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La Repubblica Rassegna Stampa
18.02.2007 E' morto Maurice Papon, collaborazionista e criminale
degli altri si sono cancellate le tracce

Testata: La Repubblica
Data: 18 febbraio 2007
Pagina: 25
Autore: Giampiero Martinotti
Titolo: «E' morto Papon, " il collaborazionista"»

Da REPUBBLICA di oggi, 18/02/2007, a pag.25,riprendiamo la cronaca di Giampiero Martinotti della morte di Maurice Papon, il criminale che collaborò in posizione di grande responsabilità con i nazisti nella deportazione verso i campi di sterminio degli ebrei francesi. Cala il sipario sui crimini della Francia di Vichy, con la morte di Papon si può affermare " Giustizia non è stata fatta". In Francia, come anche in Italia, i conti con il collaborazionismo non sono mai stati fatti. Troppi nomi eccellenti, da tutte le parti politiche, per indagare.Si è preferito cancellare le tracce. La condanna di Papon, tardiva e di soli tre anni, ne è la dimostrazione.

Ecco l'articolo:

PARIGI - Maurice Papon è morto ieri a 96 anni. Condannato a dieci anni di carcere per complicità in crimini contro l´umanità, liberato dopo tre anni di reclusione per motivi di salute, era stato al centro di una lunghissima vicenda giudiziaria, cominciata nel 1981 e conclusasi con il verdetto della corte d´assise di Bordeaux il 2 aprile 1998. Insieme a Paul Touvier, capo della milizia e condannato all´ergastolo a Lione, Papon è stato il solo francese riconosciuto colpevole di complicità in crimini contro l´umanità. Ma soprattutto è stato l´unico alto funzionario del regime di Vichy a finire sul banco degli accusati. Il suo processo, sia pur tardivo, è stato quello della Francia collaborazionista, passata senza troppi danni attraverso l´epurazione e poi ritornata in primo piano durante il periodo repubblicano.
Papon, da questo punto di vista, è stato un paradigma. Aveva cominciato la sua carriera sotto la Terza Repubblica e fu nel 1942 segretario generale della prefettura di Bordeaux, incaricato di seguire le "questioni ebraiche". Ma alla Liberazione fu nominato subito prefetto e cominciò una brillante carriera: questore di Parigi dal 1958 al 1967, è stato a lungo deputato e infine ministro del Bilancio dal 1978 al 1981 nel governo di Raymond Barre. Una carriera "esemplare", se non fossero venuti alla luce tardivamente i documenti sulla sua attività nel 1942 a Bordeaux.
E´ stato il Canard enchainé, nel 1981, a pubblicare alcuni documenti firmati di suo pugno. Da quelle carte emerge il suo coinvolgimento nella deportazione di 1.600 ebrei da Bordeaux verso il campo di concentramento di Drancy, da cui partivano i treni della morte. Papon ha sempre respinto le accuse, ma il verdetto fu molto sfumato: i giudici stabilirono che Papon non aveva avuto una volontà omicida. È stato invece riconosciuto colpevole di complicità negli arresti illegali e nei sequestri arbitrari riguardanti 43 persone. Come disse all´epoca Arno Klarsfeld, uno degli avvocati delle parti civili, la sentenza è stata «una condanna dell´apparato dello Stato di Vichy, che ha partecipato alla caccia delle famiglie ebree». Ed è proprio questo che Papon non ha mai accettato.
Durante tutto il processo, si difese con le unghie e con i denti, oltre che con arroganza: «Aveva la boria delle persone che sanno, che possiedono, che si sentono proprietarie della Francia», ha detto ieri un altro avvocato delle vittime, Gérard Boulanger.
Papon era un carrierista e un uomo impietoso: quando era questore di Parigi fu all´origine della repressione violenta di una manifestazione convocata nel 1961 dal Fronte di liberazione nazionale algerino, che costò la vita a decine di persone (la cifra esatta non si è mai saputa). Ma l´alto funzionario non ha mai voluto essere il simbolo del collaborazionismo. Lo divenne invece per il suo ostinato rifiuto di riconoscere qualsiasi responsabilità.
Il processo Papon fu oggetto di appassionati dibattiti storici, politici e giuridici. E fu il surrogato di un processo mai avvenuto, quello di René Bousquet, segretario alla polizia di Vichy dall´aprile 1942 al dicembre 1943. Anche lui era riuscito a sfuggire all´epurazione nel dopoguerra, se l´era cavata con una degradazione civile subito cancellata per aver aiutato la Resistenza. Ma negli anni Novanta fu incriminato per la deportazione di 194 bambini ebrei. Il suo processo, tuttavia, non ebbe mai luogo: l´8 giugno 1993 Bousquet fu ucciso a casa sua da un esaltato. Anche per questo Maurice Papon è diventato un simbolo: la Francia gollista e mitterrandiana ha sempre considerato Vichy una semplice parentesi. Una tesi che non regge più alla luce della ricerca storica e che è stata giudiziariamente sconfessata proprio con la condanna di Maurice Papon.

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