Non ci sono alternative alla democrazia in Medio Oriente Fiamma Nirenstein intervista Nathan Sharansky
Testata: Il Giornale Data: 12 gennaio 2007 Pagina: 1 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «L'unica strada giusta è quella di Bush»
Dal GIORNALE del 12 gennaio 2006, un'intervista di Fiamma Nirenstein a Nathan Sharansky:
Nathan Sharansky, il 58enne dirigente russo che quando uscì dalle carceri sovietichetrovò in Israele un destino di ministro e oggi di direttore del Centro Strategico dell’Istituto Shalem, è uno degli eroei preferiti di George Bush. E la correzione di linea annunciata dal presidente americano ieri è in qualche modo una correzione della linea Sharansky. Fu Bush stesso a spiegare che aveva trattto la sua ispirazione sulla democratizzazione del Medio Oriente dallibro di Sharansky In difesa della democrazia . Il 16 dicembre scorso, proprio nei giorni in cui la memoria irachena era al centro della politica americana, Bush ha conferito a Sharansky la Medaglia del Presidente, un’altissima onorificenzaper chi si distinguanel campo della lotta per la libertà e la democrazia. “Mia figlia Rachel, che è venuta con me alla Casa Bianca – ci racconta Sharansky nel suonuovo ufficio a Gerusalemme – mi ha detto che è rimasta colpita dall’atmosfera di sincerità, di totale mancanza di quel cinismo politico per cui i premi vengono conferiti a seconda della convenienza politca. Il premio conferito a me, alla mia storia e alla mia teoria era evidentemente parte della sua battaglia per costruire una nazione”.
Il presidente Bush ha parlato dei suoi errori in Irak e poi subito ha annunciato l’invio di migliaia disoldati.Non si sente confermato nelle sue teorie a parole e poi sconfessato dal clima generale di fallimento? Complessivamente credo che il presidente abbia riconfermato la sua convinzione che un mondo sicuro può essere garantito solo dalla democrazia. Bush conferma la sua fiducia nel potere della libertà. Quando parla di errori, non c’è un fallimento concettuale: la democrazia resta lo scopo centrale e l’esperienza cambia le modalità. Occorre controllare il territorio, ma altrettanto importante è che chieda con puntigliosa determinazione alla leadership irachena di impegnarsi. La suddivisione delle responsabilità dona dignità all’interlocutore iracheno.
Non le sembra che l’idea di veder vincere la democrazia sia in Iraq sia tra i palestinesi sia fallita? Io ho criticato fin dal primo momento le elezioni fatte così, il fideismo con cui sono state considerate. Il voto ha un senso solo quando una società ha sviluppato istanze di libertà, quando il trialismo e i fondamentalismo non determinano il gioco. Nei paesi dove vince la paura la gente ragiona col “pensiero doppio”. Ricordo che subito prima della guerra, la Cnn intervistò una donna irachena che disse: “Darò volentieri tutti i miei figli per Saddam” E il giornalista commentò: “E’ difficile capire questa mentalità, ma questo è il sentimento popolare”. La verità la sappiamo: non ci fu la minima resistenza all’ingresso delle truppe Usa e la gente andò a votare con entusiasmo. Quella donna aveva mentito per paura.
E allora perché questo desiderio di democrazianon ha prevalso? Perché, ed’è lo stesso errore che facciamo noi con i palestinesi, è mancato il profondo lavoro di promozione di una leadership che desse alla gente speranza, sicurezza. Non bastava, come hanno fatto gli americani, contare all’inizio su un gruppo secolare sostanzialmente sciita, bisognava subito cogliere il buono di sciiti, sunniti, curdi e mettersi in relazione con i religiosi di ogni parte. I leader patriottici, quale che sia la loro appartenenza, sono stati trascurati, e si è creato così lo spazio per l’ingresso della fronda terrorista iraniana.
Che oggi potrebbe essere favorita dal fatto che Saddam Hussein, sunnita,, è stato giustiziato Questo, se la leadership sciita diventa un fantoccio dell’Iran, e quella sannita dell’Arabia Saudita. La presenza iraniana è diventata letale, e io sono d’accordo con Bush che ritiene l’Iran e la Siria un asse malefico di cui prendersi cura.
Un attimo: lei è un campione dei diritti umani non si è scandalizzato per l’esecuzione di Saddam? E’ certo preferibile che la pena di morte non esista, ma bisogna riconoscere comepositivo che il processo sia stato gestito in una logica e secondo la legge irachena, che uno dei dittatori più feroci abbia trovato in seno al suo stesso popolo il giudizio inappellabile che l’ha condannato. Io sono fiero del fatto che Israele una volta sola abbia condannato a morte un suo prigioniero, ed era Adolf Eichmann, colpevole di genocidio. L’uomo non si deve sostituire a Dio nemmeno con perdonare crimini troppo grandi.
Ma il rischio non è quello di farne un eroe? Quando le bombe umanefacevano centinaia di morti alla settimana, non rispondevamo ad Arafat per questa stessa paura, quella di farne un eroe. Non è andata così. Quando è morto, l’unico che l’ha commemorato come tale, è stato Chirac. I suoi hanno subito cominciato la lotta interna senza guardarsi indietro.
Gaza fuconsegnata nel l’illusione di promuovere la democrazia, e invece ha promosso la vittoria di Hamas che si è potuto vantare di aver cacciato gli ebrei col terrorismo. Ma anche di essere onesto di fronte alla corruzione di Al Fatah. Tuttavia, la sua proposizione di onestà, non aveva un carattere civile, ma religioso. Hamas propone il fondamentalismo islamico, e dunque la Svaria. Non dona ai suoi una prospettiva di pace, ma di furia integralista. E’ il paradiso quello che promette e quindi sono tanto più pericolosi in questa guerra, che vede implicato l’Iran, che in quella a suo tempo con l’Urss: essa odiava l’Occidente, ma voleva realizzare il paradiso in questo mondo, non in quello a venire.
E Abu Mazen? E’ un candidato per lo sviluppo democratico e quindi per la pace? Non è un candidato per la pace, perché non ha mai dato prova ai suoi di gestire programmi, finanze, cultura, lotta al terrorismo, in maniera da favorire il suo popolo. Ha mai promesso di smantellare i campi profughi? Ha parlato di libera economia ? Fuori di qui, per esempio a Madrid, si cerca di costruire in laboratorio un bambino che invece deve nascere nelle leadership locali… Abu Mazen rappresenta solo il desiderio dell’Occidente di porre fine a questa storia.
La situazione mediorientale si è molto complicata, l’instabilità è aumentata con la discesa in campo di Hezbollah, di Hamas , dei siriani e soprattutto degli iraniani. Forse ilMedio Oriente non ha voglia di democrazia? Ogni uomo è fatto per una vita fuori della paura, e quindi nella libertà. Magari non ama l’Occidente, ma ama la vita normale. Le forme in cui realizza questi scopi possono essere variegate, ma l’unica strada giustaresta quella intrapresa da Bush. Non si deve discendere dal cielo con la democrazia, ma realizzarla dal basso con l’aiuto e la pazienza, e intanto combattere senza tregua il terrore.
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