La guerra del 48 riscritta da Sergio Romano perché gli israeliani vinsero contro cinque stati arabi?
Testata: Corriere della Sera Data: 08 febbraio 2007 Pagina: 39 Autore: Sergio Romano Titolo: «Palestina: come gli ebrei impararono a combattere»
Rispondendo a un lettoreSergio Romano, sul CORRIERE della SERA dell'8 febbraio fornisce la sua psiegazione della vittoria isrealiana nel 1948: superiorità numerica sugli eserciti arabi. Romano si basa sulle cifre fornite da Benny Morris. Martin Van Creveld, che uno specialista di storia militare fornisce stime più accurate: inzialmente il vantaggio numerico era degli arabi. Nel corso della guerra gli schieramenti raggiunsero una sostanziale parità Gli Stati arabi, comunque, potenzialmente avrebbero potuto mettere in campo forze molto superiori a quelle israeliane. A impedirlo fu la necessità di mantenerne una parte in patria, per puntellare l'instabile potere dei regimi e il collasso che la guerra produsse nelle società arabe. Alla fine, il vero motivo della vittoria degli israeliani, risiedette nelle diverse motivazioni dei contendenti. Israele combatteva per sopravvivere, gli arabi per distruggere la patria di qualcun'altro.
Ecco il testo della domanda e della risposta:
Vorrei che lei scrivesse dei primi giorni di vita dello Stato d'Israele. In particolare, non sono mai riuscito a comprendere bene come uno Stato appena formatosi (quindi ritengo con forze armate allo stato embrionale), attaccato da Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, sia riuscito a sconfiggere cinque Stati nell'arco di un anno senza l'appoggio delle truppe britanniche, ritiratesi lo stesso 15 maggio 1948, giorno dell'attacco. Dario Savarino d-s@dario-savarino.it Caro Savarino, l'indipendenza dello Stato di Israele fu proclamata da Ben Gurion nel Museo di Tel Aviv il 14 maggio del 1948, alla vigilia dell'attacco congiunto di cinque Stati arabi. Ma nei mesi precedenti, mentre le truppe britanniche erano ancora sul territorio della Palestina mandataria, si combatté quella che lo storico israeliano Benny Morris, in un bel libro apparso nel 2001 presso Rizzoli («Vittime. Storia del conflitto arabo- sionista, 1881-2001»), definisce una guerra civile fra arabi ed ebrei. L'organizzazione militare degli ebrei si chiamava Haganah (in ebraico, difesa) e si era costituita per la protezione della sua comunità dopo l'insurrezione araba del 1920. Tra i suoi fondatori vi era Zeev Jabotinskij, personalità affascinante e spirito radicale, fondatore del movimento revisionista, condannato dall'amministrazione britannica come terrorista, organizzatore di nuclei paramilitari che avevano secondo alcuni, come ricorda Morris, una «struttura schiettamente fascista». Poco dopo la sua fondazione, Haganah era divenuta parte di una organizzazione sindacale, Histadrut, che fu per molto tempo la spina dorsale della comunità ebraica. Ebbe vita travagliata e generò piccoli gruppi di combattimento, molto radicali, fra cui Irgun Bet che divenne più tardi Irgun Zvai Leumi (Organizzazione nazionale militare). Ma continuò a svilupparsi e a rafforzarsi. Nel 1942, secondo un rapporto dei servizi britannici, poteva contare, come ricorda Morris, «su circa 30.000 uomini, dei quali il 50/70 per cento era armato»; mentre l'Irgun, dal canto suo, disponeva di un migliaio di combattenti «assistiti da qualche altro migliaio di fiancheggiatori e ausiliari». Due anni dopo, nel 1944, i membri di Haganah erano 36.000 «con circa 14.000 armi leggere, compreso un certo numero di mortai da due e tre pollici e di mitragliatrici». Il materiale era stato «acquistato illegalmente o trafugato (...) dai ricchi arsenali britannici in Palestina in Egitto». Era questa, grosso modo, la consistenza di Haganah al momento della proclamazione dello Stato. Due settimane dopo, quando nacque la Forza israeliana di difesa (Idf, secondo l'acronimo inglese), i combattenti, fra uomini e donne, erano 42.000. E in luglio, dopo la breve tregua negoziata dal rappresentante dell'Onu, Folke Bernadotte, erano 65.000. L'armamento fu fabbricato sul posto dalle aziende che gli ebrei avevano creato in Palestina negli anni precedenti o importato di contrabbando attraverso i varchi lasciati dall'inefficace embargo delle Nazioni Unite. Tra i fornitori vi furono i satelliti dell'Urss, felici di contribuire alla vita di uno Stato che era nato contro la volontà dell'Impero britannico. Nelle sue memorie Vittorio Dan Segre, allora ufficiale dell'esercito israeliano, ha raccontato la sua missione in Cecoslovacchia, quando dovette prendere in consegna un carico d'armi. Suppongo che lei voglia sapere, caro Savarino, quale fosse la consistenza delle forze degli Stati invasori. Secondo Benny Morris, le truppe arabe presenti in Palestina alla fine di maggio comprendevano circa 30.000 uomini: 5.000 egiziani, tra 6.000 e 9.000 militari della Legione Araba (la formazione transgiordana comandata dal generale inglese John Glubb), 6.000 siriani, 4.500 iracheni e pochi libanesi. Cominciò da allora nei due campi la corsa alla mobilitazione che fu vinta dagli ebrei, secondo Morris, con largo margine: «a metà luglio l'Idf schierava quasi 65.000 uomini che salirono a 115.000 nella primavera del 1949. I Paesi arabi probabilmente disponevano in Palestina e nel Sinai di circa 40.000 uomini a metà luglio e di 55.000 in ottobre, con un ulteriore modesto incremento entro la primavera del 1949».
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