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Il Foglio Rassegna Stampa
11.01.2007 Bloccare le transazioni finanziare dell'Iran
le sanzioni americane contro la bomba degli ayatollah

Testata: Il Foglio
Data: 11 gennaio 2007
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Transazioni bloccate.Washington fa guerra finanziaria all’Iran»

Dal FOGLIO del 7 gennaio 2007:

Roma. Washington non si arrende all’impunità nucleare di Teheran. Consapevole che le sanzioni light approvate dal Consiglio di sicurezza il 23 dicembre con la risoluzione 1.737 non piegheranno i propositi iraniani, per la seconda volta in pochi mesi il Tesoro americano ha proibito qualsiasi tipo di transazione con una banca iraniana. A settembre a finire nel mirino era stata la Saderat (accusata di aver trasferito un milione di dollari a Hezbollah), stavolta i riflettori sono sulla Bank Sepah, quinta banca pubblica iraniana, definita dal sottosegretario al Tesoro, Stuart Levey, “la chiave di volta finanziaria della rete di acquisizione di missili in grado di trasportare armi di distruzione di massa”. Fondata nel 1925 la Sepah, più di 290 uffici in Iran, una presenza a Roma, Parigi, Francoforte e una filiale a Londra, non soltanto controlla la distribuzione dei salari e delle pensioni dei pasdaran, ma fornisce anche servizi finanziari all’Organizzazione iraniana delle industrie aerospaziali. Attraverso il suo ruolo di canale finanziario, la Bank Sepah è accusata di aver gestito gli acquisti internazionali in Cina e in Corea del nord per il suo programma missilistico. Il divieto coinvolge tutte le banche americane e le loro filiali straniere nonché i cittadini statunitensi che lavorano all’estero, ma avrà riflessi ben oltre gli Stati Uniti. Una banca americana non potrà facilitare alcuna transazione tra un istituto europeo e la Sepah: questo significa per esempio che, se una banca italiana volesse richiedere dei dollari nell’ambito di un’operazione per la Sepah, si troverebbe nell’impossibilità di farlo. L’obiettivo dunque è anche quello di persuadere gli istituti europei a riconsiderare i loro rapporti con l’Iran. In Europa le reazioni ufficiali sono state caute. Il capo della diplomazia europea, Javier Solana, ha commentato che il primo obiettivo dei governi europei è rispettare le sanzioni previste nella risoluzione del Consiglio di sicurezza. “La risoluzione – ha detto Solana – consta di elementi diretti più semplici e altri più complicati”. Vitaly Churkin, ambasciatore russo alle Nazioni Unite, è stato più critico. “E’ nostra ferma convinzione che non si debba agire unilateralmente, non crediamo sia utile”. Nel frattempo la banca tedesca Commerzbank ha reso noto che allenterà i suoi legami con l’Iran: a partire dalla fine del mese tutte le sue transazioni in dollari per Teheran saranno interrotte e la banca continuerà a trattare soltanto operazioni in euro per clienti (privati) iraniani. Una decisione che consolida un trend negativo per Teheran. Altre banche europee come Credit Suisse e Ubs hanno già reciso i loro legami con l’Iran. Credit Suisse ha motivato la scelta sottolineando “l’aumento del rischio politico e finanziario”. Con la consueta sicurezza il potente negoziatore nucleare iraniano, Ali Larijani, ha rassicurato gli iraniani che nessuna guerra finanziaria piegherà la volontà della nazione e dei suoi rappresentanti. Ma a dispetto della retorica le ripercussioni della linea dura sul nucleare stanno esacerbando le lotte tra le fazioni al potere. Inoltre a dicembre il ministro del petrolio, Kazem Vaziri Hameneh, ha ammesso di essere inquieto per l’impatto del boicottaggio finanziario sul suo dicastero. “Negli ultimi tempi le banche straniere e i finanziatori hanno ridotto la loro cooperazione”, ha detto all’agenzia Shana. Hameneh ha puntualizzato che i progetti del ministero saranno comunque portati avanti grazie ai finanziamenti del Fondo per la stabilizzazione del petrolio. Il problema è che l’amministrazione di Ahmadinejad ha già attinto con fin troppa liberalità a questo fondo concepito per accumulare petrodollari da utilizzare nei momenti di emergenza e lo sfruttamento di questa risorsa rappresenta già una causa di tensione tra il governo, il Parlamento e le altre istituzioni iraniane.

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