Llibertà di satira sotto attacco in Francia Nicolas Sarkozy difende Charlie Hebdo, sotto processo per aver pubblicato le vignette danesi
Testata: Il Foglio Data: 08 febbraio 2007 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «Satira sotto attacco»
Dal FOGLIO dell'8 febbraio 2007:
Parigi. Apertura a sorpresa. Ieri è cominciato il processo contro il giornale satirico francese Charlie Hebdo, reo di aver ripubblicato quelle vignette del giornale danese Jyllands Posten che l’anno scorso hanno scatenato la rabbia dei fedeli islamici in tutto il mondo. E ci voleva Nicolas Sarkozy, ministro dell’Interno e candidato alla presidenza, per alzare ancora di più l’interesse già alto attorno al dibattimento. L’avvocato della difesa ha letto in aula una lettera del ministro, che si è schierato a protezione della libertà di pensiero. “Preferisco un eccesso di caricature all’assenza di caricature”, ha scritto Sarkozy, che è consapevole di essere spesso “il bersaglio preferito” del giornale, ma che pure sostiene il diritto di “sorridere su tutto”. Fuori dal tribunale di Parigi, Abdullah Zakri, della Grande moschea della città, ha protestato con i giornalisti: “Sarebbe dovuto rimanere neutrale”. Non sarà il solo politico a intervenire. Charlie Hebdo ha chiamato a testimoniare Francois Bayrou, il candidato di centro dell’Udf. La Grande moschea, la Lega islamica mondiale e l’Unione delle organizzazioni islamiche francesi (Uoif) hanno portato in giudizio il giornale per aver ripubblicato nel numero dell’8 febbraio scorso – quando si era nel pieno della protesta del mondo islamico, con boicottaggi commerciali, assalti alle ambasciate, minacce, omicidi – le vignette danesi del 20 settembre 2005. Più una nuova in copertina: il profeta Maometto – “sopraffatto dagli integralisti” – si tiene la testa tra le mani: “E’ dura essere amati dagli imbecilli”. I gruppi islamici sostengono che quella copertina, come anche la vignetta raffigurante un Maometto con il turbante a forma di bomba, dipingerebbe tutti i musulmani come terroristi: “Si tratta di un attacco contro di noi – ha detto alla corte il presidente dell’Uoif, Lhaj Thami Breze – è come se il Profeta avesse insegnato il terrorismo ai musulmani, e così tutti i musulmani fossero terroristi”. Pur nella Francia tradizionalmente attenta alle ragioni laiche della libertà d’espressione, l’azione legale degli islamici potrebbe incontrare un’ampia approvazione silenziosa, se è vero che il 79 per cento dei francesi, secondo il sondaggio pubblicato oggi dal settimanale cattolico Pelerin, pensa che sia inaccettabile ridicolizzare pubblicamente una religione, e che il 78 per cento eviterebbe parodie su Gesù, Maometto o Buddha. L’altro fronte è molto compatto. Ieri Libération – che si è dichiarato nell’editoriale di Laurent Joffrin completamente solidale con Charlie Hebdo,“avete tra le mani il primo numero di un nuovo giornale: Charlibération” – ha dedicato le prime sette pagine interamente all’apertura del processo. “Non sono le parole a ferire – scrive Joffrin – o le vignette a uccidere. Sono le bombe”. Libération ricorda come la campagna di protesta dei musulmani, che scatenò manifestazioni e focolai di rivolta in tutto il mondo, dalla Siria all’Indonesia, e che oggi costringe i disegnatori a vivere sotto protezione in clandestinità, non fu affatto spontanea. Una delegazione di islamisti danesi girò per le capitali del mondo arabo – arrivando a mostrare vignette orrendamente blasfeme che il Jyllands Posten non aveva pubblicato – per preparare la protesta, accordarsi con i più influenti predicatori televisivi e soffiare sul fuoco del risentimento islamico. Tariq Ramadan irriso in una vignetta Libération non manca di intervistare Tariq Ramadan – irriso in una vignetta che lo definisce “l’anello mancante che non manca a nessuno” – il professore svizzero che si è specializzato nel ruolo di voce educata della minoranza per nulla silenziosa degli islamici in Europa. Ma accanto ospita un articolo critico di una giornalista di Charlie Hebdo, che accusa Ramadan di “non aver mai bisogno di chiedere la censura per ottenerla. Proprio come fa con il velo. Lui preferisce parlare di pudore, tatto, ‘delicatesse’”. Libé commenta anche il sondaggio di Pelerin. E’ evidente, scrive, che si apre una fenditura all’interno della sinistra francese e dei suoi elettori tra i difensori del laicismo, che pure non sono pochi, e gli antirazzisti, inorriditi al pensiero che l’eventuale loro difesa delle vignette possa essere interpretata come ostile agli immigrati islamici. Dal suo nascondiglio segreto, Fleming Rose, il direttore del quotidiano danese che per primo pubblicò le vignette, commenta così l’apertura del processo: “Non riesco a immaginare che cosa accadrà se i giornalisti dovessero perdere il processo, non soltanto in Francia, ma anche in Danimarca e in tutta Europa. Ci porterebbe indietro nel tempo di epoche intere”.
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