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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.01.2007 Alcune verità scomode sull'Abbé Pierre
la cronaca di Massimo Nava e un'intervista al giudice Carlo Mastelloni

Testata: Corriere della Sera
Data: 23 gennaio 2007
Pagina: 19
Autore: Massimo Nava - Maria Antonietta Calabrò
Titolo: «Abbé Pierre, il frate ribelle che scelse gli emarginati - «Quel giorno in Tribunale con lui Difese i terroristi rossi e l'Hyperion»»

Dal CORRIERE della SERA del 23 gennaio 2007:

PARIGI — Porterà il suo nome la legge sul diritto alla casa dei poveri, principio per cui l'Abbé Pierre ha speso tutta la vita. È l'omaggio del governo francese nel giorno della sua scomparsa, a 94 anni, all'ospedale Val de Grace di Parigi. La Francia intera è commossa e si prepara a rendergli omaggio a Notre Dame. Tanta partecipazione non deve sorprendere, perché il frate cappuccino — con la sua barba bianca, il bastone e il baschetto nero sulle ventitré — aveva fatto breccia anche nel cuore della Francia laica e permissiva, diventando uno stimolo permanente alla solidarietà, una sferzata d'indignazione e una voce capace di farsi sentire a qualsiasi livello. «La Francia perde una figura immensa», ha detto il presidente Chirac.
Era il personaggio più popolare, sempre in testa nei sondaggi, più dei campioni dello sport e naturalmente dei politici, ai quali chiedeva spesso, con drammatici appelli pubblici, di occuparsi delle ferite sociali più profonde e dimenticate: derelitti, clochard, emarginati, anime sconfitte e perdute negli anfratti di metropoli troppo indaffarate e troppo scintillanti per fermarsi un attimo e tendere una mano.
Henri Grouès (questo il suo vero nome), nato a Lione nel 1912, piaceva ai francesi anche perché ogni francese poteva in qualche modo riconoscersi nella sua testimonianza di giustizia e solidarietà e più ancora nella storia di una vita avventurosa, controversa, ribelle, provocatoria.
«L'Abbé Pierre è rock», ha detto Celentano. «Un mito vivente», come ha scritto Roland Barthes, un personaggio mediatico, perché ogni sua parola diventava l'«audience» della sofferenza e dell'ingiustizia.
Il fondatore della comunità Emmaus (che oggi conta 350 sezioni nel mondo, 11 in Italia) aveva fatto propri i principi della Rivoluzione, la compassione di Pascal, la rabbia giacobina, la Resistenza al Nazismo, lo spirito libertario che tanto impregna la società francese. Uno spirito che lo aveva portato a clamorose prese di posizione in favore del matrimonio dei sacerdoti, delle unioni omosessuali, del controllo delle nascite e ad ammettere di aver provato in gioventù la forza della passione sessuale. Uno spirito che lo aveva anche spinto a qualche discussa «solidarietà» con ambienti dell'estremismo di sinistra e con personaggi in qualche modo contigui agli «anni di Piombo». Secondo alcuni, sarebbe stato lui a convincere il presidente Mitterrand a dare protezione a numerosi fuoriusciti italiani coinvolti in inchieste giudiziarie. Fra questi, Michele D'Auria, ex militante di Prima Linea, diventato medico di Emmaus e poi radiato dall'Ordine dei Medici. Fra questi, Vanni Mulinaris, amico di Renato Curcio e sospettato di appartenere alle Br. Per lui, l'Abbé Pierre fece uno sciopero della fame.
Il nome del frate è comparso anche nella vicenda italiana più tragica, il sequestro Moro, quando fra i sospettati venne indicato Innocente Salvoni, marito di una nipote dell'Abbé Pierre, Françoise Tuscher, a sua volta segretaria della scuola di lingue parigina Hyperion. L'Hyperion, frequentata da intellettuali sospettati di legami con il terrorismo, (Corrado Simioni, Vanni Mulinaris, Duccio Berio) venne considerata come una cellula segreta in cui si sarebbe potuto nascondere (come disse Craxi) il «Grande vecchio» delle Br. Ma l'Abbé Pierre disse che la vicenda poteva essere paragonata all'affare Dreyfus.
Partecipò alla Resistenza («senza uccidere nessuno») e contribuì alla fuga di ebrei e perseguitati politici. Fu anche arrestato dalla Gestapo, ma l'amicizia con il filosofo Roger Garaudy — comunista convertito all'Islam, condannato per negazionismo e proposte antisemite — gli costò un' imbarazzante accusa di antisemitismo.
Il frate dei senza tetto è stato dunque un po' prete operaio e un po' guida spirituale, ma soprattutto uomo in carne ed ossa, che aveva scelto la povertà come San Francesco e conosciuto il peccato come Sant'Agostino. Comunque scomodo, tollerato dalle gerarchie ecclesiastiche e dai potenti, ma in fondo amato da tutti per la sua inesauribile capacità d'indignarsi. «Mi è capitato di cedere al desiderio sessuale. Ho sentito che il desiderio per essere pienamente soddisfatto ha bisogno di una relazione amorosa e fiduciosa. Non ho permesso che il desiderio prendesse radici», ha detto nel libro-confessione scritto con Frederic Lenoir, pubblicato in Italia da Garzanti. Più volte proposto per il premio Nobel, insignito del premio Balzan «per essersi interamente dedicato al soccorso dei sofferenti nello spirito e nel corpo», l'Abbé Pierre raccontò a IO Donna la storia della sua vocazione. Disse: «Sono stato marinaio, sono stato missionario e un po' brigante, come quelli che erano sospettati durante la Resistenza e come qualcuno di quelli cui diamo asilo oggi».
Poi ricordò il suo incontro con Einstein: «Gli chiesi un giudizio sulla bomba atomica. Mi disse che c'erano bombe ancora più pericolose, quella demografica e quella della comunicazione. Aveva ragione, perché la gente che soffre oggi comprende le ragioni della propria sofferenza».

Di seguito, un' intervista al giudice Carlo Mastelloni: 

ROMA — «Era molto esile, un corpo nervoso, avvolto in un manto marrone che non sembrava una vera e propria tonaca. Poco sacrale, ma molto autorevole, con degli occhi di bragia». Il giudice Carlo Mastelloni ricorda quando a metà anni '80 si presentò al Tribunale di Venezia l'Abbé Pierre.
Che cosa era venuto a fare?
«Era venuto dalla Francia per rendere dichiarazioni spontanee in favore del gruppo di italiani residenti a Parigi che ruotavano intorno alla scuola di lingue Hyperion. Avevo emesso contro di loro una serie di mandati di cattura per reati che avevano a che fare con il terrorismo rosso. Venne a dirmi che erano persone perseguitate da una centrale legata alla destra, che li aveva accolti in seno alla sua organizzazione, che al massimo avevano commesso errori di gioventù. Fece 8 giorni di sciopero della fame. Mi resi conto che l'Abate era una specie di referente dell'Hyperion anche perché sua nipote Françoise Tuscher, segretaria della scuola, era la moglie di uno dei ricercati, Innocente Salvoni».
La vicenda dell'Hyperion ha stretti legami con il caso Moro...
«La foto di Salvoni fu diffusa dal ministero dell'Interno il giorno del rapimento dello statista dc assieme a quella di altri 19 latitanti, sospettati di essere coinvolti nell'agguato di via Fani. Ma non venne più riproposta nelle settimane dopo. Sappiamo poi che durante il sequestro, l'Abbé si recò nella sede della Dc a piazza del Gesù per parlare con il segretario del partito, Zaccagnini. Ma non sappiamo se lo incontrò e cosa si dissero».
Lo vide più?
«Per caso, un'altra volta a Venezia: poco dopo Salvoni ottenne gli arresti domiciliari a Udine e divenne uccel di bosco. Si era dato da fare per tutti gli imputati della mia inchiesta anche a Parigi: in loro favore riuscì a mobilitare intellettuali del peso di Simone de Beauvoir che mi scrisse e la cui lettera è agli atti del processo».
In Francia, gli inquirenti cosa ne pensavano?
«Durante una rogatoria a Parigi siamo venuti a conoscenza del fatto che i Renseignements generaux, l'equivalente del nostro Sisde, avevano le prove che l'Abbé Pierre intratteneva rapporti in codice con l'Eta basca».
Eppure l'intervento dell'Abbé è stato determinante nella elaborazione della cosiddetta dottrina Mitterrand, l'accordo tra governo francese e i latitanti italiani che ha garantito loro decenni di impunità.
«Guardi, l'Abbé Pierre era un eroe della Resistenza, un uomo che aveva una visione superiore di come vanno le cose, aveva l'atteggiamento di chi, davanti agli occhi, vedeva lo scenario, il quadro completo. Insomma, era uno che ha vissuto una cronaca che si è fatta storia».

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