La crisi libanese, gli aiuti promessi a Siniora, i contatti tra Iran e Arabia Saudita tra "diplomazia e avvertimenti"
Testata: Il Foglio Data: 26 gennaio 2007 Pagina: 2 Autore: la redazione Titolo: «Coprifuoco a Beirut»
Dal FOGLIO del 26 gennaio 2007:
Beirut. Davanti all’Università araba di Beirut ieri ci sono stati scontri tra sostenitori del governo di Fouad Siniora e militanti dell’opposizione filosiriana vicina a Hezbollah, che hanno causato almeno cinque vittime. Poi le risse si sono estese alle vie vicine, alcuni soldati libanesi sono stati attaccati da cecchini, le auto bruciavano, i feriti aumentavano, sono stati a fine giornata almeno una cinquantina. E’ durata soltanto un giorno la cosiddetta tregua raggiunta dopo il grande sciopero di martedì scorso organizzato dal Partito di Dio – con i sindacati e alcune frange cristiane – in cui c’erano stati almeno cinque morti. Il caos è tornato a Beirut, l’esercito ha decretato il coprifuoco per tutta la notte scorsa mentre da al Manar, tv sciita vicina a Hezbollah, risuonavano le accuse al governo, “colpevole della provocazione”. Un ministro del Partito di Dio ha detto che o si fa un governo d’unità nazionale o si andrà a elezioni anticipate: il governo di Siniora deve cadere. Saad Hariri, figlio dell’ex premier Rafiq ucciso nel febbraio del 2005 e leader politico del movimento legato alla rivoluzione che seguì quell’omicidio, ha invocato calma e autocontrollo, la violenza “è un modo di sabotare la Conferenza dei donatori per il Libano in corso a Parigi”, ha detto. Secondo molti, anche lo sciopero di martedì era stato studiato proprio per questo: boicottare Parigi. Il premier Siniora, infatti, è sostenuto dalla comunità internazionale e ieri ha ottenuto dai paesi donatori in tutto 7, 6 miliardi di dollari per la ricostruzione del paese. L’Italia ha stanziato 120 milioni di euro (più 30 di aiuti d’emergenza), la Francia 500 milioni, l’Unione europea 400 e gli Stati Uniti 600. Il paese più generoso – con 800 milioni di dollari di aiuti – è stata l’Arabia Saudita. A Parigi molti sostengono che il governo libanese potrà vincere contro i radicali sciiti soltanto con l’appoggio di Riad. Saud al Faisal, ministro degli Esteri di Riad, ha indicato “l’interferenza straniera” a Beirut come la causa principale delle violenze nel paese dei cedri. Faceva riferimento all’Iran e al suo sostegono al Partito di Dio, tanto che in un’intervista al Figaro ha detto in modo molto pacato di non escludere un attacco a Teheran. Pochi minuti dopo la dichiarazione del ministro, sul sito internet di Hezbollah, è apparso un messaggio di condanna: “Anche la Conferenza di Parigi è un’interferenza di Francia e Stati Uniti”. Gli avvertimenti tra Teheran e Riad continuano frammistati con iniziative diplomatiche. Ali Larijani, caponegoziatore iraniano sulla questione nucleare e leader del Consiglio supremo della sicurezza nazionale, è stato prima a Damasco e poi a Riad. In tre settimane Larijani ha incontrato il re saudita Abdullah già due volte. Secondo il quotidiano saudita al Hayat, il grande ayatollah Ali Khamenei, guida spirituale della Repubblica islamica d’Iran, avrebbe cercato un compromesso con Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah, e il rais siriano Beshar el Assad per un governo di unità nazionale a Beirut in cambio di minori pressioni saudite per il Tribunale internazionale sull’assassinio dell’ex premier libanese Hariri. Assad ha rifiutato, il giorno dopo la visita del 22 gennaio di Larijani a Riad, Nasrallah ha scatenato i primi scontri a Beirut che ancora continuavano ieri, in concomitanza con i tre giorni di esercitazioni militari indetti dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. L’iraniano Larijani in Arabia Saudita Il quotidiano libanese Daily Star ha sottolineato gli sforzi di Khamenei per scongiurare uno scontro sunnita-sciita in Libano in quanto prenderebbe sul serio il monito degli Stati Uniti: un attacco al governo del premier Siniora sarà considerato un atto di guerra. “Nelle ultime settimane, nelle conferenze e nei seminari nella regione – dice al Foglio Abdullah Iskandar, editorialista di al Hayat – l’Iran è stato accusato di volere espandere lo sciismo fra i sunniti”. Il quotidiano iraniano E’temad-e Melli, vicino a Khamenei, ha promosso un dialogo tra Teheran e Riad: “La stabilità dell’Iran significa la stabilità dell’Arabia Saudita e garantire la sicurezza dell’Arabia Saudita vuol dire garantire quella dell’Iran”. Molti a Riad hanno interpretato queste parole come una minaccia, ma il re Abdullah ha accettato l’invito del grande ayatollah a Teheran, inviando Bandar bin Sultan, ex ambasciatore negli Stati Uniti e capo della Sicurezza nazionale. Il principe, che recentemente non si è risparmiato nelle minacce all’Iran, è già arrivato a Teheran. Ieri al Jazeera, ha mostrato le immagini dell’incontro tra Bandar e Larijani. Il quotidiano libanese prosiriano al Akhbar ha dichiarato che i due avrebbero raggiunto un accordo.
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