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Europa Rassegna Stampa
19.01.2007 Quanto spazio alle idee di Jimmy Carter sul Medio Oriente
l' ex presidente, antisraeliano e antisemita, che piace al quotidiano della Margherita

Testata: Europa
Data: 19 gennaio 2007
Pagina: 10
Autore: la redazione
Titolo: «Segnali sempre più incoraggianti dal Medio Oriente. Le idee di Carter»

Riprendiamo  da EUROPA del 19 gennaio 2007 la rassegna della stampa (liberal) americana.
Particolare spazio è dato all'intervento dell'ex presidente americano Jimmy Carter, autore di un libello antisraeliano e antisemita definito dal quotidiano della Margherita "un libro sulla pace in Palestina che ha fatto molto discutere".
Il quotidiano della Margherita  avvalora le tesi di Carter, secondo le quali Israele è uno Stato razzista e nemico della pace, all'origine di tutti i problemi del Medio Oriente?
 

Al termine del viaggio del segretario di stato americano Condoleezza Rice in Medio Oriente i giornali statunitensi analizzano le possibili strategie per risolvere i conflitti nell’area più calda del pianeta.
Nel dibattito è intervenuto anche Jimmy Carter sulle pagine del Washington Post. L’ex presidente degli Stati Uniti, premio Nobel per la pace nel 2002, ha pubblicato di recente un libro sulla pace in Palestina che ha fatto molto discutere. «È incoraggiante che il presidente George W. Bush abbia annunciato che la pace in Medio Oriente è tra le priorità dell’amministrazione.
Il segretario di stato ha chiesto un nuovo incontro tra i rappresentanti di Israele e Anp, e ha indicato la road map – che prevede il ritorno di Israele ai con- fini riconosciuti dalla comunità internazionale – come base per un nuovo processo di pace. Sono fatti che fanno ben sperare e segnano una continuità con la politica estera degli Stati Uniti del 1978 e del 1993».

La Road Map non fissa i confini di Israele, né pone il ritorno entro la linea verde (il confine armistiziale di Israele, in vigore dal 48 al 67) come precondizione per il negoziato. 
Più ragionevolmente, affida proprio al negoziato il compito di definire i confini definitivi di Israele e quelli del futuro Stato palestinese.
La precondizione del negoziato è invece quella che Carter non ricorda:  la rinuncia e la lotta al terrorismo da parte dei palestinesi.


Carter ribadisce che il fulcro della crisi in Medio Oriente è proprio la questione palestinese: «Potrebbe essere utile che il senato di Washington invii una delegazione bipartisan a Gaza per osservare la situazione da vicino, incontrare i leader dei diversi stati e proporre nuovi negoziati di pace». Per l’ex presidente è chiaro che «Israele dovrebbe ritirarsi dai territori occupati e permettere ai palestinesi di esercitare i loro diritti fondamentali. L’esperienza mi insegna che è più difficile negoziare stipulando accordi temporanei piuttosto che affrontare direttamente e in maniera definitiva i problemi cruciali. Comunque questo è un buon momento, con il partito democratico che gioca un ruolo importante nel congresso».
Anche il Boston Globe riflette sulla questione.
Il giornale di Boston parla di alcuni documenti, resi pubblici dal quotidiano israeliano Ha’aretz, secondo cui ci sarebbero stati dei negoziati segreti tra Israele, Siria e alcuni mediatori europei e statunitensi tra il 2004 e il luglio del 2006. «Si trattava di un vero e proprio programma di pace che comprendeva un compromesso sui confini tra Siria e Israele nei pressi del lago di Tiberiade, in cambio del quale Damasco si impegnava a ridurre l’Hezbollah a un semplice partito libanese prendendo, allo stesso tempo, le distanze dall’Iran».
In un altro editoriale il Washington Post analizza le opportunità strategiche degli Stati Uniti in Medio Oriente dopo la recente visita ufficiale: «Rice sta cercando di rafforzare le alleanze con i paesi arabi moderati come l’Egitto e l’Arabia Saudita contro l’Iran e per ricevere aiuto in Iraq. Per questo Washington auspica che ricominci il processo di pace israelo-palestinese e ha stanziato 98 milioni di dollari in sostegno dell’Anp».
Secondo il quotidiano della capitale, «potrebbe tuttavia essere sbagliato e pericoloso dividere il Medio Oriente in due diversi campi: quello degli estremisti e quello dei moderati. In questo modo si ripetono gli errori compiuti durante la Guerra fredda: si aiutano dittatori come il presidente egiziano Hosni Mubarak, gli autocrati sauditi o gli estremisti di Hamas in Palestina.
Ricordiamoci che Al Qaeda è stata fondata da egiziani e sauditi, e la storia potrebbe ripetersi».

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