CORRIERE della SERA del 20/01/2007, rubrica delle lettere. Sergio Romano risponde ad una mail di Sergio Della Pergola,una lettera molto asciutta che non inizia nemmeno con il "caro" rivolto a Romano e che in sostanza gli dà del disinformato . Romano invece risponde con una lisciata patetica che lascia divertiti ma non stupiti. Romano aveva evidentemente bisogno di rifarsi un po' di verginità, e l'ha fatto sprofondandosi in elogi degni di un grande adulatore. Non che Dalla Pergola non li meriti, ma fatti da Romano non possono avere altro significato. Di fronte alle lettere che arrivano al Corriere contro i pregiudizi e le falsità di Romano su Israele, cosa può esserci di meglio che una lisciata di pelo di tal fatta ? Furrrrrrbo, Romano, direbbe quel comico, e non avrebbe torto.
Ecco lettera e risposta:
Ho letto il suo commento sull’entità della comunità ebraica in Iran. Una stima più plausibile della popolazione ebraica rimasta in quel Paese è di circa 11-12.000 persone, dunque meno che in Turchia dove oggi vivono 18-20.000 ebrei.
Anche in altre occasioni ho notato suoi riferimenti alle comunità ebraiche nel mondo basati su dati poco aggiornati. Certo di farle cosa utile, le accludo la più recente valutazione critica della popolazione ebraica nel mondo, apparsa nel volume 106 dell’«American Jewish Year Book».
Sergio Della Pergola, sergioa@huji.ac.il
Caro Della Pergola,
grazie. I dati sulla comunità ebraica in Iran che ho citato nella mia risposta sono quelli più frequentemente indicati nella stampa internazionale.
Ma sono convinto che quelli da lei segnalati nel lungo saggio pubblicato dall’ultimo volume dell’«American Jewish Year Book» siano molto più accurati.
Per i lettori che non conoscono il suo nome e il suo lavoro, ricorderò che lei è nato in Italia 64 anni fa, ma vive in Israele dal 1966 ed è diventato uno dei maggiori esperti di demografia israeliana ed ebraica nel mondo. La sua cattedra all’Università ebraica di Gerusalemme, la Divisione di demografia e statistiche ebraiche (di cui lei è direttore) e l’Istituto A. Harman sull’ebraismo contemporaneo, che lei dirige, sono diventati in questi anni uno dei maggiori punti di riferimento accademici per chiunque si occupi di popolazione ebraica nel mondo, emigrazione e immigrazione, «legge del ritorno» e alterazioni demografiche nella composizione dello Stato israeliano. Non posso riprodurre il suo lungo articolo e non posso neppure illustrare il metodo con cui ha raccolto i suoi dati (certe statistiche nazionali sono poco attendibili, la definizione di «ebreo» può variare a seconda delle leggi o delle rilevazioni statistiche), ma darò al lettore alcune cifre che mi sono parse di particolare interesse.
Gli ebrei nel mondo, all’inizio del 2006, erano 13 milioni e 90 mila, con un aumento di 53.000 unità rispetto all’anno precedente. La popolazione ebraica dello Stato di Israele ammonta a circa 5 milioni e 300.000 persone ed è per la prima volta più elevata di quella degli Stati Uniti dove gli ebrei sono 5.275.000. Complessivamente, quindi, l’80 per cento dell’ebraismo mondiale vive in due Paesi, Israele e Stati Uniti.
Mentre gli ebrei in Israele aumentano, sia pure modestamente, quelli degli Stati Uniti rivelano una leggera flessione.
Malei, caro Della Pergola, osserva nel suo studio che i due gruppi non sono interamente omogenei perché la Legge del ritorno, in Israele, garantisce la cittadinanza anche ai figli non ebrei, ai nipoti e ai rispettivi consorti. Se questi criteri venissero applicati negli Stati Uniti, la comunità ebraica in quel Paese si aggirerebbe intorno ai dieci milioni.
Uno degli aspetti più interessanti delle sue ricerche è il confronto tra il tasso di accrescimento della popolazione ebraica nello Stato israeliano e quello molto più rapido della popolazione araba in Israele e nei territori occupati. Grazie alle sue rilevazioni, Ariel Sharon, di cui lei è stato autorevole consigliere negli scorsi anni, ha compreso che la situazione, di questo passo, avrebbe drasticamente cambiato gli equilibri demografici fra le due popolazioni.
È possibile sostenere quindi che lei ha avuto una parte determinante nel mutamento di linea di Sharon a partire dalla fine del 2002. Aggiungo che lei è anche autore di una interessante proposta. In una intervista al sociologo Paolo Sorbi pubblicata dall’Avvenire del 28 dicembre 2005, lei ha ricordato che fra le città di Netanya e Tel Aviv esiste un triangolo abitato da circa mezzo milione di arabi. Lei propone che questo triangolo venga ceduto al futuro Stato palestinese e scambiato con alcuni insediamenti ebraici vicini a Gerusalemme (Ma’ale Adumim, Gush Etzion e altri). Lo scambio ridurrebbe del 35 per cento la popolazione araba dello Stato d’Israele. Non so se questa interessante proposta basterebbe a risolvere il problema palestinese.
Ma è piacevole constatare che il buon senso di un demografo può aiutare i politici a uscire dalle situazioni che essi stessi hanno contribuito a creare.
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