Operazione di polizia contro le Br anche obiettivi israeliani nei progetti dei terroristi
Testata: Il Foglio Data: 13 febbraio 2007 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «Le Br sono sempre con noi Preparavano attentati a Libero, Eni, Cav. e Ichino»
Dal FOGLIO del 13 febbraio 2007:
Milano. Non volevano colpire il “cuore dello stato”, ma fare propaganda armata. In linea con il modello movimentista della seconda posizione delle Br che si scisse dall’ala militarista di Mario Moretti nel 1984 (e che portò fino alle Br-Pcc di Nadia Lioce). Sono gli eredi dell’Unione dei comunisti combattenti, Ucc, che nel 1986 rivendicò l’attentato ad Antonio da Empoli, capo del dipartimento economico della presidenza del Consiglio, e l’omicidio del generale Licio Giorgieri. Ieri una vasta operazione antiterrorismo, coordinata dal pm Ilda Boccassini e condotta contemporaneamente a Milano, Torino, Padova, Trieste, ha portato all’arresto di 15 persone (70 gli indagati) che avevano formato una cellula rivoluzionaria per la costruzione del partito comunista politico militare. Il loro ideologo e capo della cellula è Alfredo Davanzo, nome di battaglia Antonio, che viveva da anni in semi- clandestinità. Noto alle forze dell’antiterrorismo, era stato condannato nel 1982 a dieci anni di carcere per rapina, si era rifugiato in Francia ed era tornato in Italia circa un anno fa per guidare un gruppo marxista-leninista che aveva reclutato i giovani nei centri sociali (come il Gramigna di Padova) e militanti più anziani sia fra delinquenti di piccolo cabotaggio sia fra delegati sindacali della Cgil (8 su 15 ). Fra i loro obiettivi c’era il giuslavorista Pietro Ichino, la casa di Berlusconi a Milano, il giornale Libero, l’Eni di San Donato Milanese, le emittenti tv Sky e Mediaset. Tutti simboli importanti per questi rivoluzionari che si incontravano una volta al mese, si spostavano in treno, in autobus e in bicicletta, e comunicavano solo a voce . Secondo Ilda Boccassini erano molto pericolosi. “Si sentivano in guerra contro lo stato, avevano in corso la preparazione di azioni, erano disposti a tutto”, ha detto la pm milanese. L’indagine è scattata dopo la perqusizione di uno scantinato a Milano nel 2004. Filmati di addestramenti nella campagna padana, armi, documenti che seppur privi di un’articolazione teorica, erano inequivocabili. Il loro foglio di propaganda rivoluzionaria si chiamava Aurora, era noto agli inquirenti da anni e parlava di azioni dimostrative e obiettivi simbolici che con le Br di Nadia Lioce, che hanno ucciso D’Antona e Biagi, avevano in comune il target lavorativo. Infatti il loro giornale clandestino ipotizzava la costituzione di cellule rivoluzionarie in ogni fabbrica. “Ciò che allarma di più, è proprio la loro contiguità con il mondo del lavoro”, dice al Foglio, il senatore di An Alfredo Mantovano. “Fra gli obiettivi, c’era un giuslavorista, e fra i membri della cellula esponenti sindacali. Questi arresti ci invitano a essere prudenti quando nella discussione sul mercato del lavoro si demonizzano i riformatori. In ogni caso, a differenza di altri, io non ho mai pensato che il terrorismo politico in Italia si fosse estinto”, osserva l’ex sottosegretario del ministero dell’Interno. “Dopo un anno di pedinamenti e appostamenti, abbiamo visto che il cerchio non si allargava e avevamo prove sufficienti per fermarli”, ha spiegato al Foglio l’ispettore Giovanni Calesini, direttore del servizio centrale dell’antiterrorismo. “Anche se i loro obiettivi possono sembrare secondari, erano molto pericolosi”. Infatti secondo il ministro Giuliano Amato l’operazione antiterrorismo è servita a sventare un’attentato. “Probabilmente questa volta siamo intervenuti in tempo”, ha dichiarato.
“Sono dei marziani” “Sono dei marziani”, ha dichiarato il capo della Digos di Padova, dove i militanti della cellula rivoluzionaria erano legati al centro sociale Gramigna. Nemici acerrimi dei “disobbedienti”, ritenevano che l’unico antagonismo legittimo fosse quello armato. Nel loro mirino, c’era anche un obiettivo israeliano. “Nelle loro conversazioni accennavano alla fabbricazione di un esplosivo fornito da un amico palestinese”, mentre in un’altra intercettazione due brigatisti si rammaricano di aver saputo tardi di un concerto di una banda dell’esercito israeliano a Milano. “Avremmo potuto organizzare qualcosa di simpatico”, dicono durante una conversazione in un bar in corso Garibaldi. Nei loro pensieri c’era anche il Foglio. L’hanno menzionato due degli arrestati, Bruno Ghirardi e Claudio Latino, nel giugno del 2006. “Si parla del Foglio e si dimostra di conoscerne l’ubicazione”, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare. “Giuliano Ferrara è il capo dei sionisti, oltre a essere stato una spia della Cia”, hanno commentato fra loro.
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