Moqtada Al Sadr dà la colpa a Bush e la sua propaganda trova subito spazio
Testata: La Repubblica Data: 19 gennaio 2007 Pagina: 1 Autore: Renato Caprile Titolo: «"Finché ci sarà Bush in Iraq scorrerà il sangue"»
Con un'intervista di Renato Caprile la REPUBBLICA del 19 gennaio 2007offre un ampio spazio alla propaganda antiamericana e antioccidentale del leader fondamentalista sciita iracheno Moqtada Al Sadr. Perchè in Iraq ci sia la pace, sostiene Al Sadr, la condizione è il ritiro delle truppe americane.Se si comprende a quale tipo di pace aspira Al Sadr diviene anche subito chiaro il perché di questa richiesta.Al Sadr vuole l'instaurazione di un regime teocratico sciita, nemico dell'Occidente. Diffondendo acriticamente le accuse del capo dell'"Esercito del Mahdi" e non chiarendo la natura del suo progetto politico REPUBBLICA contribuisce alla sua propaganda. Alcune delle domande di Caprile sembrano rientrare in un gioco delle parti con Al Sadr, come se servissero ad offrire una sponda alla sua retorica: "Com´è che al Maliki, nel cui governo fino a poco tempo fa c´erano addirittura sei ministri della sua corrente, improvvisamente si è accorto che sono le milizie religiose, e soprattutto la sua, il vero problema da risolvere?" è la domanda d'esordio, che sembra sottointendere che le milizie religiose non siano affatto un problema; e poi:"Resta il fatto che contro la sua gente sta per scattare il pugno di ferro."come seAl Sadr comandasse, anziché un feroce esercito privato, una massa di gente pacifica e perseguitata.
Ecco il testo dell'intervista:
BAGDAD - Si sente braccato e si nasconde. Non dorme mai più di una notte nello stesso letto. Qualcuno dei suoi fedelissimi gli ha già voltato le spalle. Ha perfino trasferito la famiglia in un luogo segreto. Moqtada al Sadr sente che la fine è vicina. Troppi nemici, troppi infiltrati tra la sua gente. Eppure non ce l´ha con al Maliki che considera poco più di una marionetta, quanto con Yad Allawi, l´ex premier, su cui gli americani non avrebbero mai smesso di puntare. Sarebbe lui il vero regista dell´operazione che mira a cancellare dalla faccia dell´Iraq lui e il suo esercito del Mahdi. Com´è che al Maliki, nel cui governo fino a poco tempo fa c´erano addirittura sei ministri della sua corrente, improvvisamente si è accorto che sono le milizie religiose, e soprattutto la sua, il vero problema da risolvere? «Tra me e Abu Assara (il "padre di Assara", nome della figlia di Maliki, ndr) non c´è mai stato molto feeling. Ho sempre sospettato che fosse manovrato e non mi sono mai fidato di lui. Ci siamo incontrati in un paio di occasioni soltanto. Nell´ultima delle quali prima mi ha detto "siete la spina dorsale del paese", e poi mi ha confessato di essere "obbligato" a combatterci. Obbligato, capisce?». Resta il fatto che contro la sua gente sta per scattare il pugno di ferro. «Intanto è già scattato. Ieri notte hanno già arrestato oltre quattrocento dei miei. Non è noi che vogliono distruggere, ma l´islam. Noi siamo soltanto un ostacolo. Per ora non opporremo resistenza». Vuol dire che consegnerete le armi? «Durante il muharram, (il sacro mese in cui si commemora il martirio di Hussein, avvenuto oltre sei secoli fa, ndr) il Corano ci proibisce di uccidere. Che ci ammazzino pure, dunque. Per un vero credente non c´è momento migliore di questo per morire: il Paradiso è assicurato. Ma Dio è generoso: non moriremo tutti. Dopo il muharram ne riparliamo». C´è chi sostiene che esercito e polizia siano largamente infiltrati dai suoi e che i marines da soli non ce la faranno mai a disarmarvi. «E´ vero l´esatto contrario: è la nostra milizia che pullula di spie, D´altra parte in un esercito di popolo non ci vuole molto a infiltrarsi. E sono proprio questi che macchiandosi di azioni indegne hanno discreditato il Mahdi. Ci sono almeno quattro eserciti pronti a scatenarsi contro di noi. Uno "ombra" di cui non si parla mai, addestrato in gran segreto nel deserto giordano dai servizi militari americani. E poi c´è quello privato di Allawi, l´infedele che presto succederà a Maliki, che si sta preparando nell´ex aeroporto militare di Muthanna. Poi ci sono i peshmerga curdi e infine le truppe regolari americane». Se è vero quello che dice, non avete alcuna speranza di resistere. «Siamo in tanti anche noi. Rappresentiamo la maggioranza del paese che non vuole che l´Iraq, come invece sogna Allawi, diventi uno Stato laico, servo delle potenze occidentali». Da una settimana lei è ufficialmente nel mirino. Il governo sostiene che senza i loro leader le milizie religiose sono militarmente più deboli. «Ne sono consapevole. Per questo ho trasferito la mia famiglia in un luogo sicuro. Ho perfino fatto testamento e mi sposto continuamente facendo in modo che siano in pochi a sapere esattamente dove mi trovo. Ma anche se dovessi morire, il Mahdi continuerebbe a esistere. Gli uomini possono essere uccisi, la fede e le idee no». Si è detto che in mezzo alla folla presente all´esecuzione di Saddam ci fosse anche lei. E vero? «E´ una totale sciocchezza. Se fossi stato lì, avrebbero ammazzato anche me. Quanto a Saddam, non ho certo pianto per l´uomo che ha massacrato la mia famiglia e la mia gente a decine di migliaia. Solo che io lo avrei giustiziato su una pubblica piazza perché tutto il mondo vedesse». Se lei non c´era, nega che in quella sala c´era il pieno dei suoi? «No, non erano miei uomini. Era gente pagata per discreditarmi. Per farmi apparire come il vero responsabile di quell´impiccagione. La prova sta nel fatto, basta riascoltare l´audio, che nel recitare la mia preghiera hanno omesso alcuni passaggi fondamentali. Roba che nemmeno un bambino a Sadr City avrebbe mai fatto. L´obiettivo era far passare Moqtada come il vero nemico dei sunniti. E ci sono riusciti. Tempo fa sono stato ricevuto con tutti gli onori in Arabia Saudita. Ma subito dopo quella messa in scena sotto il patibolo, il mio portavoce, al Zarqani, che era in pellegrinaggio alla Mecca è stato arrestato. Un modo fin troppo esplicito per farmi capire che non ero più nella lista degli amici». In ogni caso la guerra tra voi e i sunniti continua. «E´ vero che siamo tutti musulmani e tutti figli dello stesso paese ma loro devono prima prendere le distanze dai saddamisti, dai gruppi radicali, dagli uomini di Bin Laden oltre a ribadire il loro "no" agli americani. Basterebbe solo che gli ulema accettassero queste nostre condizioni. Non l´hanno ancora fatto». Possibile che non ci sia altro che sangue nel futuro dell´Iraq? «Se il futuro è un paese diviso in tre, non mi pare ci siano alternative. E´ ciò che vuole Bush per controllarci meglio, certo non quello che desiderano gli iracheni. A mio avviso c´è una sola possibilità perché si arrivi a una soluzione: l´immediato ritiro americano».