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Europa Rassegna Stampa
17.01.2007 Un compromesso tra Israele e chi vuole distruggerla
il puzzle di Condoleezza Rice secondo Janiki Cingoli

Testata: Europa
Data: 17 gennaio 2007
Pagina: 1
Autore: Janiki Cingoli
Titolo: «Il puzzle di Condoleezza»

Da EUROPA del 17 gennaio 2007, un articolo di Janiki Cingoli che allinea i pezzi  del puzzle mediorentale di fronte al quale si troverebbe Condoleezza Rice.
Cingoli non si rende conto che, nella forma in cui lo pone, il problema non può avere soluzione.
Per lui Israele, che vuole esistere e vivere in sicurezza, e i suoi nemici, che vogliono distruggerla e colpirla con il terrorismo, hanno pretese che vanno tenute in eguale considerazione, in vista di un compromesso.
Ed'è Israele, con la sua intransigenza, a bloccare la possibilità di una pace in Medio Oriente.
Ma quelli che Israele rifiuta, in realtà, non sono compromessi, ma disfatte.
Perché non è possibile raggiungere un compromesso con chi vuole distruggerti.

Ecco il testo di Cingoli, con altri nostri commenti:

L’esito dell’ultima missione di Condoleezza Rice in Medio Oriente è l’annuncio di un nuovo incontro trilaterale tra israeliani e palestinesi, da realizzare entro un mese alla presenza della stessa Rice.
I problemi, tuttavia, sono numerosi.
Primo fra tutti, la profonda delusione, in campo palestinese, per i risultati del recente summit Olmert- Abu Mazen, i cui impegni sono rimasti sostanzialmente disattesi da parte israeliana: i blocchi stradali in Cisgiordania sono rimasti di fatto inalterati, come ha provato un’approfondita inchiesta condotta dal quotidiano israeliano Haaretz; nessun prigioniero palestinese è stato liberato: i soldi delle tasse doganali palestinesi non sono stati restituiti.

Ricordiamo che i blocchi servono a fermare i terroristi, che i "prigionieri" palestinesi sono terroristi e che le tasse doganali non sono state "restituite" a un governo terrorista che vuole distruggere Israele


La conseguenza è stato un altro colpo inferto alla credibilità del presidente palestinese, che era stato ricevuto nella casa di quello israeliano e con lui e sua moglie aveva scambiato il bacio dell’amicizia. Ha ben sintetizzato questa delusione Dahlan, l’uomo forte palestinese, che rivolto agli israeliani ha detto: quello che potete fare è stare lontano da noi, qualsiasi cosa fate per noi ci indebolisce.
Il secondo aspetto è un problema di contenuto. Il vertice si propone di esplorare il quadro generale in vista della creazione di uno Stato palestinese, ma il problema è individuare quale sia questo quadro di riferimento, e in particolare se sia ancora la Road map.
Tzipi Livni aveva avanzato la proposta che si potesse passare alla seconda fase prevista da quel piano, e cioè alla creazione di uno Stato palestinese con confini provvisori, che in sostanza percorressero il tracciato del muro di difesa eretto da Israele. Ma Abu Mazen ha respinto questa idea, perché teme, fondatamente, che quel confine finisca per diventare definitivo, consentendo ad Israele di ritagliarsi un altro dieci per cento della Cisgiordania.

La motivazione di Abu Mazen, naturalmente, viene presentata come fondata. Ma i fatti autorizzano a pensare che per il leader palestinese, che non riesce a controllare i gruppi terroristici che operano nei territori, la nascita di uno Stato implicherebbe di fronte al mondo responsabilità che preferisce non avere.
Inoltre, va ricordato che  tutte le ipotesi di accordo definitivo fin qui avanzate prevedono scambi territoriali tra Israele e Autorità palestinese.


D’altro canto, lo stesso Olmert ha preferito ancorarsi alla Road map, il che gli consente da un lato di arginare la pressione della sua scalpitante ministro degli esteri e, dall’altro, di esternare una disponibilità di principio alla trattativa, che non si sostanzia in una disponibilità reale,

Le motivazioni di Olmert, naturalmente, sono descritte come ipocrite e ostili alla pace.

dato che tutti sono consapevoli che il percorso a tappe previsto in tale piano si è dimostrato impercorribile, e non è mai decollato.

Perché il terrorismo non è mai stato combattuto dall'Autorità palestinese: questa è la prima richiesta, sempre disattesa della Road Map.
Se Cingoli lo scrivesse l'"ostinazione2 di Olmert sull'applicazione della Road Map risulterebbe più comprensibile



D’altra parte, per accettare la ripresa del negoziato, il premier israeliano resta saldamente ancorato al rispetto integrale delle tre condizioni poste dal Quartetto al governo palestinese (riconoscimento di Israele, rinuncia alla violenza, riconoscimento dei trattati pregressi), condizioni che Hamas non può accettare.

Perché Hamas non può  accettare queste condizioni? Perché non vuole rispettare i trattati, perché non vuole rinunciare al terrorismo, perché vuole la distruzione di Israele

Di fatto, quindi, l’accordo Rice-Olmert, non ostacolato da Abu Mazen, ostruisce la via alla formazione di un governo palestinese di unità nazionale su una piattaforma più ristretta, che prevede un riconoscimento condizionato di Israele, e che è basata sul Piano arabo di pace del 2002 e sul Documento dei prigionieri. 

Il "documento dei prigionieri"  non prevede nessun "riconoscimento condizionato" di Israele. Prevede la nascita di uno Stato palestinese in Cisgiordania e Gaza, come prima tappa per la sua estensione a tutto il territorio israeliano, secondo il vecchio piano a fasi dell'Olp.
Il piano arabo del 2002 ribalta l'impostazione della Road Map, non la "limita". Prevede il riconoscimento di Israele dopo che questa abbia adempiuto a tutte le condizioni poste dalla controparte, incluso il riconoscimento del "diritto al ritorno dei profughi palestinesi" (che, se applicato, cancellerebbe Israele come Stato a maggioranza ebraica) 

Olmert ha ribadito che non accetterebbe di negoziare con un governo che si basasse su un accordo di quel genere, e che lo stesso Abu Mazen, se concludesse un tale accordo, non sarebbe più considerato un interlocutore affidabile.
L’irrigidimento israeliano pare determinato dalle notizie, provenienti da Damasco, sui progressi compiuti nelle trattative tra Hamas e Fatah, e che sarebbero arrivate ai dettagli sulla spartizione dei ministeri.
Progressi sollecitati in particolare dagli Stati arabi moderati, Egitto, Giordania e Arabia Saudita, preoccupati per il possibile esito delle annunciate elezioni politiche palestinesi, annunciate da Abu Mazen, che non necessariamente sono destinate a concludersi con una sua vittoria.
In questa ottica, il rinnovato asse Olmert-Rice pare proporsi, tra l’altro, il blocco di questo nuovo tentativo di porre fine allo scontro interpalestinese, attraverso il raggiungimento di un accordo Fatah- Hamas.

Tentativo di porre fine allo scontro israelo-palestinese o semplicemente di rimandare lo scontro interno ai palestinesi per decidere se con Israele si vuole convivere o continuare a combattere?

Il fattore siriano appare peraltro destinato a influenzare più largamente lo scenario delle trattative: è di ieri la notizia, riportata con grande evidenza da Haaretz, di un negoziato segreto durato mesi tra personalità israeliane e siriane, e che sarebbe arrivato ad una bozza di accordo finale, poi bloccata dagli israeliani anche per le pressioni americane: una notizia smentita dai due governi, ma che ha tutta l’apparenza di essere vera, per l’autorevolezza del giornalista e la ricchezza e precisione dei dettagli riportati. La Siria appare il giocatore muto, che assiste ad  una partita che non potrà essere conclusa senza di lui.

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