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La Stampa Rassegna Stampa
30.01.2007 Apologia dei mullah atomici
minacciati dall'imperialismo americano: un articolo di Farian Sabahi

Testata: La Stampa
Data: 30 gennaio 2007
Pagina: 43
Autore: Farian Sabahi
Titolo: «L'ìoro nero maledizione di Teheran»
E' solo per risolvere i suoi problemi energetici che la Repubblica islamica vuole l'energia nucleare.
La volontà proclamata di distruggere Israele, e la corsa all'atomica, non c'entrano nulla.
E la volontà americana di bloccare i piani atomici di Teheran risponde alla volontà  di rovesciare, generando una crisi economica, il regime degli ayatollah.
Insomma, quale minaccia iraniana, quale Ahmadinejad: il vero problema del Medio Oriente è l'imperialismo americano.

Farian Sabahi pubblica sulla STAMPA del 30 gennaio 2007 la sua consueta apologia del regime e delle buone intenzioni di Ahmadinejad, in nome di una lettura ideologica della realtà internazionale che starebbe bene sulle pagine del MANIFESTO o di LIBERAZIONE.

Ecco il testo: 

Non sarà un attacco aereo israeliano a mettere fine alla Repubblica islamica. E nemmeno le sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu potranno scalzare gli ayatollah. La storia dell’Iran insegna che queste azioni non fanno che unire l’opinione pubblica attorno al regime. Il tallone d'Achille dell'Iran è, paradossalmente, l'oro nero. Vanta il 10% delle riserve mondiali accertate, seconde soltanto a quelle dell'Arabia Saudita. Ma per Ahmadinejad il greggio si sta rivelando una maledizione: il prolungato embargo statunitense, l’economia centralizzata e l’ostilità degli ayatollah agli investimenti stranieri hanno impedito all'Iran di dotarsi della tecnologia per sfruttare i giacimenti e costruire raffinerie.
Di conseguenza, la Repubblica islamica è costretta a importare il 40 per cento della benzina necessaria sul mercato interno. La debolezza del regime iraniano sta nel fatto che la benzina è importata ai prezzi in vigore sul mercato internazionale, ma è venduta sottocosto. Al distributore un litro di benzina costa l'equivalente di 8 centesimi di euro, una cifra irrisoria che causa un incremento annuo della domanda dell'11-12 per cento. Si tratta di sussidi, applicati dal sistema islamico di Welfare non solo sul carburante ma anche sulle utilities (elettricità, telefono, acqua, gas a uso domestico) e su molti generi alimentari.
Consumi interni in continua crescita

Ogni giorno, in Iran sono estratti 4,1 milioni di barili di petrolio. Di questi, 2,5 milioni sono esportati e il resto utilizzato internamente. È quindi ovvio che, a fronte di questi consumi rilevanti e in crescita del 6,4 per cento dal 1980, il governo di Ahmadinejad reclami l'esigenza del nucleare a scopi civili: obiettivo è evitare di bruciare petrolio per produrre elettricità. L'atomica, a fini militari, potrebbe essere un deterrente in una regione turbolenta. Ma Teheran non ha interesse ad attaccare lo Stato ebraico perché scatenerebbe su di sé l'arsenale israeliano e statunitense. E non solo. Sarebbe come schiacciare il bottone dell'autodistruzione.
Il nucleare civile è invece un'esigenza, anche tenendo conto delle enormi riserve di gas, pari al 15 per cento del pianeta. Proprio per risparmiare petrolio, per generare elettricità ogni anno l'Iran brucia una quantità di gas equivalente all'output di quattro reattori come quelli della centrale di Bushir. Gli ayatollah hanno una necessità immediata di fonti alternative di energia.
Una bomba a orologeria

Gli Stati Uniti lo sanno e il loro vero obiettivo è mettere in ginocchio il regime di Teheran, vulnerabile sul fronte energetico soprattutto nel momento in cui le esportazioni di petrolio dovessero diminuire. Ipotesi non campata per aria, giacché alcuni analisti ne stimano entro il 2011 un drastico calo e l'azzeramento nel 2014-2015.
Le esportazioni di energia sono però la principale fonte di reddito per il regime iraniano che nel 2004 ha ottenuto dal petrolio il 63 per cento dei propri introiti. L'azzeramento delle esportazioni manderebbe in tilt il governo islamico impedendo, in un sistema dove buona parte dell'economia è gestita dallo Stato, di pagare gli stipendi ai tantissimi dipendenti pubblici. E renderebbe impossibile vendere sottocosto la benzina. In assenza di una politica economica radicalmente diversa, il declino della mullacrazia è segnato. Ostacolando il programma nucleare civile dell'Iran, Washington è consapevole di innescare una bomba a orologeria per far saltare in aria il regime degli ayatollah. Perché il petrolio è, paradossalmente, in Iran come altrove, al tempo stesso ricchezza e maledizione.

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