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Il Foglio Rassegna Stampa
16.01.2007 La risposta alla sfida energetica di Iran e Venezuela
e quella che Prodi dovrà dare all'America sulla base di Vicenza: due editoriali

Testata: Il Foglio
Data: 16 gennaio 2007
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Il nucleare e altre risorse - A Vicenza l’America misura Prodi»

Dal FOGLIO del 16 gennaio 2007:

Il viaggio sudamericano del presidente dell’Iran, come il suo incontro con Hugo Chávez e altri leader del movimento anti Stati Uniti dell’America latina, ha un obiettivo preciso: aumentare il prezzo del petrolio con lo scopo di mettere in ginocchio l’occidente. Non è la prima volta che l’arma petrolifera è usata in questo modo e, sul medio periodo, la tecnologia occidentale probabilmente sarà in grado di reggere anche questa volta alla sfida. Oggi, però, il problema è più acuto rispetto a quando a brandire quella minaccia era stata l’Arabia saudita, che mirava a riconquistare un ruolo guida tra i musulmani, ma non intendeva rompere con l’America. Gli europei che gongolano, pensando che l’attacco riguardi soprattutto gli americani, sono obnubilati dall’ideologia e non vedono che in realtà l’America, con i suoi giacimenti, è in grado di sostenere la sfida meglio dell’Europa e del Giappone, che ne sono invece privi.
La risorsa di cui dispone tutto l’occidente è la tecnologia energetica alternativa, che è essenzialmente quella nucleare. Aumentando rapidamente e consistentemente la quota di energia che non dipende dagli idrocarburi, l’occidente può rendere meno dannosa la spinta al rialzo del prezzo del greggio ideata dall’Iran e dai suoi alleati. A questa scelta di fondo se ne possono affiancare altre, dalla ricerca sull’energia prodotta dall’idrogeno a quella delle fonti rinnovabili, comprese le biotecnologie agricole, oltre al perfezionamanto delle tecniche di estrazione nelle zone marine. Quello che non si può fare è rinunciare allo strumento disponibile, le centrali nucleari, in attesa che le altre fonti diventino economicamente convenienti e tecnologicamente utilizzabili su vasta scala. Nessuno sa quando l’Iran riuscirà a mettere in pratica il suo piano, ma non è ragionevole farsi cogliere impreparati. I tempi necessari alla costruzione di una centrale nucleare dovrebbero spingere a non perdere neppure un minuto. Lo farà la Francia e probabilmente la Germania, noi no, ma in compenso abbiamo Alfonso Pecoraro.

Un altro editoriale sulla decisione circa la base americana a Vicenza  che aspetta il governo italiano

Romano Prodi è in imbarazzo per la decisione che gli spetta sull’ampliamento della base americana di Vicenza. Sa bene che i rapporti con l’America attraversano una fase assai critica, e che le sue repliche all’attacco di Silvio Berlusconi non avranno alcun peso a Washington se, al momento di dire di sì o di no all’applicazione di un annoso trattato, sceglierà in modo diverso da come hanno fatto tutti i suoi predecessori. In politica estera, infatti, si possono usare tutti gli artifici retorici del mondo, ma viene poi un momento in cui bisogna scegliere con chiarezza. Probabilmente la questione della base veneta non avrebbe assunto tutto il valore simbolico e politico che ha ora se le relazioni transatlantiche dell’Italia non fossero diventate tanto turbolente. L’insistenza dell’Amministrazione americana ad avere una risposta urgente nasce proprio da qui, dalla volontà di sondare fin dove arriva l’influenza dell’ideologia antiamericana nel governo italiano.
Anche Massimo D’Alema deve essersi accorto che la sua ultima provocazione, quella contro l’intervento dell’aviazione americana, su richiesta del governo legittimo, contro le milizie integraliste in Somalia, aveva passato i limiti. Ora spiega che si tratta di un dissenso “circoscritto”, ma per essere convincente dovrebbe citare qualche caso significativo in cui prevale il consenso sull’azione del governo americano. In un’ottica provinciale sembra forse più rilevante l’esigenza di non scontentare i pacifisti a senso unico che fanno parte della maggioranza e del governo di quella di non guastare in modo irrimediabile le relazioni con la più grande potenza e il più importante alleato. Ma l’America non è tanto lontana come sembra e presenta il conto a Vicenza, il che fa saltare tutti gli equilibrismi verbali. A Washington il modo un po’ astruso di ragionare dei politici italiani è sempre parso incomprensibile, almeno secondo Kissinger, già ai tempi di Moro e Fanfani. Però l’Italia era apprezzata perché, sia pure con fumisterie e verbosità, ha sempre tenuto fede con scrupolo ai trattati. Su questo punto non si può giocare su alcuna differenza tra repubblicani e democratici e tanto meno si possono dare lezioncine come quella impartita dal nostro presidente del Consiglio a Bush: “Dovrebbe ascoltare il rapporto Baker”. Ascolti invece Prodi il consiglio di un suo ministro, Giuliano Amato, che sull’ampliamento della base di Vicenza ha detto: “L’Italia farebbe bene a dire di sì perché c’è stato un orientamento già espresso dal precedente governo in tal senso”.

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