Occorre riconoscerlo. Le parole pronunziate oggi dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano hanno una straordinaria importanza, soprattutto perché pronunziate in un’occasione – la Giornata della Memoria – che sta diventando la sagra della ritualità. Al contrario, Napolitano ha parlato in modo assolutamente irrituale. No all’antisemitismo, ha detto, «anche quando si travesta da antisionismo». Ed ha spiegato perché: «Antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello stato ebraico, delle ragioni della sua nascita, ieri, e della sua sicurezza oggi, al di là dei governi che si alternano nella guida di Israele». Quindi, delegittimando esplicitamente l’antisionismo, Napolitano ha detto che se si vuole criticare questo o quel governo israeliano non si può farlo in nome dell’antisionismo. Viceversa chi fa professione di antisionismo nega la legittimità stessa dell’esistenza dello stato di Israele, dello “stato ebraico”, e quindi pratica dell’antisemitismo.
Parole ben diverse dalle solite logore litanie sulla Shoah come orrore profondo senza che si dica mai nulla dell’antisemitismo di oggi: si proclama la pietà per gli ebrei morti abbandonando alla loro sorte quelli vivi. Nella fattispecie abbandonandoli nelle mani di Ahmadinejad, ovvero dell’antisemitismo vivo e operante. La differenza tra il messaggio di Napolitano e quello di altre autorità istituzionali salta agli occhi.
Viene spontanea allora una considerazione. Stavamo per avere al posto di questo Presidente della Repubblica l’attuale Ministro degli Esteri, Massimo D’Alema. E allora diciamolo chiaro: ce la siamo scampati bella. Forse D’Alema non si sarebbe presentato alle manifestazioni per la Giornata della Memoria, parlando dell’ebraismo italiano come di una ristretta lobby di mestatori oppure non ne avrebbe lamentato l’incapacità di prendere le distanze da Israele e non si sarebbe messo a scrivere su un lato della lavagna i nomi degli ebrei buoni e quelli degli ebrei cattivi. Forse si sarebbe comportato in modo più istituzionale. Forse. Ma di certo un discorso di condanna e di delegittimazione dell’antisionismo come quello di oggi ce lo potevamo scordare.
Giorgio Israel