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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.02.2007 L'Arabia saudita continua a mediare tra Hamas e Fatah
la cronaca di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 febbraio 2007
Pagina: 14
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Hamas-Fatah, vertice a oltranza «Alla Mecca per l'unità nazionale»»
Dal CORRIERE della SERA del 7 febbraio 2007:


Le finestre nel Palazzo degli Ospi­ti guardano verso la Kaaba. Il re saudita Abdullah spera che la visione del «Cubo» sacro ai musulmani e l'atmosfe­ra della Mecca spingano i palestinesi a trovare un accor­do. «Voglio che i nostri fratelli non lascino la terra bene­detta senza un impegno davanti a Dio per fermare le vio­lenze».

 

 Gli ospiti possono restare quanto vogliono. Il vertice voluto dal sovrano non ha una data di scadenza. Il presi­dente Abu Mazen e Khaled Meshal, leader di Hamas che vive in Siria, sono arrivati ieri a Gedda e hanno incontra­to Abdullah. I negoziati alla Mecca cominciano oggi e coinvolgono anche il premier Ismail Haniyeh. Che ha lasciato il valico di Rafah, a sud della Striscia di Gaza, ac­compagnato da quella violenza che l'Arabia Saudita vuo­le veder cessare. Mentre aspettava nella sala Vip del po­sto di frontiera, miliziani di Hamas e del Fatah si davano battaglia a pochi metri di distanza, come negli ultimi die­ci giorni hanno fatto per le strade di Gaza: 60 morti e 400 feriti.

 

 Le delegazioni cercheran­no di non imbarazzare il so­vrano e arrivano con la pro­messa di «fare qualunque sforzo per ritrovare l'unità. Nessuno vuole che gli scon­tri continuino, a beneficiar­ne è solo Israele», ha com­mentato Haniyeh prima di partire. «Un fallimento vor­rebbe dire infiammare la guerra civile — ha detto Abu Mazen al giornale libanese Al Akhbar —. La parola "falli­mento" è proibita». Se non ci fosse l'accordo, il raìs della Mukata è pronto ad andare avanti con le elezioni antici­pate, parlamentari e presi­denziali. Un piano che Ha­mas considera un colpo di Stato.

 

 L'intesa sui nomi e le pol­trone ci sarebbe già. Ha­niyeh rimarrebbe alla guida del governo, Salem Fayyad (che ha lavorato al Fondo Monetario Intemazionale) andrebbe alle Finanze, Ziad Abu Amar agli Esteri. Per il ministero degli Interni, considerato il più importante per il controllo sulle forze di sicurezza, il presidente potrà scegliere in una lista di candidati indipendenti, pre­sentata da Hamas. L'organizzazione sarebbe anche pronta ad accettare gli accor­di firmati in passato con Isra­ele e fonti palestinesi sono convinte che l'embargo euro­peo verrebbe tolto.

 

 Abu Mazen si è portato dietro Mohammed Dahlan, l'uomo forte del Fatah a Gaza, anche se i fondamentali­sti avevano chiesto ai sauditi di non farlo partecipare. «È il Fatah a decidere i suoi rappresentanti», hanno rispo­sto da Riad. La paura è che la rivalità e gli odii personali facciano saltare le trattative: nei giorni scorsi, uno dei nipoti di Dahlan è stato rapito a Gaza. «Abu Mazen e Me­shal vogliono il successo — commenta Avi Issacharoff sul quotidiano israeliano Haaretz —. Meshal punta a ritornare sotto l'ala dell'Arabia Saudita, la nazione che Ha­mas considera più importante per i sunniti. Non vuole es­sere percepito come parte del minaccioso "asse sciita"».

 

 Anche il premier israeliano Ehud Olmert sembra pen­sare che dal vertice uscirà una soluzione. Ha annunciato un incontro a tre con Abu Mazen e Condoleezza Rice, segretario di Stato americano, per il 19 febbraio a Gerusa­lemme.

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