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La Repubblica Rassegna Stampa
30.01.2007 "Esisterà ancora Israele nel 2057?".
la domanda del non equidistante gesuita Giovanni Rulli

Testata: La Repubblica
Data: 30 gennaio 2007
Pagina: 14
Autore: Marco Politi
Titolo: «"Nel 2057 Israele non ci sarà più" la provocazione dello studioso gesuita»
Da La REPUBBLICA del 29 gennaio 2007, un articolo sulla domanda del gesuita Giovanni Rulli : "Esisterà ancora Israele nel 2057?".
Per una critica a Rulli, alle sue amnesie sull'avanzata demografica islamica in Europa e alle sue distorsioni sulle cause della fuga dei cristiani arabi, rimandiamo all'articolo di Angelo Pezzana pubblicato da LIBERO del 30 gennaio 2007, visibile su Informazione Corretta a questo link )

Ecco il testo:

ROMA - «Esisterà ancora Israele nel 2057?». L´interrogativo - che riecheggia il celebre libro scritto da Andrei Amalrik ai tempi dell´Urss: «Sopravviverà l´Unione sovietica fino al 1984?» - non è di qualche spirito libero in vena di facezie, ma è stato lanciato dal gesuita Giovanni Rulli, serio studioso di politica internazionale per la rivista Civiltà Cattolica. Padre Rulli, che tra le molte sue opere ha scritto un ponderoso volume sullo stato di Israele, ha spiegato che la domanda circola da un po´ di tempo in alcuni ambienti diplomatici e trova un suo fondamento nella realtà ineluttabile della demografia. «Mi chiedo - argomenta proprio nel giorno in cui si commemora la Shoah - se tra cinquant´anni esisterà ancora Israele, visti i tassi demografici delle popolazioni arabe e considerato che gli Stati Uniti, in una prospettiva futura, potrebbero diminuire la loro attenzione verso quell´area del mondo e, di conseguenza, limitare anche l´appoggio ad Israele».
Il gesuita, per gusto del paradosso, mostra di giocare un po´ con la cabala. Di cinquant´anni in cinquant´anni sono successi eventi fondamentali: «Nel 1897 Theodore Herzl, il padre del sionismo, preconizzava l´idea di un luogo dove potessero vivere gli ebrei. Nel 1917, ai tempi del protettorato inglese, si cominciò a parlare di stato. Quarant´anni dopo, nel 1947, alle Nazioni Unite si votò per la costituzione di uno stato e l´anno dopo Ben Gurion proclamava la sua nascita». Tornando all´oggi Rulli spiega di temere soprattutto la "bomba demografica". Se oggi i musulmani sono un miliardo, è lecito domandarsi tra cinquant´anni quanti saranno, tenendo presente i loro tassi di crescita. Quanto agli americani, proprio i loro interessi nell´area mediorientale potrebbero cambiare in seguito ai mutamenti demografici. O almeno la loro percezione. Con effetti negativi per Israele.
L´intervento dell´esperto gesuita è caduto durante la presentazione del libro di Elisa Pinna "Tramonto del cristianesimo in Terra Santa", un serio e appassionante reportage sul calo crescente dei cristiani palestinesi, sfiduciati dal conflitto permanente e stretti nella condizione di essere - tra musulmani e israeliani - la «minoranza della minoranza». Sia l´una che l´altra preoccupazione (esistenza di Israele, permanenza dei cristiani in Medio Oriente) sono d´altronde all´origine delle pressioni continue della Santa Sede perché i governi israeliani chiudano il conflitto con i palestinesi, restituendo le terre secondo i confini del 1967 nonché la parte araba di Gerusalemme, e al tempo stesso gli arabi garantiscano definitivamente la sicurezza dello stato ebraico. Benedetto XVI ha rivolto ieri all´Angelus un accorato appello affinché nel Libano cessino gli «scontri fratricidi» e a Gaza tacciano le armi. Papa Ratzinger ha insistito anche su un dialogo con Islam ed ebraismo, sviluppato sulla base della ragione. Il pontefice ha indicato come esempio la «lungimirante saggezza» di san Tommaso d´Aquino che «riuscì a instaurare un confronto fruttuoso con il pensiero arabo ed ebraico del suo tempo, sì da essere considerato un maestro sempre attuale di dialogo con altre culture e religioni».

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