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La Repubblica Rassegna Stampa
19.02.2007 Olmert è il cattivo, Abu Mazen la vittima
il copione di Alberto Stabile non c'entra nulla con l'informazione

Testata: La Repubblica
Data: 19 febbraio 2007
Pagina: 15
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «La Rice ai palestinesi: "Fate di più"»
GERUSALEMME - Doveva segnare l´inizio del negoziato finale sullo Stato palestinese. Invece, sarà già tanto se il vertice previsto per oggi tra il premier israeliano, Ehud Olmert e il presidente palestinese, Abu Mazen, sotto gli auspici della signora della diplomazia americana, Condoleezza Rice, non si risolverà in una clamorosa rottura. Fatto sta che, per evitare di mettere in pubblico i contrasti affiorati durante i contatti e i colloqui che hanno preceduto il vertice, è stato deciso di cancellare la conferenza stampa congiunta che avrebbe dovuto coronare l´incontro.
Al centro della contesa, l´accordo raggiunto due settimane fa alla Mecca, auspice il sovrano saudita, Abdallah Ibn Abdel Aziz, tra Abu Mazen e Khaled Mashal, come dire, tra il vecchio e logorato potere palestinese rappresentato da al Fatah e il nuovo contropotere esercitato da Hamas. Accordo che prevede la cessazione della violenza interna, sul punto di trasformarsi in una vera guerra civile, e la formazione di un governo di unità nazionale che segna la fine del monopolio sul governo esercitato dal movimento islamico dal momento della vittoria alle elezioni del gennaio 2006.
Ma questo a Israele non basta.

Con questa frase Stabile stabilisce chi è il cattivo della sua storia: l'intransigente, incontentabile Israele 

 D´accordo con il Quartetto degli sponsor internazionali del sempre atteso ma mai rinato processo di pace (Stati Uniti, Russia, Unione Europea e Onu) il governo israeliano ritiene che l´accordo della Mecca non rispetti le tre condizioni poste a suo tempo al governo di Hamas per ottenere la necessaria legittimazione internazionale: riconoscimento d´Israele, cessazione della violenza e del terrorismo, accettazione degli accordi di pace precedentemente firmati.

Quella del governo  israeliano  non è un'opinione, ma la constatazione di un dato di fatto. Al verbo "ritiene" si sarebbe dunque dovuto preferire un'espressione come "fa notare che" 

E come il mancato soddisfacimento di queste condizioni da parte del primo governo palestinese a guida islamica ha spinto la comunità internazionale a congelare gli aiuti economici diretti all´autorità palestinese, alla stessa stregua, fa capire il governo israeliano potrà continuare il boicottaggio contro il nuovo esecutivo di unità nazionale. «Un governo palestinese che non accetta le condizioni del Quartetto - ha detto Ehud Olmert aprendo ieri il Consiglio dei ministri - non potrà ricevere alcun riconoscimento e non avrà alcuna cooperazione».
Olmert è stato abile a sigillare in anticipo l´esito

L' "abile" Olmert "sigilla in anticipo" l'esito del vertice con una telefonata all'altro cattivo per eccelenza dell'opinione pubblica progressista: George W. Bush.
In realtà, il premier israeliano si è limitato a ribadire condizioni elementari, condivise  dalla comunità internazionale.


 del vertice di oggi con una telefonata a George Bush, sabato sera, mentre la Rice, appena sbarcata in Israele s´incontrava a cena con la collega Tzipi Livni. Al termine della telefonata, i portavoce israeliani facevano sapere che, sulla questione dirimente delle tre condizioni poste anche al nuovo governo palestinese, Olmert e Bush la pensavano alla stessa maniera e che i due leader, in sostanza, avevano coordinato la medesima strategia.
Ora, davanti a questa formidabile unità d´intenti tra le due potenze, quale spazio di manovra resta ad Abu Mazen? In che modo ha potuto opporsi a quello che sempre più assomiglia a un verdetto capitale sul suo operato?

Dopo il "cattivo" ecco l'eroe-vittima della storia: il povero Abu Mazen, schacciato dalla "formidabile unità d´intenti" delle due "potenze", America e Israele,  e addirittura condannato con un "verdetto capitale".

 Il presidente dell´Autorità palestinese ha prima tentato di fare la voce grossa con l´inviato del Dipartimento di Stato David Welch: «Dovete imparare a convivere con quest´accordo. Questo è il miglior accordo possibile. Non possiamo cambiarlo: prendere o lasciare». Poi, visto che sbattere il pugno sul tavolo non serviva, è ricorso al tono da vittima: «Perché fate pressioni su di me, che ho già molte pressioni interne? L´alternativa è la guerra civile». Ieri pomeriggio, incontrando la Rice, Abu Mazen ha ripetuto le sue motivazioni.
Ed ecco come l´ambizioso Mohammed Dahalan, uomo forte di Al Fatah a Gaza, ha riassunto la risposta americana: «Lei ha rispettato le nostre posizioni. Ma la sua posizione, altrettanto chiara, è che loro non tratteranno con questo governo. Ma gli Stati Uniti non si pronunceranno finché il governo non sarà formato e non avrà enunciato il suo programma». Dunque, per il momento giudizio sospeso.

A conclusione dell'articolo, dopo un crescendo di toni dramamatici e di retorica, volti a suscitare simpatia per Abu Mazen e ostilità per Israele, Stabile inserisce un'informazione: per il momento il giudizio americano sul governo palestinese è sospeso. In attesa di una parola chiara sulle condizioni poste dalla comunità internazionale.
Ecco allora che si intravede un quadro molto diverso della situazione in Medio Oriente.
Un quadro nel quale, alla composizione dei conflitti intestini tra i palestinesi, non corrisponde nessuna svolta nella posizione del governo palestinese nelle questioni cruciali del riconoscimento di Israele e della rinuncia al terrorismo.
Il che significa che, a meno di non voler  truccare le carte, nulla è davvero cambiato, per ora, circa le possibilità della pace.

Se questo è il quadro, che ne sarà del vertice di oggi? Olmert ha già chiarito quel che s´aspetta dal nuovo governo palestinese e alle tre condizioni intende aggiungere la richiesta che il soldato Shalit, sequestrato il 25 giugno scorso al confine con la Striscia di Gaza, venga liberato. Abu Mazen insisterà perché si parli non di un vago «orizzonte politico» in cui dovrebbe rientrare la nascita dello Stato palestinese, ma di negoziati concreti e definitivi. La Rice troverà una formula per conciliare le opposte aspettative e non archiviare la sua dodicesima missione in Medio Oriente come un fallimento.

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