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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Foglio Rassegna Stampa
13.01.2007 Ayan Hirsi Ali e l'eredità di Martin Luther King
cacciata dall'Europa, la dissidente islamica viene premiata in America

Testata: Il Foglio
Data: 13 gennaio 2007
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Ayaan Hirsi Ali Luther King»
Dal FOGLIO del 13 gennaio 2007:

Costretta a nascondersi dagli assassini dell’amico regista Theo van Gogh, Ayaan Hirsi Ali ha scoperto che il governo olandese e i suoi concittadini erano imbarazzati a ospitare una dissidente islamica. Apostata sfrattata senza diritto di passaporto, Ayaan è stata accusata in Olanda di aver provocato un “trauma” nel dialogo interreligioso, la sinistra e le femministe hanno usato epiteti come “fondamentalista” e “razzista”. Quando nell’agosto 2004 è stato trasmesso “Submission”, lo storico Geert Mak si è spinto a paragonarla all’“Ebreo eterno” di Goebbels.
Aveva ragione Jonathan Laurence all’indomani dell’esilio di Hirsi Ali a Washington a ricordare sull’Economist che “l’America è un posto migliore dell’Europa sia per i musulmani sia per gli anti-islamisti”. Quell’America che ora le assegna anche la celebre medaglia dedicata al reverendo Martin Luther King. Una storica organizzazione per i diritti civili degli afroamericani, il Congresso per l’eguaglianza razziale, ha riconosciuto che Hirsi Ali ha fatto di più per i diritti degli apostati e delle donne sottomesse nell’islam della macchina da guerra politicamente corretta. Nessuno voleva saperne dei quartieri islamici a Rotterdam e Amsterdam, dove la polizia non metteva piede e le donne erano sottoposte a mutilazione genitale (come Ayaan). Lei ci è entrata, da assistente sociale e da deputata liberale. E ha fatto la sua guerra, intanto veniva accusata da Libération di “usurpare l’asilo politico” e il magazine inglese Emel parlava della “brown lady”. Con questo importante riconoscimento, gli antisegregazionisti americani elevano pubblicamente il contributo di una donna ferita, nel fisico e nell’immagine, alla battaglia contro l’islamismo. “La libertà non si ottiene gratis”, aveva detto Ayaan a Berlino un anno fa. Una lezione che i neri d’America conoscono bene. Non l’Europa segregata in un’algida indifferenza multiculturale.

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