La strategia del generale Petraeus per l'Iraq un articolo di Christian Rocca
Testata: Il Foglio Data: 13 gennaio 2007 Pagina: 1 Autore: Christian Rocca Titolo: «Ecco che cosa farà il generale Petraeus per riprendere Baghdad»
Dal FOGLIO del 13 gennaio 2007:
Milano. Il pilastro militare della nuova strategia irachena di George W. Bush è contenuto in un libro di 280 pagine avvolto in una copertina che rimanda ai colori della tuta mimetica dei soldati al fronte. Il titolo è di una sola parola: “Counterinsurgency”, antiguerriglia. E’ il manuale antiterrorismo in dotazione ai capi dei marine e dell’esercito americano preparato meno di un mese fa nel quartier generale del Pentagono dalle migliori intelligenze dell’esercito americano, coordinate dal generale con laurea a Pricenton David Petraeus, ovvero dal prossimo capo delle operazioni di guerra in Iraq. Leggere il “manuale di campo” contro la guerriglia elaborato dal generale che dovrà applicare la nuova strategia bushiana aiuta a capire che cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi a Baghdad e nella provincia di Anbar, dove i rinforzi americani (21.500 nuovi soldati) e il rinnovato impegno iracheno (altri 10 mila uomini) proveranno a liberare le due zone del paese oggi in mano alle milizie sciite e ai terroristi sunniti. Non ci saranno singole e potenti azioni militari su vasta scala come a Fallujah, piuttosto una continua, costante e quotidiana presenza sul territorio dei militari americani, affiancati agli iracheni, in tutti i quartieri oggi in mano agli insorti. L’obiettivo è quello di liberare le zone non controllate dal legittimo governo iracheno e di avviare seduta stante, con la protezione dei soldati, la ricostruzione. Ieri, tra l’altro, l’ambasciatore Timothy Carney è stato nominato coordinatore delle attività di ricostruzione irachene. Il manuale di battaglia di Petraeus individua una nuova e dettagliata dottrina per le operazioni militari in un teatro di guerra dove il nemico non è un esercito regolare, ma una guerriglia armata e fanatica. Il testo fa tesoro delle lezioni imparate nelle precedenti battaglie di questo tipo, compresi questi primi anni in Iraq. Petraeus, del resto, ha guidato la 101esima divisione aerotrasportata che dopo essere stata la prima a entrare a Baghdad, si è poi spostata al nord, a Mosul, dove è riuscita a pacificare la popolazione e a consegnare alle nuove autorità irachene un ambiente deciso a voltare pagina. Il manuale è teorico, ma fornisce soluzioni pratiche e individua le linee guida di una corretta e vincente pianificazione militare contro le guerriglie. Il primo capitolo mette di fila i principi necessari a condurre con successo le operazioni di questo tipo. Il secondo tratteggia gli aspetti non militari, compresa l’integrazione tra le attività belliche e quelle civili. Il terzo è dedicato all’intelligence, ovvero all’arma più importante a disposizione dei militari per sconfiggere gli insorti, mentre i due capitoli successivi descrivono, anche con grafici e tabelle, come si progettano e come si eseguono queste operazioni. Gli ultimi tre capitoli sono dedicati all’addestramento delle forze di sicurezza locali, alle preoccupazioni etiche nella conduzione delle operazioni e alla logistica militare. Una lunga serie di appendici conclude il manuale che contiene principi, tattiche, tecniche e procedure in teoria applicabili in ogni parte del mondo
Il dibattito sulla guerriglia urbana Il problema militare degli americani, nel 2006 è stato quello della guerriglia urbana circoscritta nel raggio di 50 chilometri intorno a Baghdad e nella grande provincia occidentale di Anbar. Gli strateghi del Pentagono, ma anche esperti esterni ai ranghi militari, hanno studiato e rivisto ogni singola operazione compiuta in questi anni e ciascuno di loro ha suggerito rimedi e cambi di rotta. La bibliografia allegata al manuale dimostra quanto in questi ultimi anni sia stato vivo il dibattito scientifico su questi temi. Il lavoro di Petraeus ne è la sintesi, oltre che il nucleo della nuova strategia di Bush. L’idea è di fermare gli aiuti dall’esterno, di bloccare le frontiere e di dividere la città di Baghdad in nove quartieri. Il lavoro di garantire la sicurezza quotidiana in ciascuno dei distretti – ha scritto Daniel Henninger sul Wall Street Journal di ieri – sarà affidata a una brigata dell’esercito iracheno composta da parecchie migliaia di soldati, affiancati da almeno un battaglione di mille marine americani. Questi soldati resteranno nelle strade anche dopo aver cacciato i nemici e non rientreranno nelle basi irachene o americane situate alla periferia di Baghdad, avranno invece i loro quartieri generali in diverse caserme dislocate nei distretti di competenza. (segue dalla prima pagina) L’altro aspetto importante della nuova strategia militare anti guerriglia è quello del raddoppio, oltre che del diverso impiego nell’esercito iracheno, degli advisor americani, cioè dei consiglieri militari. Saranno “embedded” 24 ore su 24 nell’esercito e nella polizia irachena, non soltanto al fianco dei comandanti iracheni di divisione, ma in ciascuna unità irachena e anche in battaglia. Questo modello di integrazione ha un precedente, in piccola scala, nell’esperienza del 2004 del generale James Mattis nella provincia di Anbar. Il manuale antiguerriglia gli dedica ampio spazio e invita a seguirne l’esempio. Sebbene ogni tipo di guerriglia sia diverso dall’altro, la gran parte delle attività degli insorti si sviluppa in modo simile, tanto che gli analisti militari ritengono di essere in grado di studiare, ideare e poi usare tattiche che valgano in quasi tutte le occasioni. La chiave, però, è quella di essere pronti a leggere le nuove situazioni sul campo e a cambiare repentinamente registro. Nelle guerre tra eserciti regolari e insorti – dice il manuale – vince sempre la parte che impara e si adatta più rapidamente. Il testo sostiene che il principale obiettivo della campagna militare debba essere quello della “legittimità”, ovvero della creazione di un ambiente che consenta al governo locale di poter esercitare la sua autorità. Per fare ciò è necessario coordinare in modo perfetto le azioni militari con l’esercito locale, ricordandosi però che le attività belliche hanno come obiettivo strategico il rafforzamento del blocco politico alleato del governo americano. Questo aspetto, si legge nel manuale, potrebbe non essere evidente all’inizio delle operazioni anti guerriglia, quando le azioni militari dovranno necessariamente essere predominanti per assicurare la sicurezza della popolazione e arrestare o uccidere i terroristi. In ogni caso, nella pianificazione militare i comandanti americani non devono dimenticare che è più facile separare la guerriglia dalle sue risorse piuttosto che uccidere ogni singolo militante: “Naturalmente, uccidere o catturare i guerriglieri sarà necessario, a maggior ragione quando la guerriglia si fonda sull’estremismo religioso o ideologico, però, uccidere ogni singolo guerrigliero è impossibile e tentare di farlo in alcuni casi può anche essere controproducente”. La stessa cosa vale per l’uso della forza, “ci sono casi dove è necessario uno straordinario impegno”, visto che “i guerriglieri combattenti estremisti devono essere uccisi”, ma un’efficace attività antiguerriglia dovrà calcolare con attenzione il tipo e le modalità di applicazione della forza militare.
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Foglio lettere@ilfoglio.it