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La Stampa Rassegna Stampa
12.02.2007 Centosettanta militari americani uccisi da bombe iraniane
lo denuncia l'intelligence

Testata: La Stampa
Data: 12 febbraio 2007
Pagina: 6
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «“In Iraq 170 militari Usa uccisi da bombe iraniane”»
Dalla STAMPA del 12 febbraio 2007:

Centosettanta militari americani sono stati uccisi in Iraq da bombe «made in Iran» negli ultimi 32 mesi: lo affermano gli ufficiali dell’intelligence con una serie di dichiarazioni ai media Usa tese ad indicare negli ayatollah di Teheran la maggiore minaccia alla sicurezza delle truppe. Le bombe in questione sono denominate «Proiettili esplosivi ad alta penetrazione» (Efp) perché si tratta di cilindri metallici che detonando lanciano una delle pareti con grande violenza riuscendo a perforare anche le difese dei carri Abrams. Le indagini di intelligence in Iraq hanno appurato che le bombe arrivano dall’Iran attraverso i posti di frontiera di Amara e Bassora, dove vengono consegnate a miliziani sciiti di gruppi come l’Esercito del Mahdi - fedele all’imam Moqtada al Sadr - che si occupano degli attacchi.
In territorio iracheno vi sarebbero almeno 150 agenti iraniani per addestrare i miliziani all’uso delle «Efp». Fra questi infiltrati vi sarebbero anche i sei iraniani arrestati in gennaio a Irbil, nel Nord dell’Iraq, incluso Mohsin Chizari, capo delle «Brigate Al Quds», un corpo scelto dei pasdaran accusato da Washington di atti terroristici. Secondo quanto dichiarato da ufficiali dell’intelligence Usa, Chizari sarebbe stato catturato poco dopo il suo ritorno in Iraq dopo un’assenza di dieci mesi, mentre era intento a bruciare documenti e si trovava in possesso di alcuni sacchetti di capelli e peli, a conferma che assieme agli altri cinque voleva modificare le proprie sembianze per sfuggire alla caccia degli americani. Ulteriori indagini condotte dopo gli arresti di Irbil hanno portato ad individuare in Iran l’origine delle componenti adoperate per realizzare le «Efp» nonché ad accertare il coinvolgimento nelle spedizioni verso l’Iraq di «alti livelli del governo» di Teheran.
Tali rivelazioni spiegano le dichiarazioni fatte a Monaco dal capo del Pentagono, Robert Gates, sulle implicazioni iraniane in Iraq e coincidono con le indiscrezioni del magazine Newsweek, secondo cui la Casa Bianca avrebbe ordinato a una terza portaerei di prepararsi a fare rotta verso il Golfo Persico, aggiungendosi alla Uss Eisenhower già presente ed alla Uss Stennis arrivata nei paraggi. Il braccio di ferro Washington-Teheran sarebbe diventato per Newsweek una «guerra segreta», combattuta in Iraq in coincidenza con la crescente tensione fra Iran e Consiglio di Sicurezza Onu.
Parlando ieri a Teheran il presidente Ahmadinejad ha rigettato la richiesta Onu di interrompere il programma nucleare entro il 23 febbraio - come previsto dalla risoluzione 1737 - annunciando di aver stabilito i propri «diritti nucleari»: frase vaga che potrebbe implicare l’avvenuta installazione di 3000 centrifughe in un impianto sotterraneo. Lo stesso Ahmadinejad si è tuttavia detto «pronto al dialogo con la comunità internazionale» in sintonia con le dichiarazioni fatte a Monaco dall’inviato Ali Larijani, secondo il quale «il nostro programma nucleare non minaccia nessuno neanche Israele». Lo stesso Ahmadinejad ha tuttavia ribadito che lo Stato Ebraico «è destinato alla morte» a causa dei «delitti che continua a commettere nel Medio Oriente».\

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