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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.01.2007 Intervista ad Al Maliki
il premier iracheno replica alle critiche

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 gennaio 2007
Pagina: 9
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: ««Bush non è mai stato così debole Gli Usa dovevano impegnarsi di più»»

Dal CORRIERE della SERA del 18 novembre 2007, l'intervista di Lorenzo Cremonesi al premier iracheno Nouri Al Maliki:

BAGDAD — Se è vero che la miglior difesa è l'attacco, allora Nuri Al Maliki si sta difendendo con le unghie e con i denti dall'intensificarsi delle critiche americane. Ieri, durante oltre un'ora di intervista nel suo ufficio super-fortificato nel cuore della «zona verde» di Bagdad, il primo ministro iracheno non ha risparmiato parole pesanti nei confronti dell'amministrazione Bush. I comandi americani lo accusano di essere alleato delle milizie legate all'estremista sciita Moqtada Al Sadr? Lui replica che hanno preso lucciole per lanterne e aggiunge che Bush «sembra davvero in difficoltà». La comunità internazionale lo rimprovera per l'esecuzione di Saddam Hussein e dei suoi luogotenenti? Maliki ne rilancia la piena legittimità. Gira voce che sia dimissionario? La risposta è netta: a nove mesi dalla sua nomina a premier e forte della sua lunga dirigenza nel partito sciita Dawa (tra i più importanti della vecchia opposizione clandestina ai tempi del regime di Saddam), Maliki smentisce e si dice pronto a governare «sino a quando sarà utile al popolo iracheno».
Signor primo ministro, ancora nelle ultime ore il presidente Bush ha ripetuto che il modo in cui avete condotto l'esecuzione di Saddam Hussein l'ha trasformata in una vendetta settaria. In Italia e nel mondo occidentale aumentano le richieste per l'abolizione della pena di morte. Non sarebbe stato meglio risparmiare la vita a Saddam?
«Il mondo dimentica che noi siamo state vittime per decenni del regime implacabile di Saddam Hussein. Decine di migliaia di innocenti sono stati mandati a morte dopo torture indicibili. Vecchi, donne, bambini sono spirati sotto l'effetto delle armi chimiche. Il mondo dimentica il terrore, la brutalità della dittatura baathista. Oltre 160 membri del mio clan familiare hanno perso la vita, per non parlare delle migliaia di militanti del mio partito. Tutti innocenti. Uccisi solo per le loro idee politiche. E, nonostante questo, voglio ripetere che il processo contro Saddam e i suoi complici è stato condotto in modo corretto, la legge è stata rispettata alla lettera. Nulla a che vedere con le vendette settarie. Dopo l'esecuzione ho personalmente ordinato che i corpi venissero lavati secondo il rituale della religione musulmana, poi sono stati riposti in bare di legno molto dignitose. Nessuna delle vittime di Saddam ha mai avuto un trattamento di tale riguardo. Certo, so bene che qualche errore è stato commesso durante l'impiccagione di Saddam e ho già ordinato che chi ha urlato offese e slogan contro di lui venga processato e condannato».
Però George Bush vi critica e Romano Prodi ha chiesto all'Onu di lanciare una campagna contro la pena capitale.
«Mi sembra che Bush stia capitolando sotto il peso delle pressioni interne, è soverchiato dai media e dai politici. Forse ha perso il controllo della situazione. E mi spiace perché George Bush in genere ha un carattere forte.
Quanto a Prodi, vorrei solo ricordagli come l'Italia trattò Mussolini. Prima che venisse giustiziato nessuno gli fece alcun processo. Gli dissero solo che bastava che si facesse riconoscere con nome e cognome. Insomma, dico che il mondo deve rispettare le nostre leggi, la nostra storia e la nostra cultura. La pena di morte è contemplata dalla nostra Costituzione. Oltretutto la prevede anche il Corano, c'è un verso in cui si sostiene che con la morte si crea la vita. La legge religiosa islamica ribadisce che mettere a morte i criminali serve a proteggere la società umana».
Di recente il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, ha dichiarato pubblicamente che il suo governo è ormai moribondo. E lei stesso ha detto che forse non arriverà a fine mandato. Sta per dimettersi?
«Sì, lo so che c'è una campagna mediatica contro di me. E capisco anche che l'attuale amministrazione americana si trovi in gravi difficoltà dopo la sconfitta elettorale di due mesi fa. Mai come oggi ho avvertito la debolezza di George Bush. Mi sembra che agli sgoccioli siano loro a Washington e non noi qui a Bagdad. Il nostro governo è in grado di funzionare meglio di tanti altri. E vorrei consigliare a Condoleezza Rice di evitare dichiarazioni che possono aiutare soltanto i terroristi. Che così si sentono più forti. Ma posso aggiungere che magari hanno sconfitto gli americani, certo non il governo iracheno».
Come vede il nuovo piano di intervento americano? Quando secondo lei Washington potrà iniziare a ritirare le sue truppe dall'Iraq?
«Io non smetterò mai di ringraziare gli americani per aver liberato l'Iraq dalla dittatura. Grazie a loro viviamo in un clima di libertà e democrazia, anche se ancora in costruzione. E i nostri rapporti continueranno a lungo sul piano economico, politico, militare. Detto questo, ritengo però che la situazione sarebbe di gran lunga migliore se gli Stati Uniti avessero mandato subito alle nostre forze dell'ordine armi ed equipaggiamenti più adeguati. Se si fossero impegnati di più e con maggiore velocità, avremmo avuto molti meno morti tra i civili iracheni e tra i soldati americani. Ora dobbiamo vedere come andrà sul campo. Ma non è da escludere che la situazione possa drasticamente migliorare, tanto che in un periodo compreso tra i tre e i sei mesi le truppe Usa potrebbero lasciare il Paese in grande numero».
Lei promette per i prossimi giorni la repressione delle milizie. Ma è anche sospettato di connivenza con l'Iran e di essere uno stretto alleato di Moqtada Al Sadr e del suo Esercito del Mahdi.
«Noi daremo la caccia a tutte le milizie, senza distinzione alcuna. Non ci saranno discriminazioni o preferenze. Qualsiasi gruppo armato verrà perseguitato: che sia sunnita, sciita o curdo. Colpiremo in ogni luogo, qualsiasi base, ogni gruppo. La legge sarà uguale per tutti e lo Stato deve avere il monopolio della forza, queste sono le uniche premesse possibili per avere un Paese funzionante. Con l'Iran vogliamo normali rapporti di buon vicinato. La nostra politica estera è indipendente da quella americana. Io personalmente ho incontrato Moqtada Al Sadr solo due volte negli ultimi quattro anni. E negli ultimi giorni la polizia ha catturato oltre 400 uomini dell'Esercito del Mahdi. Mi sembrano prove sufficienti per dimostrare che non ho rapporti privilegiati con nessuna milizia o gruppo di potere».
È d'accordo con chi sostiene che la violenza in Iraq è degenerata in pulizia etnica?
«Ci sono elementi violenti dell'ex intelligence irachena e gruppi armati guidati da leader ignoranti che fanno operazioni di pulizia etnica. Ciò avviene tra gli sciiti, come tra i sunniti. Ma non credo assolutamente che cadremo nella guerra civile. In passato qui ha trionfato la convivenza pacifica e sono certo che batteremo gli estremisti. Questo è il nostro piano: fare la guerra al terrorismo. Sempre e comunque, non importa per quanto tempo e senza linee rosse. Se falliremo una prima volta, andremo avanti».

Segnaliamo, su Al Maliki, l'articolo di Christian Rocca da noi riportato  a questo link 

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