzionare. «Verrà organizzata una rete d'aiuto — spiega Shoshani — per quelli che guadagnano meno. Un'entrata minima verrà garantita attraverso una tassa che cercherà di evitare le disparità troppo grandi». È proprio nella mensa di Degania che Ehud Barak, un mese fa, ha aperto la campagna elettorale per le primarie nel partito laburista, un omaggio alla comunità simbolo della sinistra israeliana.
«I cambiamenti sono portati avanti con sensibilità — commenta Daphna Cantor, responsabile delle risorse umane nel movimento dei kibbutz —. I lavoratori vengono sempre trattati equamente. Il problema è che un mondo troppo protetto dalla concorrenza esterna crea atrofia e mancanza di motivazione».
Ezra Dalumi guida la corrente che si oppone alle privatizzazioni, una riforma voluta dal governo di Ariel Sharon nel 2004 e trasformata in legge da Ehud Olmert, allora ministro dell'Industria. La decisione del Parlamento non aveva fatto altro che sancire un processo cominciato da anni. «L'atmosfera prevalente in Israele — dice Dalumi, che pubblica il sito Uguaglianza — è penetrata nei kibbutz. I manager vogliono essere come i loro amici che abitano fuori e guadagnare più soldi. Stare in una comune richiede sacrifici». Le cooperative stanno lottando per sopravvivere. Negli ultimi anni, hanno perso denaro e persone. «Lo Stato ci ha voltato le spalle — spiegano due dirigenti che aiutano i kibbutz a rinnovarsi — e attorno a noi tutto funziona in modo diverso da trent'anni fa».
Le soluzioni qualche volta sembrano troppo creative. Yad Hannah ha risposto alla crisi accettando di ospitare i coloni evacuati da Homesh, in Cisgiordania, in cambio di aiuti governativi. La convivenza ha creato incroci politici e religiosi inaspettati per gli anziani abitanti, in maggioranza atei e comunisti: nel villaggio è stata costruita una sinagoga. Mahanayim cerca di attrarre nuovi residenti con offerte lontane dagli ideali di vita spartani: a chi compra una casa viene dato gratis un parcheggio per l'aereo privato.

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