Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Il problema sono gli Stati Uniti: parola di ambasciatore iraniano un'intervista acritica di Lorenzo Cremonesi
Testata: Corriere della Sera Data: 07 febbraio 2007 Pagina: 15 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «L'ambasciatore: «Preso dagli Usa, abbiamo le prove»»
Lorenzo Cremonesi conduce acriticamente sul CORRIERE della SERA del 7 febbraio 2007 un'intervista all'ambasciatore iraniano in Iraq, che lancia le sue accuse contro gli Stati Uniti:
BAGDAD — L'incontro con l'ambasciatore iraniano in Iraq, Hassan Kazimi Qomi, avviene proprio mentre si diffonde la notizia del sequestro domenica del secondo segretario della sua ambasciata. Lui non ha dubbi. «I rapitori hanno agito al comando degli americani», accusa. E Qomi non lesina le critiche a George Bush: «Il peggior presidente americano. Nell'arco di soli due mandati ha provocato più danni al suo Paese che non l'ex Unione Sovietica durante il quarantennio della Guerra Fredda». Nell' ora e mezzo dell'intervista nel palazzo dell' Ambasciata, circondato da fili spinati e sacchetti di sabbia, almeno cinque colpi di mortaio fanno tremare i vetri. «E' il fallimento del piano di pacificazione americano. Dovrebbero ritirarsi e lasciar fare alle nuove forze di sicurezza irachene. Anche l'Iran ha un ruolo importante. E l'Europa rappresenta un partner centrale per la ricostruzione dell'Iraq», ripete più volte. Ambasciatore, che prove ha per accusare gli Stati Uniti del rapimento del suo diplomatico? «Jalal Sharafi, il nostro secondo segretario, è stato sequestrato nell'area di Arassat, nel centro di Bagdad, da un gruppo composto da una trentina di uomini armati. Avevano provato a prendere altri nostri diplomatici. Ma alla fine hanno portato via solo Sharafi. La polizia irachena poco dopo ha arrestato quattro componenti del gruppo. Ci è stato detto che sono uomini legati agli americani. Erano in uniforme, viaggiavano su veicoli americani». Può essere più preciso? «Sappiamo bene che ci sono interi reparti iracheni che dipendono totalmente dai comandi Usa». Quanti sono in tutto gli iraniani che secondo lei sarebbero stati rapiti dagli americani in Iraq? «Cinque diplomatici sono stati presi nel raid di Erbil in gennaio. Un altro adesso. In tutto sei. Poi c'è una trentina di nostri concittadini del tutto innocenti che sono stati arrestati perché trovati senza visto. Si tratta di persone arrivate in Iraq subito dopo la guerra del 2003, quando le autorità irachene erano svanite e non c'era controllo dei passaporti». Come legge la politica americana? «C'è una svolta. Ora gli americani puntano ad accusare l'Iran per coprire i loro clamorosi fallimenti in Iraq. Siamo diventati il loro capro espiatorio. Ma intanto continuano a sbagliare. Dovrebbero ritirarsi e invece inviano nuove truppe. Dovrebbero concentrarsi sulla ricostruzione del Paese e invece puntano soltanto sulla carta militare. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: violenza, caos e terrorismo sono in crescita». E il nuovo piano Usa per la sicurezza in Iraq? «Dovrebbero lasciare fare alle nuove forze di sicurezza irachene. Purtroppo insistono con la logica dell'occupazione. Non si rendono conto che è proprio la presenza delle loro truppe la causa prima della violenza? E' come in Afghanistan. Dove ci sono le forze di occupazione cresce anche il terrorismo». L'Iran è accusato di armare, addestrare e sostenere le milizie sciite. «Falso. Non c'è alcuna prova. Bush prima di muovere certe accuse contro l'Iran dovrebbe documentarle al governo iracheno e all'opinione pubblica mondiale. Ma non ha nulla in mano. Gli Stati Uniti vogliono mantenere il controllo totale sull'Iraq, compresa la sua politica estera. Bush non capisce che noi abbiamo un ruolo storico nella regione. L'Iran e gli altri Paesi limitrofi potrebbero dare un contributo fondamentale per porre fine alla violenza. Ma Washington si oppone e in questo modo trasforma l'Iraq nel campo di battaglia contro di noi. A farne le spese è soprattutto la popolazione irachena». Eppure siete visti come i sostenitori dell' estremista sciita Moqtada Al Sadr, addirittura come la causa prima della guerra civile tra sciiti e sunniti in tutto il Medio Oriente, compreso il Libano. «Chi avanza queste ipotesi è un ignorante che non conosce nulla della regione. Non abbiamo alcun interesse nel fomentare lo scontro interno al mondo musulmano. Tutt'altro. Vogliamo contribuire alla pacificazione. E Moqtada Al Sadr è il leader di un legittimo movimento politico iracheno fondato da suo padre negli anni '90 e che oggi ha una trentina di deputati e 6 ministri nel governo». C'è un ruolo per l'Italia in Iraq a pochi mesi dal ritiro delle sue truppe dalla regione sciita di Nassiriya? «Guardiamo con grande interesse alla nuova politica estera italiana nella regione. Il ritiro delle truppe dimostra realismo e concretezza. Un esempio per gli altri Paesi. E il nuovo contingente italiano in Libano agisce nell'ambito dell'Onu, con una funzione e un mandato assolutamente diversi da quelli che aveva in Iraq. A questo punto l'Italia potrebbe contribuire a spingere l'Europa a partecipare alla ricostruzione dell'Iraq. Questo è un Paese disastrato, necessita di tutto. E le nazioni dell'area Ue hanno un grande ruolo da giocare».
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