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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.02.2007 Governo di unità nazionale palestinese: lo avevamo definito un trappolone, avevamo ragione
la cronaca di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 febbraio 2007
Pagina: 1
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Israele e Usa avvertono i palestinesi»
Dal CORRIERE della SERA del 19 febbraio 2007:

GERUSALEMME — Il riconoscimento dello Stato d'Israele e degli accordi finora sottoscritti e la rinuncia ad ogni forma di lotta violenta: queste le condizioni del Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu) che, nell'incontro in programma oggi a Gerusalemme, i governi israeliano e americano porranno al presidente palestinese Abu Mazen, che si accinge a costituire il nuovo esecutivo d'unità nazionale con Hamas. Il premier Ehud Olmert, forte dell'appoggio statunitense, chiede anche la liberazione del soldato Ghilad Shalit, rapito il 25 giugno scorso.
Le affermazioni di alcuni tra i più autorevoli esponenti di Hamas, però, inducono al pessimismo. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha già dichiarato che non ci sono segnali incoraggianti sulla disponibilità del futuro governo palestinese.


GERUSALEMME — La diplomazia- navetta di Condoleezza Rice per un giorno ha viaggiato in convoglio sulle jeep blindate. Gerusalemme- Ramallah-Gerusalemme. Il segretario di Stato americano ha incontrato sabato sera Tzipi Livni, ministro degli Esteri israeliano, e ieri ha visto prima Abu Mazen, il presidente palestinese, poi il premier Ehud Olmert. Colloqui di qualche ora, che hanno preparato il vertice a tre di oggi.
Rice ha ascoltato le posizioni di tutti per evitare che il summit all'hotel David Citadel si trasformasse in un fallimento ancora prima di cominciare. All'apertura del Consiglio dei ministri, Olmert ha annunciato di aver parlato venerdì con il presidente George Bush: Israele e gli Stati Uniti hanno coordinato la risposta da dare al governo di unità nazionale palestinese, che dovrebbe nascere nelle prossime settimane. «Un esecutivo che non rispetti le richieste della comunità internazionale non riceverà alcun riconoscimento o cooperazione. L'opinione nostra e degli americani è identica su questo punto», ha spiegato il premier.
Abu Mazen ha speso il tempo a sua disposizione con il segretario di Stato per convincerla a dare un'opportunità alla coalizione mista Hamas-Fatah. Il raìs della Mukata ha spiegato che l'accordo trovato alla Mecca una decina di giorni fa è comunque un successo. «È il massimo che ho potuto ottenere», avrebbe detto. Agli americani non basta. «Per ora non vedo alcun segnale incoraggiante. Non mi sembra che il programma del governo risponda ai principi stabiliti. Non si può avere un piede in parlamento e l'altro nella violenza», ha dichiarato Rice.
Davanti a duemila sostenitori nel villaggio di Beit Hanoun, Striscia di Gaza, il premier incaricato Ismail Haniyeh ha accusato israeliani e americani di voler sabotare la concordia ritrovata, dopo gli scontri tra le fazioni (90 morti, da dicembre a febbraio). «Le loro interferenze puntano a distruggere i principi base della causa palestinese». Dalla Siria, Abu Marzouk, vice di Khaled Meshal, è sembrato più conciliante e ha chiesto a Washington di mostrare un atteggiamento «positivo e ragionevole»: «Gli americani adottano in pieno le indicazioni di Tel Aviv. Ma Hamas deve tenere conto che sono l'unica superpotenza in grado di influenzare gli israeliani».
Le richieste del quartetto (Stati Uniti, Unione Europea, Russia, Nazioni Unite) sono tre: il riconoscimento di Israele, l'impegno a considerarsi vincolati dagli accordi firmati in passato, lo stop alla violenza. La piattaforma stabilita tra le fazioni in Arabia Saudita parla solo di «rispetto» per le intese passate. Abu Mazen ha enfatizzato con Rice che sarà lui a portare avanti i negoziati con Israele, come capo dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina.
A Gerusalemme, il governo si chiede che rapporti avere con i ministri indipendenti. «Dobbiamo capire come comportarci — ha commentato una fonte al quotidiano
Haaretz — se Salam Fayyad, un politico moderato e accettabile, diventa ministro delle Finanze in una coalizione guidata da Hamas».
I consiglieri di Abu Mazen sono convinti che dal vertice di oggi non usciranno decisioni significative. Non è stata neppure annunciata una conferenza stampa di tutti e tre i partecipanti, per evitare che le divisioni emergano in pubblico. «Nessuno si aspetta nulla», ha commentato un fedele del raìs ad
Haaretz. A Tzipi Livni il segretario di Stato americano ha detto che l'incontro deve concentrarsi sulla strada da seguire per far progredire il processo di pace verso la soluzione dei due Stati.
Olmert non vuole che al summit vengano affrontati i tre punti chiave di un eventuale accordo finale: la questione dei rifugiati palestinesi, i confini del 1967, Gerusalemme. Il primo ministro teme che toccare da subito gli argomenti più delicati faccia naufragare i negoziati.

Dal CORRIERE.IT, un articolo sull'esito del vertice Abu Mazan- olmert. I due leader hanno ribadito il favore per una soluzione a due stati. Non è una novità, come non è una novità l'opposizione di Hamas e delle frange radicali di Fatah a questa prospettiva.
Su questo fronte, decisivo, il vertice non ha determinato nessun cambiamento.
Ecco il testo:
 

GERUSALEMME - Malgrado le premesse tutt'altro che incoraggianti, qualche elemento positivo è emerso dal vertice a tre di oggi a Gerusalemme tra Condoleezza Rice, Ehud Olmert e Mahmoud Abbas alias Abu Mazen. Secondo quanto annunciato dal segretario di Stato americano, sia il premier israeliano sia il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese si sono trovati concordi sulla soluzione di due Stati, indipendenti, sovrani e in grado di convivere pacificamente l'uno accanto all'altro, per risolvere il pluridecennale conflitto in Medio Oriente. Tutte le parti, ha aggiunto Rice, hanno rinnovato il proprio impegno in tale direzione. «Tutti e tre abbiamo ribadito l'impegno per una soluzione basata su due stati, abbiamo concordato che uno stato palestinese non può scaturire dalla violenza e dal terrorismo. Entrambi - ha aggiunto Rice riferendosi a Olmert e Abu Mazen - hanno confermato la loro adesione agli accordi e agli impegni passati. I due hanno acconsentito di rivedersi presto».

RICONOSCIMENTO - Il nuovo governo palestinese deve però accettare le condizioni poste dalla comunità internazionale e in primis il riconoscimento del diritto all’esistenza dello Stato di Israele. Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha detto di averlo ribadito «espressamente» oggi durante il vertice.

TIMORI - Le premesse non erano delle migliori, con una situazione già esplosiva resa ulteriormente complicata dalla questione del costituendo governo palestinese di unità nazionale, che sarà guidato ancora dai radicali di Hamas, i quali insistono nel non voler riconoscere Israele.
Tutte le difficoltà erano stateconfermate nei colloqui avuti separatamente dal segretario di Stato americano con il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, a Ramallah, e nella Città Santa con il premier dello Stato ebraico. Non a caso, aprendo i lavori in un hotel, Rice ha tenuto a definire la riunione con un'espressione riduttiva, «discussioni informali», così da far capire una volta per tutte che non c'è molto da aspettarsi, tanto meno veri e propri negoziati di pace.

LA STAMPA - La stampa israeliana era pessimista sugli esiti della riunione di lunedì. Alcuni quotidiani avevano parlato di «vertice della disperazione». «Mi dicono che il momento sia particolarmente complicato, ma se dovessi aspettare un momento che non sia complicato per venire in Medio Oriente non salirei mai sull'aereo» aveva commentato la Rice.
 
 
 
19 febbraio 2007

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