Continua il dibattito sul libro di Ian Buruma (sarà pubblicato in italiano da Einaudi prossimamente) con un articolo di Stefano Montefiori sul CORRIERE della SERA di oggi 03/02/2007 a pag. 39. All'Europa che dorme dà fastidio chi gli occhi li tiene aperti.
A l motto di «Più Pascal, meno Pascal Bruckner», la discussione su Islam e Occidente prende all'improvviso toni violenti, pensatori anglosassoni e latini tornano a lanciarsi accuse da vecchia Europa — «sovrano ribelle della Rive Gauche», «filosofo pantofolaio», «macho fuori moda», «ubriaco», «francofobo anglosassone» —, e il pacato interrogarsi sulla crisi di un modello di integrazione — quello olandese — viene travolto da una disfida (non sempre) cavalleresca accesa dalle grazie non solo intellettuali di una donna: la controversa, e affascinante, Ayaan Hirsi Ali.
È ancora lecito criticare la sceneggiatrice del film Submission di Theo van Gogh? È bastato che Ian Buruma nel suo saggio-reportage
Murder in Amsterdam bilanciasse una ripetuta ammirazione con qualche presa di distanze, per provocare una serie di repliche e contro- repliche internazionali sempre più virulente; culminate due giorni fa, sulla rivista online tedesca Signandsight.com, in un articolo dell'inglese Timothy Garton Ash che taccia di «grottesco» e «stalinista» il rivale francese Pascal Bruckner, difensore appassionato — fino all'insulto per gli avversari — del laicismo della Hirsi Ali.
Nel libro Murder in Amsterdam, lo storico olandese Ian Buruma, oggi cittadino di New York, torna nei luoghi della sua infanzia per un'inchiesta sull'omicidio di Theo van Gogh e la crisi del modello multiculturale un tempo orgoglio dei Paesi Bassi. Buruma si dispiace del fatto che Ayaan Hirsi Ali, la deputata di origine somala amica di van Gogh, sia stata costretta ad abbandonare l'Olanda per le minacce degli islamici: «Il mio Paese è più piccolo senza di lei». Però Buruma osa anche mostrare il suo disaccordo su alcuni punti: reagire al jihadismo con il rifiuto assoluto dell'Islam è sbagliato, sradicare la religione (in particolare quella musulmana) dalla società occidentale è una pretesa irragionevole, appiattire le diverse tradizioni di un miliardo di musulmani in una minaccia monolitica, come fa la Hirsi Ali, semplicistico.
Sulla New York Review of Books, nell'ottobre scorso, l'intellettuale del New Labour Timothy Garton Ash gli fa eco: ammira «coraggio, sincerità e chiarezza» della Hirsi Ali, ma il suo radicale rigetto della religione e dell'Islam la fa passare da un estremo all'altro. Per lei, Garton Ash inventa una formula efficace: «Fondamentalista dell'Illuminismo». E non trattiene qualche apprezzamento extrafilosofico sulla bella trentottenne: «Alta, attraente, esotica, per i giornalisti è irresistibile. Ha vinto molti premi, tra i quali l'"Eroe del Mese" della rivista femminile Glamour. Non le manchiamo di rispetto se notiamo che, fosse stata bassa, brutta e strabica, la sua vicenda e i suoi punti di vista avrebbero ricevuto minore attenzione».
Il primo a reagire, autorevolmente, è Mario Vargas Llosa, sul País. Lo scrittore peruviano loda il libro di Buruma, «reportage opera d'arte», ma se la prende con l'espressione «fondamentalista dell'Illuminismo». Vargas Llosa, sbagliando, la attribuisce a Buruma, quando invece è usata solo da Garton Ash. Comunque: «Se la cultura della libertà riuscirà a resistere all'assalto del fanatismo religioso, lo dovremo proprio ai nuovi cittadini dell'Occidente, gente come Ayaan Hirsi Ali, che per aver sofferto sulla propria pelle gli orrori dell'oscurantismo religioso sa apprezzare e difendere i valori dell'Europa».
Qualche giorno fa, in modo ben più aggressivo, è l'ex nouveau philosophe francese Pascal Bruckner, strenuo difensore dei valori dell'Occidente, a prendere le parti di Ayaan Hirsi Ali contro Ian Buruma e Timothy Garton Ash. Su Signandsight.com, Bruckner scrive che «non solo Hirsi Ali deve vivere come una reclusa, sotto la perenne minaccia di avere la gola tagliata da un islamico, ma deve anche sopportare il ridicolo degli idealisti dai nobili principi e dei filosofi in pantofole». Quanto alle osservazioni sulla sua figura mediatica, «niente ci viene risparmiato da Garton Ash, neppure un machismo fuori moda. A suo parere, sono la bellezza e l'essere glamour di Hirsi Ali ad averne decretato il successo, non la sensatezza di ciò che dice».
Bruckner ne approfitta per regolare i conti con il multiculturalismo: «È il razzismo degli antirazzisti, incatena le persone alle loro radici. Nel nome della coesione sociale, siamo invitati ad applaudire l'intolleranza dei radicali musulmani per le nostre leggi, ad apprezzare la coesistenza di piccole società ermetiche che seguono ognuna norme differenti». E ancora: «Che cosa era l'apartheid in Sudafrica, se non il rispetto delle diversità spinto al punto da negare i contatti tra le comunità?».
Il livello dello scontro si alza. Su questo giornale, Ian Buruma mercoledì scorso si è difeso ribadendo il suo sostegno ad Ayaan Hirsi Ali, spiegando le sue critiche e cercando di sfuggire all'automatismo che rende «un rinnegato dell'Europa» chiunque tenti di riflettere e di distinguere. Non mancano le frecciate: «In un tipico accesso di sciovinismo gallico, Bruckner vanta la superiorità del modello francese. C'è qualcosa di deliziosamente antiquato in questo fremito di orgoglio nazionale». E ancora: «Io e Garton Ash filosofi pantofolai? Bruckner, il sovrano ribelle della Rive Gauche, non si è mai allontanato troppo da Parigi».
Poi, il nuovo intervento di Timothy Garton Ash: «Pascal Bruckner è l'equivalente intellettuale di un ubriaco che barcolla per la strada e si mette a gridare contro nemici immaginari». «Parla in nome dell'Illuminismo, ma ne tradisce lo spirito essenziale. Oso dissentire — in modo cortese, puntuale e offrendo lucidi argomenti — con una donna di origine somala, e per questo Bruckner non esita a dedurne che sono razzista e sessista. Voltaire avrebbe vergogna di lui». Secondo Garton Ash, «né la versione estrema del multiculturalismo praticato in Olanda e giustamente criticato da Ayaan Hirsi Ali, né il rigido monoculturalismo repubblicano secolare auspicato da Bruckner (in parte osservato in Francia) sono riusciti a fare sentire a casa loro in Europa gli immigrati musulmani e i loro discendenti». Per fare in modo che questo avvenga, occorre combinare pragmaticamente alcuni elementi dei due approcci. Garton Ash poi torna a parlare del vecchio valore della tolleranza: «Dobbiamo difendere con volontà d'acciaio la libertà di espressione, ma anche tollerare le diversità culturali, e riconoscere che chi segue una religione può essere anche una persona ragionevole e un buon cittadino». Quindi, «in breve, meno Pascal Bruckner, più Pascal: "Tutti sbagliano in forma tanto più pericolosa in quanto seguono ciascuno una sua verità: il loro errore non consiste nel seguire una falsità, ma nel rifiutare una verità diversa"».
Necla Kelek, sociologa tedesca di origine turca, nel 2005 ha suscitato grandi polemiche in Germania perché nel libro Die fremde Braut («La fidanzata importata») denunciava la prassi dei matrimoni forzati nella comunità turca; ora ha annunciato di volere intervenire nel dibattito su Hirsi Ali, multi e monoculturalismo. Dopo le esibizioni muscolari di Buruma, Garton Ash, Vargas Llosa e Bruckner, a una donna la prossima mossa.
Segue un pezzo di Antonio Carioti su Theo van Gogh e Ayaan Hirsi Ali:
All'improvviso la culla della tolleranza e dell'apertura ai diversi scopriva di aver covato in seno una serpe velenosa, il terrorismo islamico. L'assassinio feroce del regista Theo van Gogh, sgozzato ad Amsterdam dal fanatico jihadista marocchino Mohammed Bouyen il 2 novembre 2004, è stato per l'Olanda un trauma brutale.
Il controverso cineasta, nato nel 1957 e discendente del grande pittore Vincent van Gogh, si era caratterizzato per i suoi atteggiamenti polemici verso l'establishment dei Paesi Bassi. Poi aveva realizzato un cortometraggio, intitolato Submission, sulla condizione delle donne nel mondo islamico, ritenuto particolarmente offensivo dai credenti musulmani. Il film, sceneggiato da una deputata di origine somala, Ayaan Hirsi Ali, che aveva vissuto direttamente l'esperienza della segregazione femminile sotto l'Islam, mostrava una donna nuda con tatuati sulla pelle alcuni versetti del Corano. Un'immagine ritenuta oltraggiosa da alcuni esponenti musulmani, che avevano pronunciato contro gli autori una sentenza di morte.
Dopo il delitto, la Hirsi Ali venne messa sotto scorta per evitare che finisse come van Gogh, ma proprio i provvedimenti restrittivi assunti dal governo verso gli immigrati finirono per crearle dei guai, poiché emerse che aveva ottenuto la cittadinanza olandese con una dichiarazione falsa. Si dimise da deputata e oggi vive negli Stati Uniti.
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