Su REPUBBLICA di oggi, 18/02/2007, a pag.19, due corrispondenze. La prima sull'Olanda, dove il paese dibatte questioni formali, dimenticando che ormai la violenza dell'islam fondamentalista è penetrata fin nelle istituzioni. La seconda, un'intervista ad Hanif Kureishi,che l'islam lo conosce bene essendo musulmano, lucido osservatore dell'avanzata dell'ideologia islamista in Inghilterra.
Ecco il primo articolo, di Alberto D'Argenio, " Mai in Olanda ministri musulmani"
BRUXELLES - Quando Sietse Fritsma, uno dei nove deputati populisti olandesi, ha preso la parola per chiedere che i due ministri con la doppia cittadinanza fossero rimossi dall´incarico, la speaker della Camera gli ha tolto la parola. Una reazione tempestiva che però non è bastata a spegnere sul nascere la polemica. E l´Olanda si interroga: Ahmed Aboutaleb e Nebhat Albayrak - entrambi musulmani e rispettivamente di origine marocchina e turca - potranno essere segretario di Stato agli affari sociali e ministro della Giustizia del nuovo governo di Jan Peter Balkenende?
Il caso è scoppiato giovedì scorso, quando il partito populista di estrema destra (Pvv) ha presentato una mozione parlamentare affermando che Aboutaleb e Albayrak non potevano ricoprire il ruolo assegnatogli nel nuovo governo olandese. «La loro lealtà al Paese non può che essere messa in dubbio» dalla doppia cittadinanza, hanno scritto gli onorevoli del Partito per la Libertà nel testo depositato al Parlamento. E a buttare benzina sul fuoco ci ha pensato Rita Verdonk, il ministro per l´Immigrazione uscente la cui intransigenza con gli extracomunitari lo scorso autunno aveva fatto cadere il governo: «Se vogliono dimostrare la loro fierezza di essere olandesi - ha detto "Rita di ferro" - devono abbandonare i loro doppi passaporti».
Sdegnata la reazione dei due ministri designati. Aboutaleb, il più carismatico e già famoso per avere lavorato a fianco del sindaco di Amsterdam nelle questioni legate all´immigrazione - ha risposto ai populisti sventolando in televisione il proprio passaporto olandese e affermando: «Alla mia morte voglio essere sepolto su questo suolo». Anche la candidata al ministero della Giustizia, la Albayrak, ha sottolineato con forza il suo radicamento nei Paesi Bassi e la totale lealtà alle istituzioni pubbliche.
Difesi dalla maggioranza del Parlamento, il caso ha comunque scaldato gli animi in una terra che non riesce a ritrovare la propria identità perduta di Paese modello per l´integrazione, illusione frantumata dai colpi di pistola sparati dal radicale musulmano che nel 2004 ha ucciso il regista Theo Van Gogh. La questione è seria e lo dimostra l´acceso dibattito che sta spaccando la società olandese nonostante il caso sia stato aperto da un partito da sempre sopra le righe (basta pensare che il suo leader, Geert Wilders, martedì scorso ha affermato che «se Maometto vivesse in Olanda proporrei di cacciarlo come un estremista»). E come ormai avviene ogni volta che si parla di immigrazione e Islam, il caso ha spaccato l´opinione pubblica di uno Stato dove più di un milione di cittadini (uno su sedici) possiede un doppio passaporto. Il principale quotidiano, De Telegraaf, pur definendo «idiota» la proposta dei populisti, ha riconosciuto che la mozione «ha toccato una corda sensibile».
Analisi confermata da un sondaggio confezionato ad hoc dal quale è emerso che per il 48% degli olandesi chi ricopre cariche istituzionali deve rinunciare alla doppia nazionalità. Ma la legge parla chiaro e obbliga i parlamentari ad essere cittadini dei Paesi Bassi, senza proibire il doppio passaporto. Una norma da sempre sgradita al Pvv, che dopo le elezioni di novembre aveva chiesto di modificarla. Vedendo respinta la proposta, i populisti hanno deciso di attaccare direttamente i due futuri ministri, dando la prima gatta da pelare a Jan Peter Balkenende, che giovedì prossimo presenterà ufficialmente il suo quarto governo, questa volta retto dalla coalizione tra liberali e cristiano-democratici.
Il secondo, di Riccardo Staglianò, " Non fidiamoci dell'Islam moderato".
L´islam è l´ideologia del XXI secolo. Come marxismo e fascismo lo sono state del XX. E la sua versione "soft" sarebbe quasi più pericolosa di quella radicale. «Nessuno solidarizza con i kamikaze mentre la versione moderata si infiltra progressivamente nella società che la ospita, cambiandone il volto» sostiene Hanif Kureishi. Da scrittore è stato tra i primi a raccontare la seduzione del fondamentalismo sulla "seconda generazione", la più critica, di emigrati britannici. Aiutato dal fatto di essere figlio di un pakistano e un´inglese. A Como, ospite della Fondazione Antonio Ratti per anticipare brani del suo prossimo libro che uscirà da Bompiani, ha accettato di parlarne con Repubblica.
"The Black album" è ambientato nell´89, l´anno della fatwa a Salman Rushdie. E descrive il giovane Shahid, diviso a metà tra edonismo occidentale e sottomissione islamica. Non è iniziato tutto con l´11 settembre, quindi…
«A voler andare indietro è iniziato tutto con il colonialismo e il risentimento che ciò ha provocato nei confronti dell´Impero britannico, tra gli altri. Poi c´è stato il ‘79, l´anno della rivoluzione khomeinista che ha politicizzato l´islam. E quindi l´anno della fatwa. Me lo ricordo benissimo: per la prima volta, anche a Londra, si capì che per esprimere le proprie idee si poteva morire. Fu terribile».
Da dove veniva fuori quel radicalismo?
«Gli anni ‘80 erano stati quelli del trionfo del consumismo, della "morte di dio". E ogni eccesso crea la sua reazione. Nel consumismo tutti conoscevano il prezzo delle cose ma non il loro valore. E l´islam, con la sua moralità e le sue tante restrizioni, riempiva quel vuoto».
Il protagonista del "Budda delle periferie" e altri suoi personaggi musulmani hanno però una gran voglia di vivere, di sperimentare il sesso e le droghe. Lo riscriverebbe con quella libertà dopo quel che è successo con le vignette danesi?
«Avrei più paura. E non per paranoia ma perché ora si rischia maggiormente che un matto ti aspetti davanti casa e ti spari. Perché? La delusione è cresciuta, molte vicende internazionali si sono cronicizzate: la questione palestinese, l´assurdità delle guerre in Iraq e in Libano. E molti si sono stancati di guardare e basta. In più, prima anche l´occidente sapeva esprimere valori alternativi. Oggi da una parte ci sono gli islamici, con la loro fede profonda, e dall´altra i liberali, devoti perlopiù alla religione dello shopping. Noi sguazziamo nel dubbio, loro ne sono esenti».
Il padre del protagonista di un suo romanzo dice che la sua «religione è farsi un culo così», che non ha tempo per pregare. Le generazioni successive diventano più critiche perché hanno più tempo per pensare?
«La prima generazione è quella del sacrificio. C´è da portare il cibo in tavola, pochi discorsi. I figli e i nipoti nascono in altre condizioni. E hanno visto i loro padri, com´è successo a me, umiliati per un nonnulla o picchiati per puro razzismo. Ciò provoca rabbia e senso di colpa per il sacrificio dei valori originari sull´altare dell´integrazione. Una colpa alla quale tentato di rimediare radicalizzandosi».
Lei si identifica con i musulmani, come suo padre, ma è molto critico con l´islam. Cosa gli rimprovera?
«Sono un liberale e uno scrittore. E l´islam, come dimostra il caso di Nagib Mahfouz accoltellato in Egitto, di Salman Rusdie e vari altri casi recenti, può non essere amico degli scrittori. Mio padre era un ottimo uomo e un cattivo musulmano: non mangiava maiale ma beveva e non andava in moschea. Io sono un apostata: amo molti libri, non un Libro solo. La dimensione religiosa, in generale, mi è totalmente aliena. Coltivo dubbi e scetticismo. Ma rispetto i musulmani come gli altri fedeli».
Sostiene però una laicità alla francese, soprattutto per quanto riguarda la scuola. Perché è così importante che sia non confessionale?
«Perché è lì che si formano le coscienze. Islam significa sottomissione mentre quello che ci si aspetta da una scuola è imparare a pensare con la propria testa, mettere tutto in discussione. E Blair, invece di introdurre scuole islamiche, dovrebbe togliere anche quelle cristiane ed ebraiche. Devono essere di stato, uguali per tutti».
Nel suo prossimo "Qualcosa che vorrei dirti" traccia l´evoluzione della comunità asiatico-britannica dagli anni ‘70 agli attentati di due estati fa. Cos´è cambiato?
«Le diverse comunità sono oggi ancora più distanti. E l´islam sta assumendo caratteri ideologici più forti. Mi viene da dire che sarà, per il XXI secolo, ciò che comunismo e fascismo sono stati per il XX. Rischia di diventare un´idea molto pericolosa. E quella più insidiosa non è la sua versione radicale ma moderata. Nessuno simpatizza per quelli che mettono le bombe. Mentre i moderati, cooptati dai nostri governi, compiono quotidiane iniezioni di islam in posti dove non se ne sente il bisogno: scuole, fabbriche, società civile. Non si faranno convertire dalle società che li ospitano, cercheranno sempre di convertirle. Convinti che gli infedeli siano gli altri e fiduciosi nel loro paradiso. So di essere pessimista, e politicamente scorretto, ma credereste a un nazismo moderato? Esistono molti musulmani moderati, sono la stragrande maggioranza, li conosco e li rispetto. Ma non un islam, inteso come ideologia, di quel tipo».
Per inviare la propria opinione a Repubblica, cliccare sulla e-mail sottostante