Oggi, 21 gennaio 2007, dopo le polemiche dei giorni scorsi sulla partecipazione di Massimo D'Alema ad un dibattito culturale presso la comunità ebraica romana, solo il CORRIERE della SERA riprende la notizia. Non vi aggiunge niente di nuovo, semmai la descrive con un finale da " tarallucci e vino ", come è lunga tradizione italiana. Lo riportiamo perchè è indicativo di come nel nostro paese si affrontano problemi seri, quale è il comportamento di un ministro degli esteri. Gli si gira intorno, la si butta sul personale, si accampano le spiegazioni più patetiche per giustificarne la mancata partecipazione, invece di analizzare quel che dice e fa, lasciando lui, D'Alema, al centro della discussione. Che invece non viene fatta, c'è chi lo attacca e chi lo difende, ma alla fine il risultato è che lui esce di scena, pur se da una porta di servizio, senza che debba rendere conto dei suoi comportamenti.
Ecco l'articolo a pag.2, di Paolo Conti, dal titolo " La comunità ebraica: visita annullata, Massimo sbaglia":
ROMA — La polemica politica tra la comunità ebraica romana e Massimo D'Alema, dopo la cancellazione dell'incontro fissato per martedì pomeriggio alla scuola «Vittorio Polacco» (il ministro ha fatto sapere che a quell'ora riceverà il suo collega iracheno Hoshiar al-Zebari) diventa anche un affare interno ai Ds.
Annuncia Viktor Majar, consigliere di area progressista della comunità ebraica, ex consigliere comunale indipendente Ds a Roma: «Trovo insopportabile essere iscritto a un partito il cui presidente non fa altro che infastidire gli ebrei italiani, non rinnoverò la tessera Ds». E aggiunge: «D'Alema sbaglia a non partecipare. Non bisogna sottrarsi al confronto. Il dialogo è un dovere anche nostro, della comunità ebraica, nei confronti di un ministro che non sempre dice cose che condividiamo».
D'Alema avrebbe dovuto partecipare con Pier Ferdinando Casini alla presentazione del libro di Luca Riccardi «Il problema Israele, diplomazia italiana e Pci di fronte allo Stato ebraico. 1948-1973». Al suo posto ci sarà Umberto Ranieri, Ds, presidente della commissione Esteri della Camera, come ha annunciato ieri Luca Zevi, assessore alla cultura della comunità ebraica. Per martedì era già stato convocato un sit-in di protesta contro D'Alema, annunciato con alcuni volantini nell'antico Ghetto. La polemica era contro le posizioni espresse dal ministro sul conflitto mediorientale (a proposito della posizione israeliana: «c'è la reattività di una lobby ristretta che impedisce una posizione serena») e sull'ebraismo progressista («c'è un mondo ebraico democratico che oggi vedo meno forte, meno protagonista, meno in grado di esprimersi nel dibattito»).
Accusa Majar: «D'Alema pretende posizioni politiche da un'istituzione, come la comunità ebraica, che politica non è. Da decenni incoraggiamo il dialogo per la soluzione del conflitto. Siamo stati i primi a difendere gli immigrati musulmani con gesti plateali, come la visita alla moschea romana diventata possibile anche grazie all'intelligenza del nostro interlocutore. Da D'Alema registriamo invece un continuo mettere all'indice un pezzo molto piccolo della società italiana, cioè noi ebrei. Quindi non dimostra nemmeno di comprendere le difficoltà di una minoranza come la nostra. Un ministro dovrebbe spiegare le ragioni di Israele alla Palestina e della Palestina a Israele, non parteggiare per uno dei due interlocutori». Ancora: «Io sono fuggito dalla Libia a dieci anni di età e a tredici già mi battevo per i diritti dei palestinesi. Non accetto quindi lezioni di pacifismo da nessuno. Perciò non sopporto chi, come D'Alema, spiega come si fa o non si fa pacifismo con l'aria del primo della classe».
Una contestazione a Majar arriva dall'area ebraica moderata. Riccardo Pacifici: «Mi spiace, ma Viktor sbaglia. Credo sia un errore di comunicazione confondere la polemica in un partito con il dibattito tra un ministro e la comunità ebraica. In che veste polemizza? Da iscritto Ds o da consigliere della comunità ebraica e di quella nazionale? Vorrei inviare un segnale chiaro: noi non siamo mai stati, e non saremo mai, strumento politico di nessuno».
Pacata la posizione di Lele Fiano, deputato dell'Ulivo («mi dispiace che l'incontro non si tenga e sono certo che l'agenda del ministro non lo permetteva») e di Luca Zevi («la maggioranza della comunità è favorevole a un confronto in futuro col ministro a viso aperto»).
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